“Gil Rossellini, figlio adottivo del celebre Roberto chiude, con quest’ultimo capitolo, la trilogia del suo straziante video-diario. Chiude anche lui, definitivamente. Dopo quattro anni di una micidiale malattia- un’infezione contratta da un feroce batterio- ci lascia.”
Gil Rossellini, figlio adottivo del celebre Roberto chiude, con quest’ultimo capitolo, la trilogia del suo straziante video-diario. Chiude anche lui, definitivamente. Dopo quattro anni di una micidiale malattia- un’infezione contratta da un feroce batterio- ci lascia.
Tutto il decorso è incredibilmente documentato in questa commovente saga ospedaliera, in cui si alternano stati emotivi forti e contrastanti. Gil ha saputo restituire con un’ironia a tratti innaturale, per la capacità di sdrammatizzare “l’insdrammatizzabile”, tutte le vicissitudini passate. Dal momento della contrazione della malattia fino a tutti gli oltraggi subiti dal suo corpo. Un corpo auto-filmantesi, in decomposizione, eppure ancora attraversato da una misteriosa vitalità, che chissà come riusciva ad animarlo. Il morto che parla, parla davvero e fa progetti, crea come, forse, non aveva mai fatto prima.
Gil sapeva perfettamente di non essere un autore. Provenire da cotanto padre costituiva per lui più alleggerimento che un’ansia da confronto. Si sentiva libero di fare quel che voleva, dato che non doveva dimostrare niente a nessuno. E il pubblico lo ha amato molto proprio per questa naturalezza che ne ha fatto un piccolo grande eroe della quotidianità. Non appena si è visto un dei tre film ci si sente subito quasi in dovere di celebrare la vita, di fare tutto quello che spesso, per pigrizia, rinunciamo a fare. Esserci fino all’ultimo, davvero. Addio Gil.