La donna che verrà
Il cerchio si chiude, o meglio, ricomincia, con la porzione finale della riflessione di Von Trier sul proprio ideale femminile. Il secondo capitolo di Nymphomaniac, parimenti tagliato-censurato nella versione ufficiale e di sala, porta Joe ad un giro di boa. L’anorgasmia di cui è affetta nel legame sentimentale e di vita con Jerôme, insieme alla maternità sopraggiunta, hanno reso la giovane donna insensibile al coito e voracemente alla ricerca del piacere con Jerôme. Che ‘vigliaccamente’, apre a Joe la porta ad esperienze parallele, credendo di riuscire a sostenerle. E Joe comprende di aver bisogno di una scossa, di sperimentare anfratti più ambigui, oscuri, perversi, alla ricerca di quel riempimento totale (irraggiungibile, forse) capace di appagarla.
Entriamo in realtà (di sicuro anche per via dei tagli a cui la pellicola è stata sottoposta), nella porzione meno empatica, anche visivamente, un po’ noiosa e ridondante nella prevedibilità delle perversioni a cui Joe (l’adulta Gainsbourg, che cede il posto alla ninfa Stacy Martin) si sottopone, dentro un rapporto con l’uomo nero, anzi due, realmente sterile nella non resa che offre, specie nel significato di una riflessione, nello specifico della sperimentazione, inconsistente. A seguire, il sadomaso, incarnato nel giovane K. (Jamie Bell), dove Joe riesce a spezzare l’incomunicabilità con la propria vagina e con se stessa, prendendo atto dell’isolamento esistenziale a cui è votata. La porzione del piacere violento e indiretto è la più riuscita nella percezione della ‘irrazionale e irraggiungibile destinazione finale’, ma anche qui Von Trier si appesantisce (e ci prende in giro) con l’eccessivo rimando ‘misogino’ di Antichrist, che davvero pare messo apposta per esorcizzare il racconto ‘sadiano-esistenziale’ della sua eroina femminile.
Prendendo completamente atto dell’irriducibilità ad un sistema sociale-di vita del quale mai si è sentita parte (e col quale Joe tenta infruttuosamente di tenere unito il labilissimo filo di sutura accettando un’insulsa terapia di gruppo di donne sessuo-dipendenti), la donna se ne distacca anche formalmente, abbracciando la propria deviazione-corruzione nel legame lavorativo malavitoso di un recupero crediti speciale. La conoscenza degli uomini e l’esperienza sessuale maturata si riveleranno preziosi strumenti nell’eseguire al meglio e con estremi frutti il compito assegnatole, facendo di Joe un indiscusso leader. Anche la parentesi omosessuale molto in bilico con la pedofilia, nel legame filiale-erotico-sentimentale con P. (la conturbante Mia Goth), la giovane destinata a succederle nella guida dell’attività estorsiva, pare decisamente forzata e sterile.
E al termine del racconto, nel quale arriviamo al suo inizio, quando il solitario Seligman (di cui avremo confermata la supposizione emersa dalla visione della prima parte della pellicola) la soccorre a terra picchiata e umiliata, Von Trier mette nuovamente alla prova il suo pubblico nella provocazione finale che mescola assoluto cinismo-derisione-riduzione di tutto il piatto messo sul tavolo da gioco, alla verità di una inferiorità-dipendenza femminile dal maschio. La reazione sacrosanta di Joe al genetico tradimento di Seligman, custode delle sue confessioni e lucido interprete della ‘ninfomania’ della donna nella ‘rivoluzionaria’ direzione (sommamente più giustificabile, comprensibile, meno ‘reagente’, se fosse stata opera esclusiva di un uomo) intrapresa da un essere femminile, eleva la donna von trieriana ad eroina contemporanea, a modello futuro di consapevolezza ed indipendenza della propria essenza, ancora lontano e probabilmente sovraumano nell’attuazione-resa, ma dal quale le donne possono prelevare più coraggio e consapevolezza nello scegliere strade non battute da seguire.
Ps. Nota pratica: la scissione tra la maturazione anagrafica di Joe e Jerôme (sostituito da un altro attore solo al termine del film, mentre la Gainsbourg entra nella pellicola abbastanza presto), lascia perplessi e spezza l’accettazione positiva incondizionata della finzione filmica, a cui siamo normalmente abituati. Mi sono chiesta se sia stata volutamente resa dal regista…
Maria Cera