Melanconia o depressione: il dolore dell’anima di chi soffre incatenato e invaso dalla vita senza che alcuna parola possa raggiungerlo, nessun gesto confortarlo, fino al taedium vitae di chi per troppo tempo avverte la nausea dell’esistenza.
Melancholia: il pianeta che cerca di danzare con la terra producendo morte.
Da qualunque prospettiva lo si guardi, esistenziale o apocalittica il film di Lars Von Trier anche questa volta non può lasciare indifferenti.
Invade con le musiche del Tristano e Isotta, del Wagner così vicino a certi ambienti noti……
Ma lasciarsi infastidire dalle “note” di un provocatore instancabile è da sciocchi!
Due capitoli, due donne, due sorelle.
Justine nel giorno del suo matrimonio organizzato lussuosamente dalla ricchissima sorella Claire.
La prima scena, dopo il prologo, suscita l’ansia di una scelta infelice, quella di una limousine troppo lunga per essere elegante e troppo scomoda per condurre gli sposi ai rituali di un matrimonio presagio immediato di fallimento.
Il primo capitolo racconta la storia di quel giorno incomprensibile, un mistero e un delirio voluto dalle consuetudini, mentre la madre di Justine e Claire rivendica tutto il suo disappunto sulla celebrazione in chiesa alla quale non ha preso parte compresi tutti i rituali che disprezza.
Justine non fa altro che allontanarsi dalla festa matrimoniale, non riesce a rispettare un patto, non riesce a essere felice e neanche a sembrarlo…
Le prime immagini avevano mostrato la sposa con il vestito bianco e lunghi fili di lana grigia, grandi ragnatele che le legavano le caviglie, presagio degli impedimenti della malattia e chissà del matrimonio stesso.
Si parla spesso di soldi e di felicità, durante una festa infinita, quasi un incubo accompagnato da uno squallido gioco-fagioli.
Justine non ce la fa anche se ci ha provato con tutte le forze.
Il secondo capitolo converge su Claire che accoglie nel suo castello la sorella, completamente animata dalla depressione, mentre il nipote continua a chiamarla zietta spezza acciaio, e non a torto.
Infatti mentre gli altri umani, troppo umani, vivranno gli ultimi giorni terrorizzati dalla morte e dalla fine del mondo, solo lei si riprenderà perché pensare che un pianeta possa spaventarla è da sciocchi! Anzi accoglierà il pianeta nuda, in riva ad un ruscello, tra la natura, quasi in attesa di essere fecondata dalla grazia della fine del mondo.
Gli umani troppo umani hanno paura, anche se le previsioni degli scienziati escludono la collisione con il pianeta. Come già noto, per Lars Von Trier, la scienza al massimo può avere ragione.
Solo per la zietta spezza acciaio la terra è cattiva e non bisogna preoccuparsi se finisce, nessuno se ne accorgerà.
L’attaccamento alla vita porta alla disperazione.
Solo un melanconico è incapace di sposarsi perché non può giurare fedeltà all’umano, solo un melanconico può attendere la fine del mondo come se fosse l’estrema unione carnale; solo un melanconico non ha nulla da perdere.
Solo un melanconico ridicolizza chi non omprende la depressione e quindi ridicolizza chi non lo comprende…. attenzione!
GENIALE
Beatrice Bianchini