Pescando tra i film in concorso al 33° Bergamo Film Meeting, Amnesia ha rappresentato una delle visioni più ansiogene e coinvolgenti, attraverso i suoi incastri temporali e l’evidente ricerca di spessore, nel mettere in scena quel serrato confronto tra l’universo maschile e quello femminile a partire dal quale, complice la suggestiva location, si sviluppa una interessante rilettura di determinati elementi del thriller contemporaneo. Il gioco dei sospetti, delle verità celate, pur concentrandosi in una trama così scarna, ha quale corollario l’arricchire un immaginario malato che L’amore bugiardo di David Fincher aveva già contribuito a rendere più robusto, spostando verso frontiere inedite le paranoie relative al rapporto di coppia. Ma nel film della norvegese Nini Bull Robsahm l’attrazione/competizione tra uomo e donna si tinge strada facendo di colori differenti: in primis l’effetto kammerspiel dato dall’isolamento dei due protagonisti in una grande casa, persa nella natura selvaggia; proseguendo poi col rimando alla creazione letteraria, punto di riferimento per entrambi, trattandosi di due scrittori alla ricerca di un luogo tranquillo per la propria ispirazione; ed infine le impronte “classicheggianti” della narrazione, sature di implicazioni relative al genere di riferimento. Si passa infatti da suggestioni hitchcockiane (vedi ad esempio l’inquietante presenza del mare e delle scogliere) a situazioni che possono ricordare Shining (il prolungato e feroce inseguimento tentato dall’uomo, nei confronti della sua compagna), inglobando nel mezzo tematiche e scenari riscontrati spesso nel panorama del thriller scandinavo, con il fantasma recente di Uomini che odiano le donne a offrire un ideale contrappunto.
Bravi anche gli interpreti Pia Tjelta e Christian Rubeck a concentrare sui propri volti, sul dialogo intermittente dei propri corpi (che passano più volte, e nel giro di brevi istanti, dall’amarsi al temersi reciprocamente), una drammatica incomunicabilità che avrà esiti particolarmente violenti. Quella che per la giovane coppia di scrittori, Kathrine e Thomas, doveva essere una fuga dalla città rigenerante e pacifica, è invece destinata a trasformarsi in un’aspra guerra tra i sessi, nonché in una vera e propria lotta per la sopravvivenza. Il tema del ricordo e dell’annullamento della memoria, autentico motore del plot, vi si innesta splendidamente, rispecchiandosi in maniera altrettanto incisiva nella regia attenta e meticolosa di Nini Bull Robsahm, efficace anche nel delineare una tensione dialettica tra gli spazi interni e il richiamo selvaggio dell’ambiente naturale.
Peccato, però, che Amnesia risulti tanto valido nella costruzione della tensione, quanto risulti poi sciatto nel portare al punto di ebollizione il duello fisico e psicologico tra i due personaggi, condensato in una parte finale condotta in maniera alquanto sbrigativa, finanche rozza. Si rimane comunque piacevolmente turbati dalla visione di questo lungometraggio, opera di una cineasta nordica che cela a sua volta trascorsi famigliari degni di nota: sua madre, la popolare attrice norvegese Margrete Robsahm, la ebbe dal regista e produttore Oddvar Bull Tuhus, dopo una precedente relazione col grande Ugo Tognazzi, relazione che aveva portato alla nascita di un altro apprezzato film-maker: Thomas Robsahm Tognazzi. Insomma, un’intera famiglia (allargata) col cinema nel proprio DNA.
Stefano Coccia