Regista dall’amore per il cinema horror e cannibal italiano, concretizzato in un approfondimento dei B-movie di genere degli anni ’70, Eli Roth riprende e ‘aggiorna’ a distanza di 33 anni il cult violento e politico di Ruggero Deodato, Cannibal Holocaust.
Il film del 1980 , che torna al cinema, era una presa di posizione diretta e senza edulcoranti contro le barbarie della cultura occidentale moderna, additata nell’era della comunicazione mediatica come la vera culla dell’inciviltà a dispetto delle realtà tribali accusate di scempi crudeli e di ‘un’accettabile giustizia primitiva’. Cannibal Holocaust era diviso in due momenti intitolati The Last Road to Hell – sul professore partito per il Brasile alla ricerca di una troupe televisiva scomparsa – e The Green Inferno – ambientato a New York dove il professore visiona il materiale girato dai quattro dispersi.
Eli Roth riprende il titolo della seconda parte del film del maestro italiano, la più feroce e disumana, e gira il suo Inferno ambientato ai giorni nostri. Molti i punti di critica alla nostra contemporaneità: innanzitutto la manipolazione dell’informazione aggiornata all’era dello smart phone, di you tube e dei social media, virali per definizione, incerti nella veridicità dell’informazione, l’idea (americana) di una giustezza socio-culturale tale da legittimare l’imposizione del proprio modus vivendi per ‘civilizzare i Paesi incivili’ (Gaber definì brillantemente l’America come ‘portatrice sana di democrazia’), la sottile linea di confine tra politica, organizzazioni umanitarie e mafie locali/internazionali. Insomma, The Green Inferno è un update in chiave splatter dove l’esasperazione si – e ci – allontana dal reale finendo con lo scongiurare l’eventualità di uno snuff movie e con l’ammazzare senza troppi sensi di colpa quell’illusione di verità propriamente cinematografica. L’esagerazione della crudeltà, con quel tocco di sadismo posticcio e una violenza alleggerita della tortura psicologica decisa, finisce col rassicurarci sulla certezza della finzione, esorcizza il rischio di un’immedesimazione pericolosa, tuttavia fomenta a dismisura il disgusto.
Né buoni e né cattivi
Non ci sono buoni e cattivi nella soluzione di Roth, il più fervido idealista è pronto a vendersi per un click in più e, a sua volta, la vergine vittima sacrificale punisce senza pietà il traditore della causa. A parte queste scaramucce tra matricole e una sorta di denuncia all’ossessione tipica della nostra generazione per il web visto come mezzo di comunicazione – ed esibizionismo – per eccellenza, il film manca proprio dell’elemento centrale, di quella connotazione di critica politico-sociale solida e convincente, mentre chiara è l’intenzione di Roth di aspirare proprio a questo. La tribù di cannibali sembra effettivamente basata su un ordine primordiale inaccettabile e senza morale (e non perché per essere tale debba essere necessariamente conforme al nostro), la santona-capo tribù invece di terrorizzarci con i suoi metodi ci strappa un sorriso per il look, il processo di maturazione della protagonista è inverosimile quanto il look della santona, parte dalla posizione dell’ingenua idealista per conquistare nel corso della storia lo status dell’aguzzina vendicativa. Sicuramente palpabile è la volontà di girare un horror-cannibal di denuncia politica, proprio come ai vecchi tempi, e a tal proposito comprendiamo e ci assoggettiamo allo spreco di sangue e violenza, alla perfidia umana a tutti i livelli ed età, all’intrigo e al twist. Tuttavia tutto ha un limite, se non altro estetico, pertanto la nostra volontà di credere è messa a dura prova dalla messa in scena e in gioco tra loro dei sopracitati elementi, tradotti in forma di tributo-update che si risolve in una sgradevole e formale accozzaglia dal blando contenuto oscurato dall’urgenza incontrollata di mostrare un orrido fine a se stesso.
The Green Inferno – Apple TV (IT)