Una nuova amica segna il ritorno del prolifico François Ozon sul grande schermo, dopo la delicatezza di Giovane e Bella e le sottigliezze di Nella Casa
Una nuova amica segna il ritorno del prolifico François Ozon sul grande schermo, dopo la delicatezza di Giovane e Bella e le sottigliezze di Nella Casa. L’eccellente regista francese si affida questa volta al giovane astro del cinema francese Anaïs Demoustier e all’affermato attore Romain Duris, facendo una perfetta icona queer di un attore solito a ruoli piuttosto da macho e prevalentemente straight. Mentre il film precedente risulta molto classico, leggero e truffautiano alla maniera della saga di Doinel, qui i punti di riferimento cambiano e vertono su tinte più misteriose e morbosamente hitchcockiane e almodovariane: un’operazione decisamente più complessa e di rischiosa realizzazione perché molto facile cadere nel ridicolo. Un pericolo quest’ultimo che viene sventato con la sapienza di un vero equilibrista: del resto l’equilibrio è proprio ciò che riesce difficile mantenere e che è più desiderato dai personaggi che animano il film. Una nuova amica riesce a scavare in profondità e ad andare, con grande coscienza dell’argomento, oltre i classici compartimenti stagni stabiliti tra omosessualità e eterosessualità, dipingendo vere e proprie persone viventi sullo schermo. Il risultato è un perfetto insieme tra film queer, thriller, dramma e commedia sofisticata, che gioca a modo suo sul tema dell’identità, rielaborando con stile e maestria molti dei migliori stimoli che il cinema ha offerto in proposito nel corso della sua storia, da Vertigo a L’inquilino del terzo piano, per citarne due. Tra specchi e specchiamenti, ci si imbarca in un percorso fatto di eco, feticismi, desideri inespressi finalmente espressi, alla ricerca di un possibile significato da dare alla vera femminilità e una consequenziale strada che – possibilmente prima che Thanatos faccia nuovamente la sua prepotente entrata in scena – conduca al piacere di vivere (e non solo) perduto.
Una nuova amica nasce da un cortometraggio mai realizzato. Come è andata?
Ozon: Venti anni fa ho letto un racconto breve di Ruth Rendell e, basandomi su di esso, volevo realizzare un cortometraggio che finisse con un omicidio. Non avendo poi trovato i soldi necessari, ho rinunciato a questo progetto e ho fatto un altro corto, sempre sul travestismo, ma sono rimasto ossessionato da questa storia e la volevo ora raccontare come una sorta di storia d’amore.
Cosa ne pensa della valenza politica del film?
Ozon: In realtà non era mia intenzione dargli esplicitamente valenza politica, ma mentre il periodo in cui scrivevo coincise poi con quello delle manifestazioni contro i matrimoni gay. Mi sono accorto allora che toccavo un tema ancora molto bruciante. Non volevo andare contro questa gente ma far comprendere questa storia e per rendere ciò più semplice ho inventato la questione del lutto, non presente nel racconto originale. Mia volontà era anche di trattarlo come un fiaba, semplificando e idealizzando.
È innegabile che Una nuova amica abbia uno stretto rapporto con il cinema di Alfred Hitchcock…
Ozon: Vero. Mi sono reso conto molto presto dei riferimenti a Hitchcock. Chiaramente il fatto di “ricreare una persona” rimanda a Vertigo, ma volevo anche che i personaggi si facessero del bene l’un l’altro.
Come mai questa freddezza negli interni del film?
Ozon: Non volevo un film realistico bensì stilizzato. Per questo abbiamo girato molti esterni in Nord America, in modo che sembrasse un posto che può trovarsi ovunque e da nessuna parte, universale.
Come è stato il lavoro con Roman Duris?
Ozon: In realtà ho provinato molti attori per la parte di David e la maggior parte si vedeva che si sentivano a disagio. Romain Duris invece la vedeva come una sfida e si vedeva che era felice di interpretare il ruolo. C’era in lui una vera gioia infantile, nessuna perversione. Nell’evoluzione del personaggio verso una maggiore semplicità volevo mantenere effetti di comicità e caricaturalità.
Può dire qualcosa a proposito dell’intensa scena di sesso del film?
Ozon: Il bello è che volevo scrivere la scena di sesso lesbico più bella del cinema francese, poi è uscito in quel momento nei cinema La vita di Adele… A parte scherzi, molte si sono lamentate che il sesso nel film di Kechiche non fosse verosimile, in particolare gli schiaffi, quindi ho cercato di fare qualcosa di diverso.
Nel film non vengono rimarcate le classiche differenze tra transessuali, travestiti, etc. che solitamente sono accorpate sotto la categoria dell’omosessualità.
Ozon: Credo sia un luogo comune che chi si traveste sia necessariamente omosessuale. In realtà il travestito apprezza e ama la donna per la sua sessualità e femminilità.
In Una nuova amica c’è un suo cameo, il rimando è sempre a Hitchcock?
Ozon: Quando insieme alla casting director dovevamo scegliere un attore per la scena del cinema, lei ha proposto a me di farlo. Io però in realtà non me la sentivo e abbiamo preso comunque un attore, girando la scena sia con quest’ultimo che con me. Al montaggio, dato che la recitazione di Romain Duris era migliore nella take insieme a me, alla fine abbiamo scelto di tenerla. Roman mi ha poi spiegato che avrebbe recitato meglio perchè io lo toccavo davvero…
Il film è ambientato in un contesto borghese: l’ha scelto per la sua rinomata ipocrisia?
Ozon: In realtà la scelta è stata volontaria anche per un altro motivo fondamentale, ovvero che i personaggi fosero liberi da problemi economici per poter affrontare la propria sessualità. Poi, sì, volevo anche mostrare l’ipocrisia borghese disposta ad accettare tutto purché non si sappia fuori.
Come mai la scelta di accostare le scene del lutto a una fotografia tendente al bianco?
Ozon: Perché il film racconta di una rinascita tramite il lutto. Mi piaceva che si facesse rinascere il fantasma di una storia passata.