Anno: 2013
Durata: 123’
Genere: Drammatico
Nazionalità: Turchia/Grecia/Francia/Germania
Regia: Tayfun Pirselimoğlu
Vincitore del Premio per la Migliore Sceneggiatura al Festival Internazionale del Film di Roma, il lungo e lento ‘I Am Not Him’ (titolo originale ‘Ben o değilim’), del regista e sceneggiatore turco Tayfun Pirselimoğlu, pur interessante film d’autore su temi quali il doppio, l’identità, il destino e la libertà – sia in senso individuale e sia nazionale, con un forte accento sulla questione detentiva turca e la brutalità della repressione di chiunque non si adegui al sistema – non sembra brillare per originalità, sia relativamente alla storia, che rivela e mette troppo presto le carte in tavola, sia nel rigore quasi ossessivo dei piani sequenza con camera fissa che, se da un lato sottolineano la paralisi esistenziale dei protagonisti, dall’altro non convincono lo spettatore – anche il più allenato – al quale non viene concesso nulla in termini di decifrabilità né tantomeno di vissuti emotivi, se non alcuni bei momenti ‘visivi’ di immagini scolpite che restano a lungo nell’occhio.
La trama, apparentemente semplice, si sviluppa intorno all’incontro fra due solitudini, quella di Nihat, lavapiatti di poche parole in una mensa ospedaliera, che trascorre tristi serate in una casa deserta talvolta in compagnia di film porno, e quella di Ayse, giovane donna misteriosa, assunta alla mensa quando il marito finisce in carcere. Dopo poco tempo fra i due nasce una relazione strana ed ambigua: Nihat si trasferisce a casa della donna e si accorge di somigliare come una goccia d’acqua al marito detenuto così, a poco a poco, comincia ad assumerne l’identità ed il carattere, nelle abitudini di coppia, nella vita quotidiana, e ne diviene il doppio a tutti gli effetti – verso l’estraniazione dalla sua condizione o in una ricerca di sé nell’altro-da-sé? – fra la riprovazione sociale dei colleghi di Ayse, ed il connivente ‘laissez-faire’ della donna.
Statico, surreale, paradossale il film procede fra silenzi desolanti, luoghi squallidi, umanità senza speranza, in un clima carico di angoscia ed alienazione, fino ad un forse inevitabile epilogo. L’accettazione ed il pessimismo, a detta dello stesso regista, sembrano essere la chiave di lettura principale del film.
Elisabetta Colla