“Lievità ed ironia per combattere le umane tragedie: torna l’inconfondibile tocco del regista Radu Mihaileanu, che tanta fama ha ottenuto con il commovente e magnifico Train de Vie…..”
Lievità ed ironia per combattere le umane tragedie: torna l’inconfondibile tocco del regista Radu Mihaileanu, che tanta fama ha ottenuto con il commovente e magnifico Train de Vie – emblema della straordinaria intelligenza e forza d’animo di un gruppo di ebrei e zingari che, occupato un treno nel 1941, si fingono nazisti e deportati per sfuggire ai campi di concentramento – con un nuovo film intitolato Il concerto (Le concert). Stavolta un ensemble di musicisti ebrei russi, perseguitato dal comunismo di Brežnev , cerca, dopo trent’anni, una possibilità di riscatto dalle umiliazioni subite, riuscendo, grazie ad un arguto stratagemma, in un’impresa pressoché impossibile: andare a Parigi a suonare il concerto per violino di Ciajkovskij.
Il protagonista, Andreï Filipov, uno dei più grandi direttori d’orchestra del Bolchoi, licenziato all’apice della carriera e ridotto a fare le pulizie, intercetta un giorno un provvidenziale fax; mette insieme una sgangherata orchestra di ex-musicisti con differenti motivazioni (nostalgici comunisti, oligarchi e avventurieri, affaristi e commercianti) e parte, con l’inseparabile amico Sacha, alla volta del Teatro Chatelet. Tra le condizioni poste ai manager francesi, l’ingaggio come solista di una giovane e talentuosa violinista che Filipov mostra di conoscere bene (e si scoprirà alla fine perché). La storia si dipana fra lazzi e lacrime, risate e malinconia, trovate serie e facete, mettendo in evidenza vizi e virtù di popoli e genti tanto diversi, con un ritmo sempre incalzante ed una storia che a poco a poco si compone come un puzzle.
“L’umorismo che preferisco – afferma il regista – è quello in reazione alla sofferenza e alle difficoltà: per me l’ironia è un’arma gioiosa e intelligente, una ginnastica della mente, contro la barbarie e la morte, un modo per spezzare la tragedia che ne è la sorella gemella. Al di là della loro tragedia, i protagonisti de Il concerto trovano la forza di portare fino in fondo i loro sogni, grazie all’ironia”. Grandiosa la sequenza finale, secondo alcuni troppo melò, ma ricca di pathos ed emozione, dove avvengono storici riconoscimenti e si disvelano identità nascoste, mentre la sublime melodia per violino di Ciajkovskij (brava Melanie Laurent, da poco vista in Inglorious Bastards di Tarantino, nel ruolo della raffinata musicista francese scelta da Filipov per il coronamento di un collettivo sogno musicale) si espande davanti ad una platea affascinata e rapita. E’ l’ora del riscatto per tutti quelli che la società troppo spesso non ha saputo apprezzare ed anzi ha perseguitato, in realtà portatori di culture ricchissime (il regista franco-rumeno esprime la sua appartenenza e le sue convinzioni senza mezzi termini). “Mi sento molto vicino (essendo ebreo e rumeno) agli artisti fuggiti perché perseguitati in patria. Il mio – continua Mihaileanu – non è un film anticomunista ma contro ogni forma di totalitarismo che umilia la dignità delle persone e mette in ginocchio il destino degli individui”. Parla anche dell’incontro fra la vitalità dei popoli dell’est con la ricchezza assopita di quelli dell’ovest: “È dall’incontro fra culture diverse che nascono arricchimento e luce, in vista dell’armonia suprema.” La colonna sonora è stata curata dal compositore Armand Amar, che ha dovuto ridurre di circa metà la durata (e l’esecuzione) del concerto integrale.
Elisabetta Colla
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