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Berlinale 2015: “Every Thing will be fine” di Wim Wenders (Fuori Concorso)

Mentre Wim Wenders veniva insignito dell’Orso d’Oro alla Carriera, sui grandi schermi della Berlinale scorreva Fuori Concorso “Every Thing will be fine”, ultima fatica di un Maestro che fu

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Mentre Wim Wenders veniva insignito dell’Orso d’Oro alla Carriera, sui grandi schermi della Berlinale scorreva Fuori Concorso Every Thing will be fine, ultima fatica di un Maestro che fu.

In un paesaggio innevato, isolato e tranquillo, un dramma sta per compiersi. Tomas (James Franco), un romanziere in crisi, non frena in tempo quando due fratellini gli si presentano davanti in corsa sullo slittino. Uno di loro resta ferito mortalmente. Tre vite, quella di Tomas, della madre Kate (Charlotte Gainsbourg) e del fratello maggiore Christopher, segnate da un dolore profondo e senza soluzione, si incontrano e confrontano alla ricerca di risposte.

Dopo Pina, Wenders ritorna ad usare il 3D con l’intenzione, probabilmente, di dare corposità e spessore ai protagonisti. Quello a cui assistiamo è, invece, e al contrario della giustificata e riuscita operazione stilistica e semantica di Pina, un appiattimento psicologico, narrativo e visivo dove il 3D risulta un orpello trascurabile.

Un romanziere trae ispirazione da un evento nefasto che lo ha devastato nel privato, una madre non riesce a liberarsi dal dolore della perdita e un ragazzo privato dell’affetto del suo fratellino cresce nella rabbia. Probabilmente la scrittura di Bjørn Olaf Johannessen avrebbe potuto diventare potente nelle immagini ma questo non è dato sapere perché Wenders appiattisce e annichilisce ogni emozione. Il senso di colpa per un attimo di distrazione fatale, la punizione autoinflitta e infine il perdono agognato e accordato si materializzano davanti ai nostri occhi nella più assoluta e improbabile calma piatta. Ci si chiede dove sia finita la poetica di Wenders – ancora salva nel Wenders-documentarista de Il sale della terra – fatta di parole e poesia, di una squisita e personale ricerca delle immagini, di una narrazione forte della relazione amorosa tra le prime e le seconde.

Il Wenders di Every Thing will be fine si fa fatica davvero a riconoscerlo. Anche volendo mettere da parte l’aspettativa verso la finezza del suo tocco, si continua comunque a inciampare in spiacevoli superficialità. Nei 12 anni della storia nessuno invecchia, a parte il piccolo Christopher che nel frattempo è diventato un adolescente arrabbiato, nonché l’unico agente di cambiamento in un dramma fiacco. E volendo ancora tralasciare le fattezze per osservarne invece la più profonda psicologia dei personaggi, la delusione purtroppo persiste. L’incapacità di Tomas di emozionarsi nel senso più ampio del termine (le sue mani non tremano) non riesce a rappresentare il peso del rimosso, il dolore di Kate ‘esplode’ nella ripetitività del disegno e il bisogno di un confronto – violento? Pacificatore? – voluto da Christopher sembra doversi farsi carico – senza poi troppo convincere – di una sorta di soluzione emotiva finale libera tutti.

In questo film dalle immagini prive di alcun impatto nell’immaginario, dalle tensioni senza passioni, dai toni freddi anche dinanzi a un epilogo risolutore è davvero difficile cogliere il tocco del Maestro. Peccato.

Francesca Vantaggiato

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  • Anno: 2015
  • Durata: 100'
  • Distribuzione: Teodora Film
  • Genere: Drammatico
  • Nazionalita: Germania, Canada, Norvegia, Francia, Svezia
  • Regia: Wim Wenders