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Robert Guédiguian e l’incanto del quotidiano

Robert Guediguian torna a posare il suo sguardo sulla quotidianità in maniera realistica e magica, nello stesso tempo

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Robert Guédiguian e l'incanto del quotidiano

Robert Guédiguian e l’incanto del quotidiano. 

Robert Guédiguian racconta, attraverso il cinema, la sua personale rivoluzione; anzi, sua e degli amici che lo accompagnano da sempre nei suoi film pieni d’incanti quotidiani.

Senza la magia la vita è solo un grande spavento

dice Milena Agus.

È una magia, quella di Robert Guédiguian, fatta di gesti, sguardi, silenzi, sorrisi e pranzi insieme. Al centro c’è sempre Ariane Ascaride, moglie del regista. Non è particolarmente bella, ma i suoi occhi esprimono emozioni intensissime. Hai il Mediterraneo negli occhi, le dice Jean-Pierre Daroussin (Henri) ne E la festa continua! Già innamorato perso di lei al secondo incontro.

E anche il suo corpo sa parlare, il corpo di Arianne, così minuto e imperfetto, mostrato nudo in Marie Jo e i suoi due amori (2002). Ne Le nevi del Kilimangiaro è una nonna  credibilissima, insieme a Jean-Pierre Darroussin, come lei un po’ invecchiato, e, al contrario di lei, piuttosto appesantito.

Ariane Ascaride e Jean-Pierre Daroussin

Roberto Guediguian e l'incanto del quotidiano

Ariane Ascaride e Jean-Pierre Daroussin ne ‘Le nevi del Kilimanjaro’

Sono passati tredici anni da allora. Daroussin, che abbiamo appena visto ne Il teorema di Margherita, comincia a dimostrare gli anni e a rendere le sue interpretazioni ancora più misurate, sobrie e incisive insieme. Qui è un professore attempato, rigido, posseduto dall’amore per la matematica, non sempre ricambiato. Nell’ultimo film dell’amico Guédiguian, invece, un sognatore che si esprime con le parole dei grandi della letteratura. Li prende in prestito, li possiede, se ne lascia incantare, incanta la sua innamorata, Rosa-Ariane, e noi.

Robert Guédiguian: I suoi personaggi e i suoi attori

I miei personaggi invecchiano con me, ha detto il regista ed è vero. Senza averlo programmato, dal primo all’ultimo film, gli attori sono stati sempre gli stessi. Un gruppo di amici nella vita e sul set, con un’intesa perfetta. La scelta è quella di mettere in scena la quotidianità, e soprattutto quella proletaria, e quella proletaria di Marsiglia. E quella proletaria di Marsiglia nel quartiere l’Estaque, luogo di nascita di Guédiguan e location perfetta, per quel tanto di verità che trasmette. Con i colori, le luci, i cortili, i terrazzi, le discese strette che portano al mare. Se vuoi parlare del mondo devi parlare del tuo villaggio, dice Ariane Ascaride, citando Cechov, in una passata presentazione. Sono molto generosi, marito e moglie, nel raccontarsi al pubblico a ogni uscita dei loro film, e particolarmente affezionati all’Italia.

I luoghi

L’Estaque è il porto senza nebbie, come quello di Le Havre o di Helnsinki per Kaurismäki.  Miracolo a Le Havre è uscito anni fa negli stessi giorni de Le nevi del Kilimanjaro, e ne siamo rimasti, allora, affascinati. “Per la delicatezza di fondo, Ma soprattutto quel realismo magico che non trascura niente della realtà. Anzi sembra volerla rallentare proprio per darci il tempo di coglierne ogni sfumatura, e nello stesso tempo la ingentilisce” (Taxidrivers).

Un cinema popolare, ma spettacolo al tempo stesso, in cui il bello non va ricercato in effetti speciali; tutt’altro. É la rara capacità di cogliere lo straordinario nell’ordinario, mentre i personaggi fanno la spesa, guidano la macchina, tornano a casa dal lavoro, s’incontrano tra loro, ridono, scherzano, si prendono in giro, piangono, o semplicemente, vivono.

Robert Guédiguian: I suoi film come lezioni morali e psicologiche

Una bella lezione morale, e psicologica, oltre che cinematografica. Non teme i silenzi la filmografia di Guédiguan! Ma li dosa sapientemente, densi di attesa, che lo spettatore può riempire con  pensieri e  aspettative, non di chissà quali eventi, ma di eccezionale normalità: l’amore, la famiglia, il sesso, l’amicizia, i sentimenti di tutti. Sembrano questi silenzi francesi, funzionali all’ascolto dell’altro. I personaggi non sono vittime della parola a tutti i costi, e spesso sono ritratti nei loro momenti di solitudine, per strada, in macchina, in casa, quasi siano lì ad auto-ascoltarsi. Spesso non sono persone molto colte, e niente sanno di psicanalisi e teorie sulla vita, ma  sanno muoversi nel mondo con quella saggezza della semplicità che tanto cinema colto non riuscirà mai a raggiungere. Ci vengono risparmiate le nevrosi contemporanee, soprattutto nei film più classici di Guédiguian, mentre si assiste al loro modo di sopravvivere alle leggi economiche difficili e spesso ostili.

Bellissima la soluzione alla crisi della famiglia in A l’attaque!. Lola (sempre Ariane) e i suoi decidono di rapire l’uomo che li sta portando alla rovina; arriva la televisione e la risonanza pubblica dell’evento costringerà il bastardo debitore a pagare. Così la famiglia sarà salva. Un lieto fine un po’ improbabile, ma ogni tanto nelle storie di Guédiguian si mescola quel po’ di favolistico che rende la vita dura degli operai marsigliesi più tollerabile.

Robert Guédiguian e la giustizia proletaria

Povera gente doveva intitolarsi Le nevi del Kilimangiaro, il film del 2011 dal racconto di Victor Hugo a cui la  narrazione è ispirata. Ma poi si è scelto il titolo della canzone che accompagna la  scena più struggente. Di povera gente (a parte Le passeggiate al campo di Marte) parla sempre Guédiguian, che non rinnega niente delle sue idee comuniste, anche solo sfiorate, quando non sono dette chiaramente. Marie Jo e i suoi due amori, per esempio, è una storia drammatica di una donna che non sa scegliere tra due uomini amati intensamente. Eppure, anche in un racconto così privato, basta un cenno: il pescatore che passando canta Oh, bella ciao, così come la canta il nonno di  A l’attaque!, che addirittura la trasforma in ninna-nanna, insieme alle altre canzoni di lotta insegnate al bimbo piccolo sul passeggino.

A l’attaque! è proprio una storia di giustizia proletaria, resa attraverso una cornice un po’ buffa, quella dei due sceneggiatori che la stanno costruendo e dei loro trucchi per renderla realistica, quasi a volerne sorridere un po’, di questa insistenza proletaria, quando proletari non si è. Ma l’empatia per i personaggi e per una vita semplice è sempre presente nelle altre storie del gruppo di amici francesi (regista e attori) e non è mai un approccio intellettualistico.

Come De Sica che voleva “rintracciare il drammatico nelle situazioni quotidiane, il meraviglioso nella piccola cronaca”, Guédiguian ha fatto di questa volontà la cifra caratteristica di tutto il suo cinema, che sa essere, quando vuole, anche molto leggero. Alcuni simboli: la barchetta di carta che galleggia sull’acqua piovana ne Le nevi del Kilimangiaro, quel mappamondo di plastica trasparente al centro di una panoramica che dal mare arriva fino a toccare il porto nell’incipit di Marius e Jeanette. E lo sfondo di una marcetta allegra che ti resta nelle orecchie per un  po’.

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Una scena di Marius e Jeannette

L’impegno ne ‘E la festa continua!’

Ma, ora, la festa che continua è ancora di più. É uno stato d’animo, dice Michele Anselmi sulle pagine di Cinemonitor.  Un impegno civile che accomuna le generazioni, nella belle figure della giovane Alice (Lola Naymark), e dei due figli di Rosa. Sarkis (Robinson Stévenin) che gestisce il bar pur essendo medico, perché unico luogo di ritrovo degli Armeni a Marsiglia, innamorato di Alice e orgoglioso del suo volontariato per gli immigrati. E Minas (Grégoire Leprince-Ringuet) che accoglie i bambini degli sbarchi, li cura, li nutre. La stessa Rosa che partecipa alle elezioni a sinistra, cercando di superare le divisioni nella sua lista raccogliticcia ed esageratamente composita. Non c’è più il comunismo di una volta. L’unico comunista rimasto a Marsiglia, a detta di Rosa, sembra il fratello, Tonio (Gérard Meylan). Ma tutti i  personaggi ne E la festa continua! s’impegnano personalmente o incoraggiano i loro amori e i loro affetti a farlo.

Guédiguian torna, per fortuna, al tema politico, dopo che sembrava averlo abbandonato alla desolazione di Gloria Mundi. Andamento tragico, senza l’affettività che scorre nei legami familiari, la solidarietà umana e sociale dei figli. Senza il suo sorriso malinconico, la benevolenza nei confronti dei personaggi. Abbiamo temuto che non sarebbero più tornati, sperato nel contempo che fosse solo una pausa, un momento di passeggero pessimismo.

Le scelte etiche, e poetiche, di Guédiguian

Scriveva Luca Biscontini sulle pagine di Taxidrivers a proposito di La casa sul mare: “La sequenza finale, che non sveliamo, è davvero poetica. Senza fornire risposte, bensì convocandoci ad affrontare alcuni attualissimi temi da una posizione ravvicinata, la quale comporta un coinvolgimento etico che non può essere in nessun modo disatteso. L’economia, la politica, certo; ma poi, soprattutto e ancora una volta, l’etica”.

L’accudimento, nei film di Guédiguian

Di affetti, commozione e speranza si nutrono i film di Guédiguian. Per questo la famiglia di Gloria Mundi ci aveva così tanto spaesato: figli incattiviti, gelosia tra sorelle, scelte dettate da un materialismo sconfortante e nessuna intesa tra le generazioni. Ancora di più le dichiarazioni del regista che hanno accompagnato il film: “Parafrasando Marx: ovunque regni, il neocapitalismo ha schiacciato relazioni fraterne, amichevoli e solidali, e non ha lasciato altro legame tra le persone, se non il freddo interesse e il denaro, annegando tutti i nostri sogni nelle gelide acque del calcolo egoistico”.

Per fortuna ora si torna a sorridere, e a commuoversi. Torna la cura nei confronti dei bambini, de Le nevi del Kilimanjaro e de La casa sul mare, insieme all’assunzione di responsabilità, nella breve scena del figlio di Rosa, Minas, che nutre un bimbo piccolo appena sbarcato. Nei nove figli che vorrebbe il fratello, Sarkis, per continuare la discendenza armena, e nella sua scelta finale (sorprendente). Nell’affetto del fratello di Rosa per Lola, che non è una bimba, ma è anche lei immigrata: lui la ospita e la tratta come una figlia. Nell’amore paterno di Henri per Alice, che non ha visto crescere e ora inonda di attenzioni. Prima tra tutte, quella del cibo, invitandola sempre a mangiare insieme. Nell’accudimento, se pure un po’ stanco, di Rosa per i suoi figli. In quella pasta con le acciughe che ripete il rito settimanale dell’incontro a tavola.

Robert Guediguian e l'incanto del quotidiano

La scena del pranzo in famiglia ne ‘E la festa continua!’

Cambiare il mondo, cambiare se stessi

Di Le nevi del Kilimangiaro è stato detto che è il film con più barbecue della storia del cinema. La convivialità, lo stare insieme  quando si può, per cambiare il mondo e, quando no, per cambiare al meglio se stessi, è il più grande insegnamento di questo regista. Una dichiarazione che lui fa spesso: Volevano fare la rivoluzione, lui e i suoi amici, e invece hanno fanno il cinema!

Noi, che la rivoluzione non l’abbiamo fatta, e il cinema nemmeno, possiamo solo goderne e uscire dalle proiezioni di Guédiguian con il piacere di una carezza al cuore. Apprezzare quel modo tutto suo di unire evasione, dolcezza e realismo. “Bisogna essere duri senza mai perdere la tenerezza”, diceva qualcuno che di rivoluzioni se ne intendeva!

E la festa continua esce in sala l’11 aprile, distribuito da Lucky Red

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