Anno : 2013
Durata : 102’
Genere : Drammatico
Nazionalità : Italia
Regia : Mirko Locatelli
La dignità della solitudine
Mirko Locatelli è un “costruttore” di emozioni, un artigiano che con il giusto tempo e molta cura cesella le sue opere partendo sempre dal fattore umano. Un lavoro lungo un anno, mesi passati insieme agli attori alla ricerca della direzione giusta così da arrivare sul set pronti e immersi nel ruolo.
Il film affronta il tema della malattia raccontando la storia di un padre, Antonio (uno straordinario Filippo Timi), che si trova da solo a Milano per assistere suo figlio gravemente malato. All’interno dell’ospedale, una specie di realtà alternativa che si regge su ansia, dolore e paura, la sua solitudine si scontra con quella di un adolescente, Jaber (Jaouher Brahim), emigrato dopo la primavera araba e che si trova lì per assistere il suo amico Youssef. I corpi estranei sono loro, due anime che si muovono ed entrano in contatto sotto la flebile luce dei neon, accomunati solo dalla malattia di una persona cara. Non è facile raccontare ciò che accade in un ospedale senza scadere nel banale, nella semplice contemplazione del dolore altrui, ma il regista scava in profondità dentro le emozioni dei protagonisti, i loro volti raccontano un’esperienza che non ha bisogno di parole.
L’esperienza come regista di documentari aiuta Locatelli a mantenere il giusto distacco, non si concede tempi morti, non dilunga le scene inutilmente, e soprattutto mostra con profondo rispetto il pudore dei protagonisti, non la vergogna, ma la volontà con cui difendono e curano i loro sentimenti, le loro paure. Sono tutti eroi i personaggi coinvolti in questa storia, eroi silenziosi che si muovono nell’ombra ma lottano per la sopravvivenza con tenacia, spesso abbandonati e lontani dalle famiglie.
Nel voler trovare per forza un lato negativo possiamo dire che forse i temi trattati sono troppi per una sola pellicola, la malattia, la paternità e l’integrazione sono spesso tematiche che riempiono da sole un film intero, ma si tratta di un esercizio inutile perché non c’è contraddizione o confusione in questo film. I corpi estranei è un’opera riuscita, un elogio delle emozioni più pure che rapisce e convince regalando momenti di vero cinema autoriale.
Emiliano Longobardi