Connect with us

Reviews

Festival Internazionale del Film di Roma: “Come il Vento” di Marco Simon Puccioni (Fuori Concorso)

Liberamente ispirato alla vera storia di Armida Miserere, una delle prime donne direttrici di carcere in Italia, il film ‘Come il Vento’ ha saputo emozionare critica e pubblico, sia per la tematica forte, sia per la notevole interpretazione di Valeria Golino

Pubblicato

il

 

Anno: 2013

Durata: 110’

Genere: Drammatico

Nazionalità: Italia

Regia: Marco Simon Puccioni

Data di uscita: 28 Novembre 2013

 

Liberamente ispirato alla vera storia di Armida Miserere, una delle prime donne direttrici di carcere in Italia, il film ‘Come il Vento’, presentato al Festival Internazionale del Film di Roma nella sezione Fuori Concorso e diretto dal regista Marco Simon Puccioni, ha saputo emozionare critica e pubblico, sia per la tematica forte – una donna che vive l’ambito carcerario in anni difficili, perde l’amato compagno in un attentato mafioso e dedica la sua intera vita al lavoro -, e sia per la notevole interpretazione di Valeria Golino, che col passare degli anni diventa sempre più brava ed intensa.

La descrizione sobria ed asciutta della vita carceraria, gli albori della legge Gozzini ed i tragici fatti di mafia avvenuti tra la fine degli anni Ottanta e gli anni Novanta trovano il giusto spazio all’interno del film, nel racconto poeticamente malinconico della vita di Armida. Tutto inizia quando lei ed Umberto Mormile (interpretato da un misurato Filippo Timi), un educatore impegnato nelle attività riabilitative per i detenuti (in particolare i laboratori teatrali), sono già una coppia stabile e molto affiatata: si sono conosciuti nel carcere di Opera, dove lui ancora lavora, mentre lei dirige il carcere di Lodi. Il film si sofferma volutamente, nella prima parte, sulla pienezza dell’amore dei due, sul loro tentativo di avere un figlio, sui loro sogni, sul loro mondo di lavoro e di pochi amici (bravi anche Francesco Scianna e Chiara Caselli), per mettere ancora più in risalto, nella seconda parte del film, il vuoto e la solitudine della vita di Armida quando, rimasta sola dopo l’omicidio di Umberto del 1990 (sembra per una vendetta di detenuti che speravano di corromperlo in cambio di relazioni positive per ottenere benefici di legge), accetta incarichi nelle carceri più difficili d’Italia, cerca di amare di nuovo ma, piegata poco a poco da delusioni ed intimidazioni, inizia a perdere la sua grinta. Sempre professionale fuori, con un vuoto incolmabile dentro, che la condurrà ad un gesto estremo, insieme dettato dalla rabbia e dall’amore, ma solo dopo aver conosciuto i nomi degli assassini e dei mandanti del suo unico vero amore.

Mi ha colpito molto la vicenda di questa donna – ha raccontato il regista da sempre interessato a tematiche sociali – che, catapultata in una delle istituzioni più maschiliste ed opprimenti della società, senza rinunciare alla sua femminilità, riusciva a governare gli uomini reclusi ed a stabilire rapporti camerateschi e d’amore con i suoi compagni di lavoro e m’interessava capire come e perché questa fibra, apparentemente così solida, fosse arrivata a spezzarsi. Ho cercato uno stile semplice, che desse spazio alla verità del personaggio, cercando di miscelare il film di impegno civile con la storia d’amore, gli elementi più intimi ed emotivi con l’aspetto sociale”.

Nel suo ultimo biglietto Armida lascerà detto: ‘vento sono stata’, da qui il titolo del film, un vento che, con le parole di un noto cantautore, oggi ‘soffia ancora’.

Elisabetta Colla

Commenta