Un’opera che ha l’ambizione e la capacità di parlare di “contemporaneità”, inquadrandola da una prospettiva simbolica archetipica, economico-strutturale, quanto socio-antropologica e gravida di un rigoroso naturalismo fenomenologico.
La società del benessere, con le sue pulsioni di eros, di morte e di consumo, accartocciata su se stessa. In uno scenario visuale e rituale dove sembra espunto ogni genere di confort e di patina seduttiva dello spettacolo del “benessere”, ma che invece continuamente rinvia alla cultura del neocapitalismo, agli idoli dell’eccesso, della merce, dell’edonismo e dell’esibizionismo: criminali che, secondo una logica culturale schizofrenica, si ammazzano l’un l’altro, inseguendo sogni consumistici che non potranno raggiungere mai; e un’antropologia camorristica che, nella sua assurdità e regressione primitiva e bestiale, rappresenta archetipicamente, oltre ad essere effettualmente, la società televisiva, machista, incontinente e priva di fini e di strutture, che siamo diventati.
Ecco dunque messa in scena la Gomorra di Saviano, sospesa fra ferinità, narcisismo e perdita assoluta del “senso di realtà”; ribalta di una cultura mediatizzata che richiama l’individuo sprovvisto di ogni rete di protezione al suo destino (simulacrale) di onnipotenza fallocratica da “divo”, per poi restituirlo alla durezza e alle violenze del mondo come carne da macello, magari sotto le luci e i riflettori di uno squallido solarium…
Sintomatico a proposito l’incipit sanguinario del film, una delle sequenze più belle e socialmente corrosive del cinema italiano degli anni ’00, oltre che uno degli spaccati più lucidi e simbolicamente densi dell’Italia berlusconiana.
Protagonisti una manciata di soggetti di sesso maschile che per coltivare la loro libido narcisistica paiono chiudersi in un centro estetico, seguendo l’equazione assiomatica: cura della propria immagine = cura del proprio corpo = cura della propria persona. E ignorando che la “realtà” (la realtà effettiva delle loro esistenze, una realtà paradigmatica e paradigmaticamente rimossa alla coscienza) sta per bussare inaspettata alla loro porta…
Il significato latente della sequenza mi pare racchiuso in un verso di una delle canzoni neomelodiche che fanno da contrappunto musicale ironico alla messa in scena di quella carneficina: «La nostra Storia sembra scritta da un cartone alla TV…»