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Intervista a Fabrizio Cattani. Il rabdomante

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Non scopriamo l’acqua calda quando affermiamo che in Italia ci sono tantissimi registi sconosciuti che sanno fare il loro mestiere e che potrebbero far tornare al cinema i più scettici se solo potessero contare su una distribuzione decente. E il caso di Fabrizio Cattani (già assistente alla regia di Cuore Sacro) è uno di questi. Lo abbiamo incontrato all’anteprima romana del suo primo film, Il rabdomante.

Ci parli della distribuzione di questo film e di come sei arrivato a presentarlo alla Casa del cinema di Roma?

Siamo usciti in otto copie distribuite per conto nostro nel sud Italia e invece grazie alla P.T.A. siamo usciti in quaranta copie in tutta Italia. E ci tengo a dire che è un film indipendentissimo.

Come ti sei trovato nella formula “The coproducers”?

Contrattualmente mi sono trovato molto bene, grazie anche al lavoro di Eros Puglielli e del suo avvocato. È comunque un’impresa mettere insieme più di cinquanta persone e società diverse e far partire una macchina in così poco tempo.

Quanto tempo hai impiegato per organizzare tutto lo staff?

Due anni. La sceneggiatura infatti era pronta già da tre anni, avendo preso tante porte in faccia dalle produzioni e avendo ascoltato tante chiacchiere come non mi era mai capitato prima. Ho deciso alla fine di farlo da solo. Avevo un budget di centomilaeuro più ventimila da un paio di sponsor della zona. Ci tenevo che qualitativamente fosse fatto bene perché speravo di andare a concorrere con prodotti molto più costosi. I ragazzi che hanno lavorato al progetto sono tutti giovani, ma capaci.

Come ti sei trovato a girare a Matera?

Il posto è fantastico. L’idea del film è del protagonista Pascal Zullino (Priscilla Cabiria e le altre). Lui aveva fatto un corto sullo stesso argomento e quando ci capitò di lavorare insieme mi propose di trasformarlo in un lungo. Andai a Matera e quando vidi i Sassi rimasi molto colpito. Matera è la terza protagonista del film dopo Felice e Harja. Negli altri film che sono stati girati a Materan (vedi The Passion) c’è più un utilizzo della città come cartolina sullo sfondo, mentre in questo film è presente in maniera determinante.

Si respira un po’ di solitudine all’interno del film. Non è così?

I due protagonisti vengono da un passato alle spalle difficilissimo e pieno di traumi. L’incontro tra queste due solitudini permette ad entrambi di ritrovare un senso alla propria vita.

L’idea del film è nata dal problema dell’acqua? C’è una sorta di concept rivoluzionario all’interno del film?

Noi siamo partiti dal personaggio e poi abbiamo analizzato l’ambiente. In quei posti suggestivi c’è carenza di acqua e ribellarsi ad un sistema che tende nella realtà di oggi a privatizzare un bene assoluto, come possono essere acqua o aria, è fondamentale. Felice, il protagonista del film, è un rivoluzionario nel senso che va oltre il sistema e oltre il meccanismo perverso legato alla mafia locale.

Che progetti hai per il futuro?

A novembre dovrei iniziare a girare un nuovo film che si chiama Albaventura.

Allora buona fortuna e complimenti per il film.

Grazie a voi.

Vincenzo Patanè Garsia

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