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Il missionario

«Nonostante sia parecchio debitore nei confronti dell’illustre antecedente “Non siamo angeli”, “Il missionario”, regia del francese Roger Delattre, si impone grazie alla sua genuina struttura narrativa».

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Nonostante sia parecchio debitore nei confronti dell’illustre antecedente Non siamo angeli interpretato da due stelle del firmamento hollywoodiano quali sono Sean Penn e Robert De Niro,  sceneggiato dal maestro David Mamet, Il missionario, regia del francese Roger Delattre, si impone grazie alla sua genuina struttura narrativa.

Classica struttura della commedia degli equivoci, il film parte dal carcere per arrivare in sacrestia, cosicché il sacro ed il profano finiscono per andare a braccetto, si invertono di ruolo e si mescolano, lasciandoci intendere che il buono non è chi indossa una tunica da prete, ma chi si prodiga veramente per aiutare il prossimo.Molta parte del successo di questo film è dovuta al carisma dell’attore Jean-Marie Bigard che in questo caso ha vestito anche i panni dello sceneggiatore dietro le quinte, oltre a quelli del prete sul set.

Dopo sette anni passati in carcere, Mario, un delinquente pronto a menar le mani senza pensarci sopra due volte, si vede costretto a rifugiarsi in un piccolo paesino di provincia, per sfuggire ai suoi ex colleghi che vogliono indietro la loro parte dell’ultimo colpo messo a segno. Il galeotto coinvolge suo fratello, un vero prete interpretato dal comico dallo stile nevrotico Doudi Strajmayster, il quale dovrà vendere i gioielli alla mafia. Inutile dire che chi stava da una parte, prova a passare dall’altra e che le gag che ne scaturiscono sono spesso degne della migliore commedia degli equivoci. Molto curati sono sia la scenografia che la fotografia capaci di rendere l’atmosfera della campestre provincia francese. Ottima commedia anche se alla luce di prodotti quali Babbo bastardo, il film in questione si sposta sulla strada del politically correct, lasciando gli appetiti di trasgressione vera e propria poco appagati.

Fabio Sajeva

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