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Thank You For Smoking: il potere delle lobby

Letture filmiche su una società in trasformazione. Rubrica a cura di Antonio Pettierre

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Oh, quanto è bello fare il lobbista!

Opera prima scritta e diretta dal canadese Jason Reitman (figlio di Ivan Reitman, regista e produttore di tante commedie di successo negli anni 80 e 90, come ad esempio Ghostbusters e Dave), Thank You For Smoking è un’irriverente, caustica e politicamente scorretta commedia, che mette in scena il potere delle lobby negli USA e la loro capacità di influenzare, manipolare e determinare le scelte del pubblico di consumatori.

Nei primi 11’ della pellicola Reitman compie un ritratto completo del protagonista e del mondo in cui si muove. Nick Naylor (Aaron Eckhart molto convincente, nella sua miglior prova di attore) è vice presidente dell’Accademia degli Studi sul Tabacco, la lobby dei grandi produttori di sigarette e il suo lavoro è quello di convincere le persone che fumare, pur se dannoso per la salute, è una libera scelta del consumatore.

La narrazione in prima persona è compiuta da Naylor e la prima sequenza mostra al lavoro il lobbista in uno studio televisivo in un programma di grande ascolto, di fronte a un pubblico ostile e contro altri ospiti tra associazioni contro il fumo, un rappresentante di un senatore che sostiene la lotta per vietare le sigarette e un ragazzo malato di cancro. In una situazione in cui ha tutto (e tutti) contro, Naylor riesce a ribaltare la situazione grazie solamente alla sua ars oratoria, passando il messaggio che i produttori delle sigarette vogliono solo il bene dei propri clienti-fumatori.

La linearità della prima sequenza è interpolata da fermo-immagini, con incisi visivi fatti di disegni e foto, in cui Naylor spiega direttamente al pubblico – che sta assistendo al film – che lui rappresenta aziende che uccidono “1.200 persone al giorno” e subito dopo i massacri di Attila e Gengis Khan, arriva lui. Non è laureato né in medicina né in legge – e l’Accademia paga profumatamente sia scienziati che avvocati per tutelare la sua politica  –  ma il suo lavoro è la “comunicazione”, cioè  come infiocchettare nel modo migliore il messaggio difensivo e offensivo nella quotidiana lotta per il controllo del mercato dei fumatori.

Del resto, in una sequenza successiva dell’incipit, lo vediamo recarsi nella classe del figlio a parlare del proprio lavoro (ironicamente posto da Reitman subito dopo un pompiere e subito prima un pilota di aerei di linea): lui è un lobbista  che si definisce “un po’ come una star del cinema, io parlo per vivere, parlo in favore delle sigarette”, il tutto corredato da un sorriso a trentadue denti.

 Logos e thanatos colonne  del consumismo occidentale

Reitman utilizza lo specifico cinematografico con una professionalità e una maestria fuori dal comune per un debutto (e che replicherà anche in seguito, in particolare in Tra le nuvole) sintetizzando in poche sequenze iniziali la complessità del personaggio e delle leggi della comunicazione di massa in una società occidentale, con un montaggio alternato efficace e una sceneggiatura ben scritta, che, dopo l’accensione iniziale, si sviluppa e dipana in una struttura narrativa aperta e consequenziale. Il risultato è quello di rendere “simpatico” il protagonista senza giustificarlo, ma anzi mostrando come il potere delle lobby è fatto di sorrisi, di gentilezza, di arguzia e dove i Mercanti di Morte (come si definisce Naylor, insieme ai suoi amici lobbisti delle fondazioni e associazioni dei produttori di armi e alcool) operano all’interno dei mezzi di comunicazione di massa.

Naylor dice al figlio che: “questo è il bello della discussione: se argomenti in modo giusto non hai mai torto” e in questa affermazione c’è il fondamento della filosofia di vita di una società dove tutto può essere giusto e accettato, anche la morte e i suoi mezzi di produzione.

Gli strumenti di morte, sotto le varie forme di produzione come sigarette, alcool, armi, cibi spazzatura, ecc.., non sono altro che prodotti di consumo di massa e come tutti i prodotti devono essere venduti per contribuire alla produzione di ricchezza della società consumistica. Naylor è un diavolo tentatore e, come tale, ha fascino nella bravura dell’uso della parola come produttrice di inganni e di convincimenti.

Una delle sequenze più significative – e belle – di questo tema è il suo incontro con un vecchio cowboy californiano (Sam Elliott), malato di cancro ai polmoni per colpa del fumo di sigarette e testimonial storico di una marca famosa.  Il vecchio è ostile all’inizio e vuole intentare una causa con grande battage mediatico, ma Naylor gli offre una valigia piena di dollari. Il gioco socratico della discussione  e la messa in scena di Naylor (all’interno della messa in scena di Reitman) ribalta la situazione e il vecchio fumatore accetta i soldi per curarsi, in un travisamento morale della contesa tra i due personaggi: invece di un tentativo di corruzione per far tacere un pericoloso testimone, diventa un’opera di beneficenza per aiutare un fedele collaboratore ammalato. Anche la morte nella società consumistica ha il suo prezzo: che sia un costo o un guadagno, è comunque un investimento per tutti, nessuno escluso.

La libertà di scegliere il male nella società capitalista

Il secondo tema, strettamente collegato al precedente, è quello dello sfruttamento della comunicazione mediatica a puri fini consumistici con lo scopo finale di produrre sempre e comunque un profitto. E se l’inizio di Thank You For Smoking è all’interno di uno studio televisivo, abbiamo anche lo sfruttamento della carta stampata – metonimicamente rappresentata dalla giornalista doppiogiochista Heather Holloway (Katie Holmes) – e del mondo dell’industria cinematografica hollywoodiana – con l’agente-tycoon Jeff Megall (Rob Lowe), in un circo dove tutti sono al servizio del prodotto (sigarette o il pubblico di lettori dei giornali). Anche il confronto con il senatore Ortolan Finisterre (William H. Macy in un ruolo cinico e grottesco) mette in luce l’insano rapporto e scontro tra le diverse lobby: in una società dove tutto è prodotto, anche la salute lo è e il senatore e le sue lobby svolgono lo stesso lavoro e utilizzano i medesimi strumenti disponibili. Il problema quindi non è parteggiare per uno o per l’altro, dove stranamente in una produzione a stelle e strisce non ci sono buoni e cattivi ben definiti. Il canadese Reitman mette alla berlina un po’ tutti, perché tutti sono complici nella reiterazione di una società capitalistica, dove chi vince prende tutto e produce denaro, consenso e potere. Jason Reitman sembra dire che per il consumatore c’è solo una libertà fittizia: la libertà di scegliere di che morte morire, sia essa fisica che morale.

Antonio Pettierre

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