Cannes 67: “Party Girl” di Amachoukeli/Burger/Theis (Camera d’Or/Prix d’Ensemble)
La storia della sessantenne Angélique (un’eccezionale Sonia Theis-Litzemburger) che intrattiene i clienti del Cabaret non ha lasciato indifferente la giuria di Cannes. Marie Amachoukeli, Claire Burger e Samuel Theis, ossia i tre autori di “Party Girl”, hanno meritatamente vinto la Camera d’Or e il Prix d’Ensemble
Regia: Marie Amachoukeli/Claire Burger/Samuel Theis
La storia della sessantenne Angélique (un’eccezionale Sonia Theis-Litzemburger) che intrattiene i clienti del Cabaret non ha lasciato indifferente la giuria di Cannes. Marie Amachoukeli, Claire Burger e Samuel Theis, ossia i tre autori di Party Girl, hanno meritatamente vinto la Camera d’Or e il Prix d’Ensemble.
Il film che ha inaugurato Un Certain Regard si muove tra autorialità indipendente e cinema veritè ai limiti dell’indagine documentarista. Angélique è una donna forte e indipendente alla quale nessuno ha mai detto cosa fare. Lavora in un cabaret al confine con la Germania intrattenendo i clienti e bevendo con loro. Tuttavia alla sua età il lavoro non è più fitto come un tempo, i clienti calano e Angélique si sente sola. Un uomo, Michel, un abitué del locale con cui la donna si intratteneva volentieri, smette di frequentare il paradiso della lussuria spingendo Angélique a fargli visita in cerca di un confronto. Tra sorpresa, incredulità e risa, la donna ritorna dalle sue amiche con una dichiarazione d’amore e una proposta di matrimonio.
L’opera prima di questo trio portentoso racconta di una solitudine, di un amore e della difficoltà/impossibilità di fare la scelta giusta. Insieme alle amiche del cabaret – uno spaccato interessante e verace di umanità – Angélique si diverte, si gode la vita e la libertà. Lei è una party girl, una donna che ama bere e festeggiare, ballare e flirtare con i ragazzi più giovani di lei. In nome dell’amore per Michel (Joseph Bour) accetta di lasciare il lavoro, la sua indipendenza, il suo mondo, cercando di combinare le sue abitudini con le esigenze del futuro matrimonio. La donna, un vulcano di energia senza peli sulla lingua, riesce a riunire i quattro figli (figli nella vita) in occasione del matrimonio, della cosa giusta da fare nella vita che naturalmente non arriva senza sollevare dubbi.
Il personaggio interpretato dalla bravissima attrice riempie lo schermo, il ritratto di lei è onesto e senza edulcoranti, il dramma della scelta foraggiato da una certa attitudine alla vita è reso con accurate scelte di narrazione e regia. Forse Angélique non è stata una buona madre, non è stata sempre presente per i figli, non è perfetta ma se non altro è coerente con se stessa. Nelle tante scene con loro è sempre nel nome di un palpabile amore che gli strappi si ricuciono e la comprensione-perdono arriva naturale. Party Girl è un film fatto con il cuore che ama e non giudica l’imperfezione della sua principessa con le rughe.
Il finale amaro è però bel lontano dalla sorte che spetta alle principesse delle fiabe. Nelle scelte della donna che a sessant’anni ama ancora la vita, la notte, l’ideale di un amore adolescenziale, che lotta per non deludere le aspettative dei figli, prevale in ultima istanza la forza di non compromettere e sacrificare l’immutabile natura di party girl.