Anno: 2014
Durata: 120′
Genere: Drammatico
Nazionalità: Israele
Regia: Nadav Lapid
The Kindergarten Teacher è un film che prende per mano lo spettatore: viene presentato con queste parole il lungometraggio del cineasta israeliano Nadav Lapid alla Semaine de la Critique del Festival di Cannes. Il film narra la storia di un ragazzino di 5 anni, Yoav (Avi Shnaidman), con una sensibilità talmente raffinata che è in grado di comporre e recitare Poesie. Se ne accorge la sua baby sitter, che non dà peso alla cosa, ma la sfrutta per i monologhi da recitare durante le audizioni da attrice; e se ne accorge Mira, la sua insegnante d’asilo, che arriva ad infatuarsi del piccolo Yoav, completamente catturata dal mondo interiore del piccolo.
Yoav ha perso la mamma; il papà, che possiede un ristorante di lusso, non ha intenzione di assecondare le sue velleità artistiche, la sua è una visione piuttosto pragmatica e concreta e non reputa la cultura un mezzo di sostentamento valido; ben diversa da quella di suo fratello, lo zio di Yoav, che lo ha iniziato alla Poesia, recitandogli alcuni versi sin da quando era piccolo. Lapid non ci dice altro del mondo esterno e interiore di Yoav: lo vediamo iniziare a camminare avanti e indietro, ripetutamente, spinto da un bisogno urgente di esprimersi in versi e immagini.
Nira è sposata con un ingegnere e ha due figli grandi, compie con diligenza il suo lavoro di maestra d’asilo e la sua vita sembra scorrere tranquilla, sebbene una tensione, una ricerca di qualcosa affiori dagli sguardi e dai gesti della donna. Mira ama la Poesia; frequenta un corso di Poesia e ha chiamato suo figlio Omer (forse da Omero). Eppure alcuni suoi compagni di corso non sembrano lasciarsi trasportare dalla musicalità dalle immagini e dai significanti, fondamentali per la Poesia e si criticano a vicenda le parole scelte, badando soltanto al loro significato; Omer, brillante e intelligente, ha deciso di continuare a lavorare per un altro anno nell’esercito, con disappunto del padre e della madre; si potrebbe leggere in una battuta del marito di Mira, a proposito del figlio, nella quale sostiene che l’Esercito è per i poveri e per quelli con poche capacità, una critica del regista stesso alla vita militare (non dimentichiamoci che il film è ambientato in Israele, dove il servizio di leva è obbligatorio per uomini e donne e per un lungo periodo).
Quando Nira si accorge del “potere” di Yoav cerca di indagare nel mondo interiore del bambino; dai versi che compone Yoav traspaiono sentimenti d’amore e immagini mortifere, che spingono ira, preoccupata che l’eccessiva sensibilità del bambino possa fargli male in futuro, ad aiutarlo. A modo suo.
Il film scorre pacato e rassicurante fino alla parte finale, quando un susseguirsi di eventi inaspettati iniziano a far crescere la tensione: forse sbaglia chi si butta a fondo nelle cose e nelle persone, come fa Mira; forse sbaglia il Poeta a credere che la Poesia salverà il mondo, perché indagatrice e introspettiva. E non a caso nel film viene citato Federico Garcia Lorca, fucilato nel luglio del 1936 dalle truppe franchiste al Potere. Perché il Potere, si sa, non vuole teste pensanti; preferisce che le persone si sballino al frastuono della discoteca, come nella scena in cui Mira viene trascinata sulla pista da due ragazzi che poco prima avevano criticato una Poesia del piccolo Yoav.
La forza di questo film è nella bravura del regista e dei due attori principali e nella potenza di una storia che forse vuole essere un atto d’amore nei confronti della Poesia, non soltanto in quanto genere narrativo portatore di storie e universali del sentimento, ma come espressione massima della libertà di pensiero.
Anna Quaranta