«“Hanno cambiato faccia” di Corrado Farina appartiene ormai ad un cinema di genere italiano tanto rimpianto quanto lontano. Tra i film-simbolo del filone vampiresco made in Italy, pur avendo citazioni che spaziano da Murnau a Dreyer, in pochi minuti sposta l’attenzione dello spettatore sul piano sociologico, con la figura del vampiro sempre più modello di gabbia sociale.»
“Hanno cambiato faccia” di Corrado Farina appartiene ormai ad un cinema di genere italiano tanto rimpianto quanto lontano. Tra i film-simbolo del filone vampiresco made in Italy, pur avendo citazioni che spaziano da Murnau a Dreyer, in pochi minuti sposta l’attenzione dello spettatore sul piano sociologico, con la figura del vampiro sempre più modello di gabbia sociale
Alberto Valli (Giuliano Disperati) è un giovane ed ambizioso dipendente della Auto Avio Motors di Torino di proprietà del magnate industriale Giovanni Nosferatu (Adolfo Celi). Una mattina viene inaspettatamente convocato dalla direzione all’ultimo piano, perché l’ingegnere desidera riceverlo nella sua villa tra i monti della Val di Susa. Giunto all’abitazione in compagnia di un’avvenente ragazza hippy, di nome Laura (Francesca Modigliani), nonostante il disappunto di lei, per via dell’atmosfera spettrale che vi regna, Alberto decide di entrarvi. Il mistero avvolge ogni singolo particolare. L’ingegnere desidera conoscerlo per affidargli un importante incarico: la presidenza della società Auto Avio Motors. Nella villa tutto si fa sempre più minaccioso e gli eventi non possono che far sospettare qualcosa di davvero malvagio che si cela dietro la vera identità dell’ingegnere. La fuga sembra l’unica soluzione. Ma così come è impossibile fuggire da una gabbia sociale, allo stesso modo è impossibile respingere il volere di un vero ed autentico vampiro.
Il film di Farina si può simbolicamente schierare tra i prodotti critici al neocapitalismo, in leggero anticipo addirittura anche sul cinema sovrastrutturale di John Carpenter, specie del capolavoro “Essi vivono”, con il dichiarato slogan marcusiano “Il terrore oggi si chiama tecnologia”. In “Hanno cambiato faccia” non scorre nemmeno una goccia di sangue, perché il vampiro (la società) succhia direttamente la nostra linfa vitale, la nostra libertà. L’ingegnere Nosferatu in questo senso pare un vampiro che crede in una società atomizzata, parcellizzata, come dimostrano anche le sequenze del giardino con i custodi che si muovono a bordo di una Fiat 500, o come nella riunione con i dirigenti delle sue società, tutti scelti alla nascita come prodotti in scatola al supermercato e allevati per poter diventare quello che in origine era il suo volere imprenditoriale. “Hanno cambiato faccia” è un film visionario che, nonostante i pochi mezzi, rappresenta di certo un curioso caso di cinema bis italiano, da riscoprire per approfondire un periodo ormai storico del nostro cinema, di quando alle mani alzate al cielo quasi seguivano sempre film, canzoni e fumetti di dichiarata matrice politica, pur nascondendola con gusto e un pizzico di ingenuità. L’esordio di Farina è un film libero, anche se povero, ma ricco di idee originali.
Giacomo Ioannisci
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