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Cinema 2.0

Analisi politica del cinema. Rubrica a cura di Pasquale D’Aiello

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In questi mesi nella città di Roma si è assistito alla  rivincita degli immobiliaristi che detengono la proprietà di alcune ex-sale cinematografiche che, occupate da movimenti di cittadini, erano state strappate all’abbandono e restituite ad una nuova funzione sociale. Sono stati, infatti, sgomberati l’ex cinema Volturno nei pressi della stazione Termini e l’ex cinema America a Trastevere. Nello stesso periodo è stato ripreso in consegna dalle istituzioni pubbliche il teatro Valle che era stato gestito volontariamente da un gruppo di artisti e cittadini costituitisi in fondazione. A questi sgomberi si può aggiungere quello dell’Angelo Mai che, sebbene avesse una vocazione diversa, testimonia dell’aria che si respira nella capitale.

Con alterne vicende procedono le occupazioni dell’ex cinema Palazzo a San Lorenzo, dell’ ex cinema Preneste al Pigneto e dell’ ex cineteatro Gerini a Ponte Mammolo. Nello stesso periodo è stato reso noto il progetto di costruzione di un atelier di una nota marca di abbigliamento (lasciando solo il 15% dello spazio disponibile ad utilizzo culturale) al posto dell’ex cinema Metropolitan  che, a due passi dalle vie dello shopping e del lusso di piazza di Spagna, era uno dei pochi cinema romani ad offrire visioni in lingua originale. Restano, invece, ancora incerti i destini di tanti cinema abbandonati di Roma,  come l’ex cinema Apollo che l’associazione Apollo 11 sta provando a riportare a nuova vita. Altri, invece, sono semplicemente chiusi, come l’ex cinema a luci rosse Avorio al Pigneto, la sala Troisi a Trastevere, il Maestoso sull’Appia e molti altri. Durante la giunta del sindaco cinefilo Veltroni era stata varata una delibera che si indirizzava alle sale cinematografiche dismesse e che intendeva favorire un cambio di destinazione d’uso. Forse le modalità e l’obiettivo della delibera non erano quelli giusti, sia perché non sono stati risolutivi dello stato di abbandono, sia perché probabilmente l’abdicazione della funzione culturale di quegli immobili non è quello di cui la città ha bisogno, e le iniziative spontanee dei cittadini stanno a dimostrarlo.

Sicuramente il punto da cui partire è la presa d’atto di un mutamento della fruizione cinematografica. Un tempo questi luoghi erano l’unico strumento di diffusione del cinema e penetravano capillarmente in profondità geografica verso l’interno della provincia italiana e verticalmente nelle classi sociali proponendo visioni differenziate per circuiti. Nessuna delle rivoluzioni precedenti che minacciava di spazzare via i cinematografi vi è riuscita, anzi sia l’avvento della televisione sia l’introduzione del sistema VHS  hanno dato nuova linfa al cinema e alla sua fruizione in sala. Oggi siamo nel pieno della rivoluzione internet che non ha ancora raggiunto la sua maturità (ad es. in Italia non è ancora sbarcata Netflix né si sa quando avverrà) e le visioni catastrofiste sul cinema si sprecano, soprattutto da parte dei detentori dei diritti che chiedono di punire sempre più severamente chi fruisce e diffonde su internet film protetti da copyright.

In realtà tutti gli studi indipendenti dimostrano non solo che non si può accertare nessun danno oggettivo a causa della visione “pirata” di film ma che anzi vi è una evidenza statistica che correla l’aumento degli incassi cinematografici all’aumento delle visioni “illegali” (streaming, peer to peer). Se questa correlazione può sorprendere i fautori del copyright duri e puri certo non meraviglia chi da tempo evidenzia che la diffusione gratuita e anche “illegale” dei contenuti cinematografici produce un innalzamento culturale complessivo che naturalmente favorisce anche un aumento della fruizione  “legale” e a pagamento.

Sulla scorta di questa osservazione si dovrebbe riflettere sull’opportunità di conservare la natura culturale e cinematografica delle vecchie sale anche se questo non significa necessariamente che debbano continuare ad essere gestite con le logiche tradizionali. Un cambiamento dei modelli di distribuzione è senz’altro necessario. E ovviamente non è detto che il mercato, gli immobiliaristi e gli speculatori siano i soggetti più idonei a comprendere le nuove tendenze sociali all’epoca di internet. Esperienze come quella dell’ex cinema Palazzo che era divenuto prima una sala da biliardo e poi un Bingo e che ora ha una pianificazione culturale quotidiana dimostrano che esiste uno spazio che ha bisogno di nuovi attori e che intercetta un vasto pubblico ma che non necessariamente sia ascrivibile alle consuete pratiche del mercato capitalistico tradizionale. Senza avere la pretesa di costruire il comunismo in un cinema solo, sembra di tutta evidenza che l’esistenza di nuove pratiche economiche di scambio e di fruizione è non solo tollerabile da parte del “sistema”, non solo democraticamente e socialmente utile, ma anche vantaggiosa per il “sistema”. Ed è in questa evidenza che sia apre uno spazio in cui la buona politica può inserirsi con una funzione di mediazione sociale che riconosca il valore di esperienze non soggette alle regole del mercato, evitando di emarginarle confinandole nella categoria dell’illegalità. Gli spazi delle vecchie sale cinematografiche che oggi non trovano più utilità nella tradizionale fruizione non siano rimessi nella indiscriminata disponibilità di chi detiene il diritto formale di proprietà. Spesso si tratta di oasi  all’interno di un tessuto urbano degradato e intensamente abitato, privo di adeguate strutture dedicate alle pratiche culturali e sociali. Invece di riconsegnarle all’arbitrio di speculatori le si mantenga nella loro funzione originaria, e lì dove il mercato tradizionale non è in grado di reggere si sperimentino nuove pratiche di lavoro e di economia, indirizzate all’autoproduzione, l’autoreddito, la cooperazione e la destinazione sociale. Sarebbe un atto di equità e di compensazione  per territori  che hanno subito per tantissimo tempo lo scacco di palazzinari ammanicati col potere politico e al contempo una mossa intelligente per provare a rivitalizzare una società bloccata e morente come quella italiana.

https://maps.google.it/maps/ms?msid=217333580038391657155.0004adeeb535cbc0dc25d&msa=0&dg=feature
(
Mappa dei cinema dismessi a Roma)

Pasquale D’Aiello

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