Festival Internazionale del Film di Roma: “I Tarantiniani” di Maurizio Tedesco e Steve Della Casa (CineMaxxi)
“I Tarantiniani” ci regala una ricca ed intensa ora di interviste,“dietro-le-quinte”, aneddoti curiosi e di analisi semi-serie sulla storia sociale e culturale degli anni in cui il film di genere si diffuse nel nostro Paese; e prova ad indagare sulle cause che lo hanno ammazzato.
Dopo la proiezione di venerdì scorso al MAXXI, con gran successo e partecipazione del pubblico, Maurizio Tedesco al Parco della Musica presenta il film-documentario co-diretto con Steve Della Casa, I Tarantiniani.
Tedesco ci tiene a sottolineare che I Tarantiniani è prima di tutto un atto di affetto nei confronti del cinema “di genere”, dallo Spaghetti Western al poliziesco all’horror, che portò soldi e successo al nostro cinema, tra gli anni Sessanta e Settanta.
Chi sono I Tarantiniani?
Tarantiniani è l’aggettivo attribuito al folto gruppo di registi attori e produttori di quel cinema, dopo la dichiarazione d’amore che il regista statunitense Quentin Tarantino ha rivolto al cinema di “serie B”, da cui ha estrapolato storie personaggi e linguaggio, per poi manipolarli e (ri)creare in tutta la sua opera.
I Tarantiniani sono, tra gli altri, Enzo G, Castellari, Tomas Milian, Sergio Leone, Barbara Bouchet, Edwige Fenech, Mario Caiano, Ruggero Deodato, Franco Nero, Fabio Testi, Giuliano Gemma, Riccardo Freda (la lista è lunga!).
Si tratta di artisti coinvolti inconsapevolmente in una vera e propria rivoluzione nel cinema di quegli anni: questo documentario è il racconto corale di quelle storie, reso ancora più divertente ed esilarante dalle battute di Enzo G. Castellari, e dall’accento metà romano e metà ispanofono di Tomas Milian.
Kurosawa e Leone
In principio era un film di samurai di Akira Kurosawa che Sergio Leone vide e ne trasse l’ispirazione per raccontare quel tipo di storia in patria; nacque così Per un pugno di dollari, (firmato con lo pseudonimo tutto americano di Bob Robertson).
Alcune immagini di repertorio di Sergio Leone ce lo ricordano mentre racconta di quanto si fosse ispirato anche ad Omero, i cui personaggi sembrano dei veri e propri archetipi del cow-boy.
Al film viene riconosciuta una grandezza dovuta non soltanto al fascino di Clint Eastwood, ma anche ai tempi “rallentati” che Leone impose durante le riprese, in assoluta contraddizione con il resto del cinema di quei tempi che iniziava a velocizzarsi.
Once upon a time lo Spaghetti Western
E’ l’inizio del genere che la critica appellò in maniera dispregiativa come “Spaghetti Western”.
Seguirono Per qualche dollaro in più e Il buono, il brutto e il cattivo e Le pistole non si discutono, di Mario Caiani (presente in sala) prodotto in contemporanea con Per un pugno di dollari.
Sergio Corbucci gira cinque Western prima di dirigere Django e ne affida il ruolo da protagonista a Franco Nero, che aveva già all’attivo collaborazioni con Elio Petri e Luis Buñuel, rivelandosi un attore poliedrico e versatile.
L’avvento del Western consente agli aiuto-registi più bravi di cimentarsi in prima persona dietro la macchina da presa.
Ma il ruolo fondamentale nel film di genere resta senza dubbio quello dell’attore: Franco Nero, Fabio Testi, Giuliano Gemma, George Hilton e Tomas Milian.
Il Poliziesco
Nella prima metà degli anni Settanta il genere Western iniziò a morire; ma il bisogno di violenza del pubblico, necessaria per scaricarsi dalla realtà dura e violenta che si iniziava a respirare in Italia, portò alla nascita del genere “poliziesco”, ribattezzato dalla critica “poliziottesco”.
L’eroe buono non è più il cow-boy ma il poliziotto.
Cambiano i luoghi, le scene si girano, un po’ incoscientemente, per strada, nel traffico di città come Roma e Milano.
Come era accaduto per lo Spaghetti Western, anche il “poliziottesco” è un cinema di consumo, fatto per fare soldi, come dichiara Riccardo Freda in un intervista dell’epoca.
Quello che caratterizza il cinema di “genere” è la grande qualità del lavoro svolto dai professionisti per la creazione degli effetti speciali, non ancora supportati dalla tecnologia digitale.
Carlo Rambaldi, che diventerà il creatore di E.T., collaborò proprio con Freda per gli effetti speciali del film horror Estratto dagli Archivi Segreti della polizia di una capitale europea.
L’Horror
Il genere horror italiano, caratterizzato da cattiveria sangue sadismo (e almeno una doccia di una delle protagoniste) è un “cinema spettacolare, dove gli effetti sono quelli della violenza ma non c’ha nell’animo la violenza”, come sostiene il regista Marcello Avallone.
Un grande apporto all’horror è senza dubbio quello di Dario Argento che dopo il suo primo film L’Uccello dalle piume di cristallo svilupperà uno stile personale, fonte inesauribile di ispirazione per molti cineasti internazionali, Tarantino compreso.
Gli aneddoti
I Tarantinianici regala una ricca ed intensa ora di interviste,“dietro-le-quinte”, aneddoti curiosi (come “mungere” i serpenti, affinchè fossero privati del veleno e resi innocui per girare alcune scene in Cannibal Holocaust di Ruggero Deodato) e di analisi semi-serie sulla storia sociale e culturale degli anni in cui il film di genere si diffuse nel nostro Paese; e prova ad indagare sulle cause che lo hanno ammazzato.
Qualcuno sostiene che è stato il cinema di “qualità”. Oppure la televisione, i comici, la mancanza di investimenti nella tecnologia digitale. Magari tutte insieme.
O forse il fatto che sia stato sottovalutato per troppo tempo in patria?