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Introdotto per l’occasione dai direttori artistici del Future Film Festival Oscar Cosulich e Giulietta Fara, il regista di Rio 2 – Missione Amazzonia ha incantato la platea bolognese con una “cinema lesson” che è andata ben oltre le aspettative: per la mattinata di venerdì 4 aprile il programma del Future Film Festival prevedeva infatti una particolare anteprima del film, proiettato in lingua originale coi sottotitoli, alla quale avrebbe fatto seguito l’intervento dell’autore. Ebbene, si può tranquillamente dire che nell’esposizione Carlos Saldanha non si è per niente risparmiato. Aiutandosi con bozzetti, fotografie, espedienti grafici e brevi filmati da illustrare direttamente sullo schermo, il cineasta carioca si è concesso con una certa generosità al pubblico, composto prevalentemente da giornalisti e altri addetti ai lavori. Ne è scaturita una lezione di cinema alquanto vivace e ricca di spunti, spunti attraverso i quali si è potuta inquadrare meglio la genesi del divertente e coloratissimo film d’animazione, che, proprio in questi giorni, ha fatto capolino nelle sale italiane.
Pur senza seguire per filo e per segno le varie fasi della lunga, dettagliatissima disamina che l’autore brasiliano ha voluto regalare al pubblico del Future, vogliamo provare a ricordarne qualche estratto, specie ora che il film è uscito ed è visibile in tutta Italia. Gran parte del discorso introduttivo di Saldanha si è orientato sull’ispirazione che lo ha guidato nel realizzare il primissimo Rio, sulle differenze che ha voluto introdurre nella nuova avventura dei suoi deliziosi pappagallini, sull’esperienza acquisita con con L’era glaciale e sui diversi “step” che hanno caratterizzato la produzione di Rio 2 – Missione Amazzonia. Ecco alcune delle sue osservazioni a riguardo: “Per Rio tutto era partito dall’esperienza personale, dal desiderio di raccontare in un film di animazione le atmosfere peculiari del Brasile, che poi è il paese da cui provengo. E così ecco il Carnevale, le esistenze dei personaggi rappresentate attraverso i colori accesi, la musica, le scuole di samba. Per il nuovo film che avevo in mente era necessario che ‘the big idea’, come la chiamiamo in gergo, fosse un’altra, il che mi ha suggerito di spostare il fulcro dell’azione nel cuore della foresta amazzonica. Tale scelta ovviamente è servita anche a rafforzare il messaggio ecologico del film. Già la coppia storica di protagonisti era composta da due Ara Macao Blu, ovvero una specie di pappagalli che al momento sopravvive solamente in cattività, perché nel suo vecchio ambiente naturale non se ne trovano più. Per dar forza a questa idea abbiamo cercato di stabilire, in Rio 2 – Missione Amazzonia, alcuni leitmotiv che esaltassero una certa visione della natura, come ad esempio la vita sugli alberi sempre rappresentata come qualcosa di luminoso, elegante, ricco di passione; mentre è nel sottobosco che il pericolo è sempre in agguato, in quel mondo più oscuro ai piedi dei grandi alberi che non a caso è frequentato anche da umani privi di scrupoli, intenzionati a disboscare quei territori così pieni di vita, pur di seguire la logica del profitto”.
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Il discorso di Saldanha è andato ben presto a scandagliare i diversi passaggi tecnici e artistici attraverso cui un team di animatori lavora sull’idea iniziale, definendo poco alla volta i personaggi, le loro prerogative fisiche più caratterizzanti, i loro movimenti in scena, la successiva costruzione dei fondali, eccetera eccetera. Un’attività di character design sempre più intensa si sviluppa a partire dagli schizzi iniziali, per passare poi alla costruzione dei modelli tridimensionali, allo studio delle forme al computer, al rimodellamento delle espressioni facciali e dei movimenti anche sulla base di filmati in cui sono interpreti umani a mimarne tali aspetti. Saldanha si è perciò soffermato su diversi momenti: “Negli schizzi, nelle bozze, si cerca la via giusta che passi tra realismo e stilizzazione, lavorando ad esempio sulla scelta dei colori e su quei dettagli anatomici che servano a personalizzare il ruolo del volatile in questione, il suo carattere. Poco alla volta il design del personaggio prende forma e comincia ad avere un senso più definito”. Nel descrivere passaggi simili il regista ha indicato più volte le raccolte di disegni preparatori proiettate sullo schermo, che si era portato con sè, prendendo ad esempio il protagonista Blu e facendo notare sia la mole di lavoro toccata ai suoi collaboratori, sia il suo ruolo di “assemblatore” delle caratteristiche che più lo avevano colpito dei singoli disegni. Becco. Postura. Posizionamento delle piume. Espressività degli occhi. Il giochino è andato avanti anche con altri personaggi. E l’asse del discorso si è poi spostato sull’impegno ancor più grosso per trasferire tutta questa ricerca, rafforzata anche dalla consultazione di materiale scientifico relativo alle specie animali e vegetali rappresentate nel film, sul terreno dell’animazione in 3D, la cui messa a punto richiede un tempo infinitamente maggiore, quantificabile in diversi mesi di applicazione continua.
Tanti altri sarebbero gli aspetti della relazione da ripercorrere attentamente. Ma uno che ci ha particolarmente divertito è quello musicale, anche in virtù della possibilità che il Future ci ha offerto di vedere il film nella versione non doppiata: tra i fiori all’occhiello di Rio 2 – Missione Amazzonia vi sono infatti le ritmiche tipicamente carioca e gli arrangiamenti brillanti di popolari temi musicali, che fanno la forza della colonna sonora originale. Oltre a lodare i musicisti con cui ha collaborato a stretto contatto di gomito, Carlos Saldanha ha tirato fuori alcuni divertenti aneddoti, relativi al fatto che lui, brasiliano, non sarebbe esattamente un provetto ballerino di samba, tanto per usare un eufemismo. E perciò si è affidato volentieri al suo team di animatori, per rendere credibili le scene in cui i pappagallini e altri personaggi ballano quei ritmi. Sorpresa delle sorprese, è stato un finlandese l’uomo che gli ha risolto tutti questi problemi, mostrandosi esperto in materia, per cui Saldanha non ha potuto fare a meno di ribattezzare quel nordico individuo: “The honorary Carioca of the year!”.
Stefano Coccia