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Il sol dell’avvenire

Nel 1969 a Reggio Emilia alcuni giovani “extra Pci” danno vita a una comune, l’Appartamento, dove confluiscono personaggi anarchici, socialisti e sessantottini di varia natura.

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Nel 1969 a Reggio Emilia alcuni giovani “extra Pci” danno vita a una comune, l‘Appartamento, dove confluiscono personaggi anarchici, socialisti e sessantottini di varia natura. Alcuni di loro, come Alberto Franceschini, Roberto Ognibene e Loris Tonino Paroli, sceglieranno la lotta armata, altri la via della militanza legale che dal Pc arriva al Pd, come Paolo Rozzi, o l’universo sindacale della FIOM, come Annibale Viappiani. Gianfranco Pannone li mette tutti attorno a un tavolo (lo stesso della trattoria dove si svolsero le primi riunioni protobrigatiste) quaranta anni dopo, per provare a capire quale sia stato il contesto storico-ideologico e la tradizione politica che ha portato all’origine delle BR. La tesi provocatoria di fondo e’ quella di legare la percezione della Resistenza tradita alla nascita di un fenomeno estremo, considerandolo, appunto, non come una scheggia impazzita della storia, proveniente da chissa’ dove. Il regista di origini napoletane,autore di altri apprezzatissimi documentari come Latina/Littoria (premiato a Torino nel 2001) e Pietre, miracoli e petrolio (2004), affronta e apre delle ferite ancora aperte della storia italiana senza pregiudizi, con sguardo laico, senza rinnegare, naturalmente, la sua natura di uomo di sinistra e di cristiano. Pannone, che qui collabora con il giornalista Giovanni Fasanella (autore di testi sulla materia tra cui Che cosa sono le Br scritto con Alberto Franceschini), coglie l’aspetto umano dei suoi protagonisti, al di la’ del bene e del male, senza nessuna sentimentale apologia, infatti non vengono annullate o omesse le responsabilita’ dei brigatisti come loro stessi affermano, n onostante alcuni mostrino una qualche coerenza intellettuale con il passato e l’idea che il vero terrorismo sia un altro (considerazioni soggettive opinabili). Il documentario si sviluppa con i racconti sulla nascita dell’Appartamento, sui contesti familiari degli appartenenti a quella comunita’, sugli eventi politici nella rossa Emilia e nell’Italia intera tra gli anni sessanta e settanta, alternati con altre testimonianze: quella di Corrado Corghi, ex dirigente dc e cattolico “dissidente” e quella di Adelmo Cervi, figlio di uno dei sette fratelli trucidati dai fascisti. Al solito, in un paese che non ama fare troppi conti con la sua memoria, molte polemiche e accuse ingiuste sono state lanciate ai realizzatori del documentario. Non sappiamo se queste considerazioni siano state precedute dalla visione del film, ci sentiamo di affermare che non e’ offesa nessuna vittima, che il cinema e’ ancora, fortunatamente, un laboratorio di dubbi e domande, e non un tribunale, e che bisogna forse riappropriarsi della provocazione scomoda per sollevare lo stagnante dibattito di questi anni.

Natasha Ceci



Questo documentario ha avuto il “merito” di aver fatto riunire dopo 40 anni, molti ex-brigatisti, attorno ad un tavolo di un ristorante di Reggio Emilia, al fine di riportare in vita memorie, sensazioni, pensieri su tutto quel periodo che va dalla Resistenza fino alla formazione delle BR. Il merito è stato quello di creare un ambiente di riprese più sereno e spontaneo possibile, in cui i singoli personaggi sono in cerca di un filo logico, che dia senso a tutto ciò che gli è successo e a tutto ciò che hanno creato come protagonisti dei loro destini. Il film è intervallato dall’ottimo contributo degli Offlaga Disco Pax, che oltre a fornire un ottima colonna sonora, crea un poesia musicale in netto contrasto con il linguaggio filmico del documentario. E’ impressionante come l’introduzione del film che unisce immagini a musica sia incredibilmente simile all’introduzione del Divo di Sorrentino. E’ evidente che essendo contemporanei, delineano un processo di creazione di un linguaggio documentaristico comune e forse anche condiviso, sebbene il film di Sorrentino non sia un documentario, però essendo biografico, ne utilizza gli stessi simboli. Il film ha suscitato notevole polemiche sia alla presentazione a Locarno sia al Festival di Roma. Il ministro Bondi ha fortemente criticato il film per l’offesa che ne deriva alle vittime delle BR. La pellicola è anche stata fornita all’Associazione Vittime dei Reati delle BR. Avendo visto in anticipo il film, ha dichiarato di sospendere il giudizio, in attesa di vedere gli “effetti” delle proiezioni nelle varie sale. In realtà il film di Pannone, utilizza un linguaggio goliardico, i protagonisti parlano di cose serie, ma lo fanno ridendo e scherzando come si fa di fronte a del buon cibo e del buon vino; questo di certo è davvero doloroso per tutti i parenti delle vittime. Questa scelta filmica però deriva dalla necessità di tirare fuor tutte le verità possibili, anche le più nascoste. Questa scelta è opinabile; se il film dovesse essere vietato a qualcuno, questo divieto dovrebbe valere solo per i familiari delle vittime. Però detto questo il film nella sua costruzione ha un suo senso ed una logica. Forse L’unica cosa che veramente potrebbe essere offensivo per le vittime, è quello di aver dedicato solo 30 secondi alla fine del film alle vittime delle BR, facendo passare in rassegna 5 semplici fotogrammi senza nessun commento. 30 secondi sono troppo pochi, dopo che si è parlato per un’ora e passa di Resistenza e BR. Era meglio non toccare l’argomento, visto che non se né è parlato per tutto il film. Qualche maligno potrebbe pensare che 30 secondi è il giusto peso dato alle vittime dei reati delle BR, ed un’ora il giusto peso del loro “perché”.

Michele Traversa

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