Laura Bispuri segna il suo esordio nel lungometraggio cercando ispirazione nel libro di Elvira Dones per raccontare una figura particolare, e forse insolita, quella della vergine giurata. Una vergine giurata è una donna che per avere gli stessi diritti degli uomini, e per non diventare quindi moglie e serva, si appella alle regole del Kanun, giura eterna verginità in cambio della libertà accordata solo ai patriarca e, di fatto, si veste ed è trattata come fosse un uomo
Mark (Alba Rohrwacher) lascia le isolate e remote montagne albanesi e arriva in Italia. Ma cosa cerca Mark? È la domanda ricorrente che tutti, compreso se stesso, gli rivolgono, a cui seguono silenzi carichi di confusione e dolore.
Laura Bispuri segna il suo esordio nel lungometraggio cercando ispirazione nel libro di Elvira Dones per raccontare una figura particolare, e forse insolita, quella della vergine giurata. Una vergine giurata è una donna che per avere gli stessi diritti degli uomini, e per non diventare quindi moglie e serva, si appella alle regole del Kanun, giura eterna verginità in cambio della libertà accordata solo ai patriarca e, di fatto, si veste ed è trattata come fosse un uomo.
Quando Mark arriva da Lila (Flonja Kodheli) in Italia la sua sembra una personalità costretta in un corpo votato a una promessa troppo grande e ingiusta. La Bispuri decide di svelare a poco a poco le ragioni sottese a questa scelta rispettata con abnegazione, affidandosi a flashback che ci riportano alla vita di Hana e al suo cambiamento in Mark. Hana, rimasta orfana da bambina, era stata affidata alle cure degli zii e con Lila, sua cugina, è cresciuta come fossero sorelle. Incapace di accettare le regole arcaiche di una comunità patriarcale, con l’aiuto dello zio trova la sua strada verso la libertà, una libertà pagata a caro prezzo.
Vergine giurata mostra con occhio delicato e silenzioso il disgelamento di un corpo rinchiuso in una prigione di ghiaccio, un corpo nato in un villaggio retrogrado dove gli uomini sono liberi e le donne sono serve e chi nasce donna per essere libera deve diventare un uomo casto per sempre, una vergine giurata appunto. La storia di Mark/Hana è una storia di rinuncia, rinuncia alla propria sessualità in nome di un diritto evidentemente da conquistare. Quando Mark/Hana arriva a Milano il processo di ri-scoperta del corpo e del desiderio ha inizio e muove i primi passi in piscina, quando Mark/Hana accompagna la figlia di Lila agli allenamenti. Attratta dall’acqua e da ciò che essa rappresenta – vita, libertà, maternità, femminilità ma anche fatica e lotta – Mark/Hana trascorre molto tempo in piscina osservando corpi che, messi quasi a nudo, raccontano e rappresentano ognuno una storia. La piscina, luogo di fatica, dedizione, disciplina e vittoria, diventa per Mark territorio di scoperta degli altri e di sé, nonché terra di incontro con quell’Hana soffocata in una fasciatura per appiattirne il seno.
La Bispuri riduce all’essenziale il dialogo – in albanese, peraltro – e con la camera insegue e scruta la metamorfosi di una creatura soffocata che per la prima volta si lascia andare all’istinto e accetta il proprio corpo. La condizione di Mark/Hana segue metaforicamente il cambiamento di stato dell’acqua: da ghiaccio della neve delle montagne al confine con il Kosovo, dove gli uomini sono i soli a poter accompagnare la salma del defunto con un lamento funebre, a imbracciare un fucile, a bere e fumare nei luoghi proibiti alle donne, a poter combattere in guerra e a gestire la proprietà, si ‘scioglie’ fino a diventare acqua, stato naturale e più gentile dell’elemento. Quando Mark/Hana abbandona la neve per liberarsi nell’acqua, si concede finalmente la possibilità di abbandonarsi alla fluidità della sua essenza, fatta di ‘Mark’ e di ‘Hana’, per ‘essere’, incondizionatamente.