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Cosa voglio di più (Berlinale 2010)

“Cosa voglio di più? Il titolo del nuovo film di Silvio Soldini è la domanda senza risposta che si legge negli occhi insicuri dei protagonisti, mentre vengono travolti, senza poter offrire resistenza, da una passione extraconiugale che sconvolge la loro vita sentimentale perfetta”.

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Cosa voglio di più? Il titolo del nuovo film di Silvio Soldini è la domanda senza risposta che si legge negli occhi insicuri dei protagonisti, mentre vengono travolti, senza poter offrire resistenza, da una passione extraconiugale che sconvolge la loro vita sentimentale perfetta.

Lei, Anna (Alba Rohrwacher), convive felicemente con Alessio (Giuseppe Battiston). Stanno arredando la loro casa e progettano di fare un bambino. Lui, Domenico (Pierfrancesco Favino), è sposato con Miriam (Teresa Saponangelo) e ha due figli. Le vite di Anna e Domenico procedono serene fino a quando si incontrano e tra loro scocca la scintilla. Si avvicinano per simpatia, curiosità ed attrazione fisica. Poi le cose si complicano perché si innamorano perdutamente e la scappatella diventa una vera e propria passione extraconiugale che corrode lentamente la loro sicurezza, la stima in loro stessi e le loro vite sentimentali.

Soldini analizza il tradimento, indaga l’istinto che induce a commetterlo ed il sentimento che spinge a protrarlo. Lo sfondo è quello di una Milano attraversata dalla crisi economica, dove qualsiasi segnale di precarietà e momento di difficoltà nella vita quotidiana diventano, per i protagonisti, una giustificazione per cercare una fuga, qualcosa di nuovo e di diverso che faccia dimenticare loro le preoccupazioni. Sanno di commettere un errore, ma sembrano non poterci fare nulla, mossi da un destino che li spinge l’uno incontro all’altra.

Il tema del tradimento non rappresenta niente di nuovo per il cinema, è già stato raccontato ed analizzato in tutte le sue sfaccettature. Soldini è comunque bravo nella prima parte a mettere in tavola le carte, e a porre l’accento sull’isitnto che genera il tradimento. Riesce inoltre a fare identificare lo spettatore con i personaggi, presentando i piccoli aspetti quotidiani che accomunano le vite di tutti: la spesa, la birra con gli amici, la cena a casa, la serata in piscina. Il disagio dei protagonisti, con impeto sempre più dirompente, investe e rovina questi semplici momenti fino al climax del pranzo domenicale con tutta la famiglia, che si conclude con una scenata per una parola innocua, avvertita da Anna come fuori posto. Efficaci anche alcune battute ed alcuni episodi che tengono sempre viva l’attenzione.

Quando però dall’analisi degli istinti si passa a quella dei sentimenti, il racconto perde di ritmo, diventa più retorico ed anche i dialoghi sono meno incisivi.

Il film nel complesso non lascia il segno. Seppure con qualche spunto interessante ed alcune situazioni divertenti, viene affrontata una tematica già abusata. Nella seconda parte viene aggiunto poco di nuovo rispetto alla prima, e la caratterizzazione psicologica dei personaggi non diventa più profonda, ma ripete se stessa con un linguaggio che perde di efficacia, quando dall’analisi dei loro istinti si passa a quella dei loro sentimenti.

Da sottolineare l’ottima prestazione degli attori che prestano volti e corpi ai propri personaggi, con credibilità e senza inibizioni.

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