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In Sala

300 – L’alba di un impero

Quanti litri di sangue può umanamente contenere il corpo di un greco e/o di un persiano? Certo più dei 5 che ogni essere umano ha in sé: questa è la prima, futile, domanda che viene da porsi alla fine della visione di “300 – L’alba di un impero”, attesissimo sequel di “300”, capolavoro di guerra e testosterone diretto nel 2007 da Zack Snyder

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Anno: 2014 

Distribuzione: Warner Bros

Durata: 102′

Genere: Azione, Drammatico 

Nazionalità: USA 

Regia: Noam Murro

Data di uscita: 6 Marzo 2014

Quanti litri di sangue può umanamente contenere il corpo di un greco e/o di un persiano? Certo più dei 5 che ogni essere umano ha in sé: questa è la prima, futile, domanda che viene da porsi alla fine della visione di 300 – L’alba di un impero, attesissimo sequel di 300, capolavoro di guerra e testosterone diretto nel 2007 da Zack Snyder.

Trascorse le iniziali scene di collegamento col suo predecessore, appaiono subito chiare le varie pecche di narrazione di cui il film diretto da Noam Murro soffre: come 300 anche 300 – L’alba di un impero è tratto da una graphic novel di Frak Miller solo che, a differenza del primo, questo nuovo lavoro dell’artista è a tutt’oggi incompleto.

Gli eventi avvenuti durante la battaglia di Capo Artemisio tra Greci e Persiani, svoltasi negli stessi giorni della battaglia delle Termopili, che hanno come protagonisti lo stratega ateniese Temistocle e la regina di Caria Artemisia I, alleata di Serse I di Persia, sono lo spunto di questo lungometraggio forte di una potenza visiva avvolgente ma a volte placata dall’abuso dello slow motion.

L’impeccabile regia, la perfezione del 3D e la fotografia straordinaria non riescono però del tutto a sollevare una trama che, al di là di cruente battaglie combattute fino all’ultima goccia di plasma, è minata da una serie di banalità e di cliché narrativi sui quali è impossibile soprassedere e dai quali nascono anche involontarie risate proprio nel momento in cui sceneggiatura vorrebbe che il pathos fosse alle stelle.

L’inserimento di due figure femminili quotate alla vendetta sono la vera, interessante, novità di 300 – L’alba di un impero anche se la loro caratterizzazione, seppur minuziosa, eccede – come il resto dell’intero film – rasentando, e più volte sfiorando, il ridicolo. Artemisia, protagonista insieme a Temistocle e a capo dell’esercito di Persia, oltre ad essere interpretata da una inespressiva Eva Green, è anche descritta con eccesso di enfasi risultando, alla fine, un misto ibrido che unisce più personaggi, molti anche fantasy: lei è un po’ strega, un po’ dominatrice, un po’ Brave e un po’ Kill Bill (questo dipende dal fatto che a volte combatte con le spade e altre lancia frecce con gran precisione).

È ovvio che quando si parla di lungometraggi di questo tipo la realtà storica delle vicende e i suoi protagonisti sono modellati dagli sceneggiatori a favor di camera come è ovvio che è inutile sottolineare le azioni umanamente impossibili che i soldati sono capaci di portare a termine. Gli occhi con i quali vedere 300 – L’Alba di un impero sono quelli del mero spettatore che mette da parte ogni qualsivoglia tipo di opinione su ciò che è verosimile o meno, quindi è inutile dilungarsi su tutte le peripezie belliche oltremodo al di sopra degli esseri umani e sicuramente troppo azzardate per vicende di fatto avvenute nel lontanissimo 485 A.C. . In una guerra sono tutti eroi, in una guerra trasposta sul grande schermo diventano tutti supereroi.

Quello che realmente spiazza del nuovo lungometraggio figlio di quel 300 che in tanti e tanto era stato amato è il fatto che cotanta spettacolosa maestria cinematografica – e sonora perché l’onore al merito va anche alle musiche –  sia alla mercé di una trama davvero flebile e di una serie di personaggi che, tempo una sigaretta fuori dalla sala, sono già cittadini onorari di quell’orribile posto chiamato dimenticatoio.

Sandra Martone

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