Mentre l’Italia continua a dare adito ai soliti noti che tanto hanno stancato pubblico e critica, nell’ambito internazionale invece è sempre più frequente che nuovi talenti registici siano reclutati attraverso uno sguardo attento a tutto quel sottobosco che comprende i medio e i lungometraggi: raro esponente italiano esempio di questa tendenza è Lucas Pavetto che, oltre essere stato scoperto attraverso il suo mediometraggio Il Marito Perfetto, ha anche avuto la fortuna che il suo stesso script sia stato trasformato in un lungometraggio e poi distribuito nelle sale con un cast che strizza l’occhio, giustamente, ben oltre le coordinate del nostro paese e che vede come protagonisti Bret Roberts, Gabriella Wright e Carl Whalton.
È soprattutto il Maestro dei thriller Joseph Ruben ad aver usato nei suoi film l’escamotage, raro da vedere in ambito cinematografico, di coppie la cui crisi diviene un vero e proprio movente per le azioni più atroci, basti pensare al famosissimo A letto con il nemico o a Il Patrigno. Nonostante il primo cineasta a cui viene spontaneo pensare sia lo statunitense Ruben, Lucas Pavetto ha ammesso di essersi ispirato per il suo The Perfect Husband principalmente al regista francese Alexandre Aja di cui molto della pellicola Alta Tensione si rivede nel suo The Perfect Husband.
Viola e Nicola sono due coniugi crisi dopo un’interruzione di gravidanza. Il rilassante fine settimana in uno chalet organizzato dai due per superare il difficile momento si trasformerà in un incubo mortale quando un folle sospetto si insinua nella testa di uno dei due.
Scritto a quattro mani dallo stesso regista insieme a Massimo Vavassori, The Perfect Husband si prende il suo tempo: un inizio lento che si sofferma principalmente sulle sofferenze dei due protagonisti e sul loro bisogno di allontanarsi dalla quotidianità che non fa altro che ricordargli la propria perdita sfocia poi in un thriller magistralmente recitato dove, nonostante la scelta internazionale degli interpreti e dell’uso della lingua inglese, un’altra protagonista è la Sicilia con le sue inquietanti campagne ai piedi dell’Etna.
Nonostante The Perfect Husband avrebbe dovuto caratterizzare un po’ di più i suoi protagonisti la pellicola di Pavetto ha comunque dalla sua parte una buona dose di coraggio alla quale si aggiunge la totale assenza di presunzione di un regista che dimostra di saper usare non solo la macchina ma anche i tempi cinematografici a favore di un genere e non della sua verve artistica. Una ventata d’aria fresca, quindi, per il cinema italiano che ancora una volta dimostra che il meglio che può dare è nell’indipendente.
Sandra Martone