I giovani registi Diego Ayala (24 anni) e Anibal Jofré (25) si presentano in Concorso con Volantin Cortao, opera che fa della vocazione realista il suo punto di forza.
Storia di ribellione giovanile che fermenta ai margini di una Santiago del Cile straniante e violenta, divisa fra un centro moderno e scintillante e una periferia degradata senza apparenti regole da rispettare. In questo scenario si troveranno a vivere i due protagonisti: Paulina (Loreto Velazquez), studentessa che vuole diventare assistente sociale, e un ragazzo “difficile”che conosce nella struttura dove fa il tirocinio, Manuel (René Miranda). Invece di attrarlo nel suo mondo fatto di regole e legalità, Paulina si troverà immersa gradualmente nel duro mondo che ha modellato Manuel. Pur non essendo ben vista dalla gang degli amici di Manuel; “tu sei quella del centro, vieni per fare la spia”, spera di trovare in quel microcosmo la rivincita alla sua mediocrità per uscire dalla routine familiare che ormai pare soffocarla. La litigata con il direttore del centro, che la esclude dal tirocinio per le frequentazioni con Manuel, serve a livello narrativo come detonatore di una violenza a lungo covata e rimastra inespressa (vedere la scena in cui spacca il parabrezza dell’auto del direttore). La sua iniziale voglia di redimere Manuel pare bloccarsi, quando si accorge che sono più le somiglianze che le differenze a unirli. Fino a quando arriverà addirittura a proporre a Manuel di svaligiare una casa dimostrando più sfrontatezza del ragazzo.
La macchina da presa accompagna i due protagonisti, come la teoria del “Pedinamento” di Zavattini insegna, scandendo la loro quotidianità e il loro avvicinamento. La realtà di una città disgregata e in alcune sue parti anarchica è ben resa dai due registi cileni, che dimostrano anche di saper ben armonizzare la sceneggiatura all’interno dell’opera, dando il giusto ritmo ai dialoghi. Anche la musica prevalentemente diegetica ben s’inserisce nella struttura complessiva, come si nota nella scena del tram in cui Manuel canta e suona il bongo.
Una buona opera che ricerca e scava nell’intimità dei personaggi, aiutata da un’interpretazione credibile e spontanea dei giovani attori.