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FESTIVAL DI CINEMA

FilmMakerFest Milano (28-29-30 novembre)

Nonostante FilmMakerFest privilegi da sempre uno sguardo sulla realtà, uno sguardo consapevole, l’esordio della 34° edizione è dedicato, per la potenza delle immagini, a una pellicola visionaria, onirica, surreale: ‘Jajua’ dell’argentino Lisandro Alonso. Singolare e ardita mescolanza di generi che lascia lo spettatore spiazzato

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Nonostante FilmMakerFest privilegi da sempre uno sguardo sulla realtà, uno sguardo consapevole, l’esordio della 34° edizione è dedicato, per la potenza delle immagini, a una pellicola visionaria, onirica, surreale: Jajua dell’argentino Lisandro Alonso. Singolare e ardita mescolanza di generi che lascia lo spettatore spiazzato, che lo vuole complice a riempire vuoti e salti temporali, ampiezze dello spazio, colorato in maniera volutamente artefatta, a stordire e ammaliare.

Eccentrica anche la produzione del polacco Lech Kowalski a cui è dedicata la sezione Retrospettiva: un cinema rabbioso, e passionale, il suo, drammatico, che ritrae gli umiliati e gli offesi, le lotte sociali e quelle interiori. Filmare il conflitto è infatti il titolo della masterclass tenuta da lui nella mattinata di domenica.  La prima delle sue dodici pellicole non poteva non essere East of Paradise, 110 minuti divisi a metà: la prima dedicata alla madre (testimone della deportazione in Russia) e la seconda all’origine delle sue scelte di vita e di regista; due parti separate che creano però  un’ evidente continuità.

Il festival tutto, nelle sue sette sezioni e nei suoi 86 film, propone voci diverse e i contenuti più vari, mantenendo il contatto tra presente e passato, documentario e finzione.

Per la sezione Prospettive,  Ninì di Gigi Giustiniani e Raffaele Rezzonico, ricostruisce la vita di Ninì Pietrasanta e del marito Gabriele Boccalatte uniti negli anni ’30 dall’amore per la montagna: lei, la prima donna scalatrice, lui impegnato nelle sfide più coraggiose, fino a morirne.

Un po’ di sano umorismo ci regala invece Rada di Alessandro Abba Legnazzi, nella ripresa quotidiana della casa di riposo per gente di mare a Camogli. Un edificio che si affaccia sul mare, con ampia terrazza a  simulare la nave su cui hanno passato tutta la loro vita. Si sa, i vecchietti fanno sorridere con le loro svagatezze e le  loro manie, mentre cercano una continuità con quello che erano e quello che non possono più diventare. Un po’ recitano e un po’ sono loro stessi: chi si crede poeta, chi astronomo, chi crede di fare uno scherzo all’infermiera fingendosi morto, chi bestemmia spiando le imbarcazioni in lontananza.

Tra i film in concorso e fuori concorso, ne segnaliamo due: Letters to Max di Eric Baudelaire e Un cut, one life di Lucia Small e Ed Pincus. Il primo è parso poco convincente nella sua destrutturazione e nella frequente perdita di coerenza tra i testi e l’immagine; il secondo una storia intensa scritta filmata e diretta a quattro mani e due voci struggenti, quella dell’affermato regista vicino alla morte e della sua più giovane collaboratrice, provata da altri lutti, da altre assenze. La citazione anonima di apertura “Potrebbe esistere un romanzo di Tolstoj nella vita di chiunque”, ha mantenuto la promessa.

Margherita Fratantonio

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