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Cannes 67: Pride di Matthew Warchus (Quinzaine des Réaliseateurs)

“Pride”, secondo lungometraggio dell’inglese Matthew Warchus chiude la Quinzaine e arriva dritto al cuore, emozionando fino alle lacrime. E’ la storia (vera) semplice e rivoluzionaria ambientata tra l’84 e l’85 durante il braccio di ferro del governo di Margaret “fucking” Thatcher e i minatori in sciopero.

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Pride di Matthew Warchus è la storia vera di una bella amicizia tra un gruppo londinese di gay e lesbiche e un gruppo di minatori del Galles, entrambi alle prese con i problemi economici e sociali della Gran Bretagna di Margaret Thatcher.

Londra, sabato 30 giugno 1984

Londra, sabato 30 giugno 1984, per le strade sfila il Gay Pride mentre il resto del Paese è messo in ginocchio dalle proteste dei minatori che non vogliono cedere alle manovre restrittive del governo di Margaret Thatcher.

Un collettivo di ragazzi gay e lesbiche che hanno il quartier generale nella libreria di Gethin (Andrew Scott)  decide di aiutare i minatori.

Non sanno bene come ma sanno che non è giusto che la repressione della polizia e il braccio di ferro contro il governo li stia privando della libertà e della dignità.

Sono pochi quelli veramente disposti a muoversi; la maggior parte non è d’accordo perché i minatori (come tutti gli altri) sono proprio quelli che li deridono ogni giorno, dal treno al posto di lavoro.

Pride di Matthew Warchus, una storia vera

Mark Ashton (Ben Schnetzer), l’ideatore dell’iniziativa, raduna i suoi e iniziano a raccogliere fondi sotto il nome di LGSM (Lesbian and Gay men Supporting Miners); nel frattempo contattano sindacati e gruppi di supporto per i minatori che però non vogliono avere a che fare con il loro gruppo.

Tranne uno, che per un “misunderstanding” li invita nel  piccolo paese di minatori, nel Galles.

L’arrivo dello sgangherato pullman da Londra provoca tensioni e litigi all’interno della piccola comunità.

La maggior parte non è disposta ad accettare aiuti del gruppo, ma in realtà non si tratta soltanto della diffidenza nei confronti di chi è omosessuale.

A Onllwyn, nel sud del Galles, sono diffidenti anche verso quelli del nord del Galles e le spaccature arrivano presto anche all’interno del gruppo LGSM, dove le lesbiche rivendicano una maggiore partecipazione anche alle cause femministe.

Le prime aperture

La questione si fa più aspra, lo sciopero dei minatori procede ad oltranza provocando problemi economici e sociali.

Tra gli abitanti del piccolo villaggio e il gruppo londinese inizia a stringersi un rapporto che si consoliderà nei mesi successivi.

I primi ad aprirsi riescono a trascinare gli altri in un incontro con i ragazzi che da Londra li stanno aiutando economicamente e moralmente e lo scambio umano mette le basi per le scelte future di alcuni.

I cambiamenti radicali

Una delle donne di Onllwyn viene esortata da Johnatan (Dominic West), attore di cabaret, uno dei primi malati di HIV nel Regno Unito (che nonostante la sieropositività è vissuto fino a 65 anni).

La donna già madre e moglie, riuscirà a completare gli studi e avviarsi alla carriera politica locale.

Il decano della comunità (Billy Nighy, che abbiamo visto anche in Marigold Hotel) si dichiarerà gay, e senza vergogna uscirà allo scoperto fiero.

Gethin, il compagno di Johnatan riprenderà il rapporto con la madre, che vive nel nord del Galles, che anni prima si era chiusa dopo aver scoperto che il figlio era omosessuale.

Anche tra il gruppo LGSM ci sono persone che hanno tratto da quella esperienza una lezione importante: primo tra tutti Joe, appena ventenne (quindi per la legge del Regno Unito omosessuale fuorilegge) che mollerà la scuola alberghiera, si dichiarerà ai suoi genitori e lascerà la casa paterna per seguire la passione della fotografia.

Mark, invece, colui che aveva dato vita al gruppo e all’iniziativa morirà a 26 anni di AIDS, dopo aver trascorso il resto della sua vita a lottare per i diritti degli emarginati e dei più deboli.

La fine dello sciopero

Lo sciopero termina nel marzo del 1985; nel frattempo Londra è diventata teatro di guerriglia urbana e di tensioni sociali, dovute soprattutto all’intolleranza.

La libreria di Gethin subirà attacchi dagli altri gruppi di minatori che non vogliono essere rappresentati dagli omosessuali e li accusano di cercare soltanto visibilità.

Gethin sarà aggredito da alcuni omosessuali, che vivono ormai quotidianamente la paura di aver contratto il virus HIV e che non accettano di aiutare chi li ha derisi  (“i gay muoiono tutti i giorni e tu ti preoccupi dei minatori!”)

Londra, 30 giugno 1985

Il 30 giugno 1985 Joe diventa “legal”, compie 21 anni e può vivere liberamente la propria omosessualità.

Londra si prepara all’annuale Gay Pride sostenuto dai minatori, e non soltanto quelli provenienti dal sud del Galles.

Alla testa del corteo sfileranno i LGSM e i minatori, quelli che, anche se non da subito, hanno accettato di essere aiutati e hanno capito l’importanza di sostenersi l’un  l’altro.

Pride di Matthew Warchus emoziona e commuove

Pride emoziona e commuove durante tutto il film e nella scena finale l’applauso del pubblico, caloroso sostenuto e prolungato acclama a gran voce regista e attori, che raccontano che la realizzazione del film è stata difficile, perché nonostante si trattasse di una storia vera, era stata dimenticata e molti di coloro che ne avevano preso parte sono morti.

La ricostruzione del susseguirsi degli eventi è stata difficile ma ne è valsa la pena; il film, semplice e pulito, come il volto dell’attore che interpreta Mark Ashton, può considerarsi rivoluzionario, perché in maniera semplice riesce a parlare di uguaglianza in quanto esseri umani e di sostegno reciproco.

E ci riesce, perché arriva dritto al cuore; il regista spiega che  ha scelto attori professionisti per tutti i ruoli, proprio per evitare di cadere in quel sentimentalismo in cui si rischia di inciampare se si affida la parte a chi potrebbe essere troppo coinvolto emotivamente.

Grande spazio nella ricostruzione storica dell’epoca è affidato alla musica brit pop di quell’epoca, dai Frankie Goes To Hollywood ai Soft Cell ai Bronski Beat, che suonano ad un concerto per la raccolta fondi a favore minatori (inconfondibile la voce di Jimmy Sommerville).

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