Trama La Pearse-Connolly Hall è un locale dove i giovani possono ballare, divertirsi, studiare e sognare. La sua popolarità e la sua fama di ritrovo di socialisti e liberi pensatori destano le preoccupazioni e le ire dei bempensanti, della chiesa e dei politici di un piccolo paese di campagna. A farne le spese sono i giovani e i lavoratori del posto, i contadini, gli studenti, gli artisti, i minatori e gli operai che subiscono l’incendio del loro luogo di incontro. Tra questi, il protagonista Jimmy Gralton (Barry Ward), l’eroe di questa storia, il paladino di una vicenda realmente accaduta nell’Irlanda dei primi anni trenta.
Recensione: Se lo spettatore di questo film fosse costretto a prendere una posizione e a scegliere chi salvare tra Cristo e Jimmy Gralton, il martirio del figlio di dio si compierebbe nuovamente. Un dio con la “d” minuscola nella verde Irlanda anti-protestante degli anni venti e trenta, tra personaggi di un’epoca passata, chiamati a suggellare la tesi di un autore che ha sempre saputo raccontare, in una forma classica e senza sbavature, le piccole e grandi rivoluzioni sociali. L’avanguardia di un pensiero e la storia di una lotta viene mostrata così, attraverso un linguaggio accademico, ma non scolastico, una regia da manuale, priva di grinze o di progressismi stilistici: Ken Loach.
Jimmy’s hall è un film avvincente che non si vede con gli occhi, ma si fruisce con le viscere, che sconvolge e al contempo diverte ridicolizzando le mostruosità del pregiudizio umano, che allinea un pensiero radicale alimentando una coscienza e una presa di posizione, di fronte alla pretesa di un potere che governa sempre sull’ignoranza.
Ancora una volta Ken Loach sente il bisogno di sfogliare la storia, volandoci sopra, decollando sulla dialettica della lotta di classe, del potere ingiusto, della pretesa folle che hanno alcuni uomini nell’amministrare la verità. La verità di un sacerdote che, nel proprio cuore, ha più odio che amore (Jim Norton). La verità della politica che allontana il pericolo della coscienza, della consapevolezza del mondo e delle divergenze di classe.
Una storia che si costruisce attorno al simbolo di uno spazio, un locale, un luogo di aggregazione, costruito coi materiali precari e solidissimi della comunità. Un contenitore di sogni provenienti dall’altra parte dell’oceano e destinati a ritornarci nella valigia del suo protagonista, un uomo tradito dalla sua stessa terra. Un uomo, forse anche per questo, libero.
Marco Pellegrino
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