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Festival Internazionale del Film di Roma: “Racconti d’amore” di Elisabetta Sgarbi (CineMaxxi)

Il film, illustrato anche da mirabili primi piani, è percorso da immagini globali nelle quali perdersi per poi ritrovarsi alla fine. La vicenda in realtà non sembra esistere senza il suo contenitore geografico. Tutto è sottomesso al luogo e al suono della voce narrante che a volte prevale a volte soccombe di fronte al commento delle melodie intense e impositive

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il

Anno: 2013

Durata: 75′

Genere: Storico

Nazionalità: Italia

Regia: Elisabetta Sgarbi

Ferrara e le sue lagune: il Po, il Basso Ferrarese, il Polesine, sono luogo delle erbe e del vento, così le racconta Elisabetta Sgarbi.  Il vento e lo spazio creato dalla nebbia, nella sua astratta bidimensionalità, sembrano essere tra i principali protagonisti di queste storie d’amore dilatate nel tempo, a volta solo suggerite e inesauste. Un’opera piena di figure/paesaggi simbolo di una società che non è più, di personaggi oltre il tempo. Ma anche di un luogo che non è più e nel contempo ci sembra di aver vissuto personalmente. Il messaggio della nostalgia arriva chiaro e forte mentre si disfa e si ricrea tra le onde il senso struggente del ricordo. Non è necessario essere originari del delta del fiume per percepirne odori e tremori nello svolgersi della pellicola. La Sgarbi mette alla prova lo spettatore con il gioco della più intima inquietudine mentre la vicenda resta sospesa tra lo scorrere della barca e quello dell’acqua. Il suono o il silenzio sono gli altri elementi che dominano la scena lambendo come un’onda di risacca il messaggio narrato. Solo per ultimi arrivano gli uomini e le donne, spesso avvolti da uno spazio più grande di loro. Piccole figure dominate da sentimenti che non prevalgono sull’eterna immanenza della natura. Allo stesso modo dagli elementi naturali sgorgano segni narrativi che rendono identificabili e decodificati i sentimenti nascosti: un sorriso accennato come un alito di vento, un gesto del capo come uno stormire di fronde, la mutevolezza dell’acqua, come il tormento inascoltato dell’amore non corrisposto.

Il film, illustrato anche da mirabili primi piani, è percorso da immagini globali nelle quali perdersi per poi ritrovarsi alla fine. La vicenda in realtà non sembra esistere senza il suo contenitore geografico. Tutto è sottomesso al luogo e al suono della voce narrante che a volte prevale a volte soccombe di fronte al commento delle melodie intense e impositive. Assistiamo alla creazione di uno spazio fortemente letterario e nel contempo panicamente fisico. La regista non fa concessioni a scontati effetti ridondanti; sceglie inoltre la via, non semplice, del silenzio degli attori. Una regia minimale e rigorosa, non banalmente minimalista, raccolta intorno a una vicenda cruda: l’eccidio del Castello di Ferrara del dicembre del ’43 e la Resistenza. Ma lo spunto tragico, che aleggia sulle vicende, non prevale sulle storie narrate, che con levigata eleganza la regista romana propone.

Franco Battiato cura le musiche, anch’esse protagoniste, e a volte e prime attrici, del racconto. I temi musicali declinati con reiterata veemenza vivono un rapporto che sembra addirittura conflittuale con le parole dei testi letterari, in particolare con quello di Giorgio Bassani su Micol Finzi Contini. Una diafana figura che non smette di dirigersi verso la sua ultima dimora, ma senza disperazione, anzi, con quella dolce ineluttabilità di chi è conscio del suo destino segnato. Un fantasma di un’epoca altra che non consegna più donne alla storia. Un’altra chiave di lettura dell’opera è quella dell’“andare”, del dirigersi in luoghi altri da sè. Verso il futuro o verso la morte.  I personaggi della Sgarbi camminano sempre come in un un loup che non smette ripetersi. Questo è il caso di Micol, ma anche del Pescatore di Pila, l’ultima delle quattro storie, dove il protagonista, un uomo inquieto e solitario, non smette di andare in direzione opposta a quella della donna dei suoi sogni. L’opera è in concorso nella sezione CinemaXXI. Tra gli interpreti: Toni Servillo, Laura Morante, Tony Laudadio, Elena Radonicich, Rosalinda Celentano e Michela Cescon. Per le narrazioni le voci misurate e mai sopra le righe di Sergio Claudio Perroni, Fausta Garavini, Tony Laudadio.

Alessandra Cesselon

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