Anno: 2013
Distribuzione: Microcinema
Durata: 113′
Genere: Poliziotteco/Commedia
Nazionalità: Italia
Regia: Manetti bros
Data di uscita: 17 Aprile 2014
Reduce dalla visione de L’amministratore di Vincenzo Marra, m’imbatto in questo Song’e Napule dei Manetti bros, e, quindi, il tema della napoletanità ritorna al centro dell’attenzione, ma, evidentemente, da una prospettiva diversa. Premetto di non conoscere il cinema precedente dei due fratelli romani, ma la sensazione è che mi troverò davanti a un’opera fresca, simpatica. E in effetti il film conferma questa aspettativa, mettendo in scena una storia malavitosa/poliziottesca in cui s’innesta una buona dose di comicità, riproponendo quel filone anni settanta che tanto successo raccolse presso il pubblico.
Bravi gli attori, soprattutto ‘il questore’ Carlo Buccirosso, esilarante nel ruolo di burocrate di stato, avvezzo ad assumere nuovo personale su segnalazione e raccomandazione di un famigerato ‘assessore’, e Paolo Sassanelli, ruvido e anch’esso comico, nel ruolo del commissario Cammarota, artefice del piano per far infiltrare il cadetto Paco Stillo/Pino Dinamite (Alessandro Roja) nella villa bunker del boss Scornaienco/Mazza di Ferro e fotografare l’uomo senza volto, detto o’ fantasma, interpretato da Peppe Servillo.
Anche qui, in un certo senso, viene mostrata la napoletanità, ma quella ‘bastarda’, che ha fuso la cultura melodica tipica partenopea con il business discografico, e il sottoprodotto di questa operazione è il proliferare di una serie di cantanti da festa di paese e matrimoni: Lollo Love (Giampaolo Morelli) è “l’artista” con cui collabora Paco Stillo per penetrare al matrimonio della figlia del boss, e portare a termine la sua missione.
Da segnalare la sequenza dell’inseguimento in auto, in cui, per l’occasione, viene rispolverata una vera Alfa Romeo Giulia, per omaggiare il cinema di genere con un trionfale epilogo.
Il successo cafone del cantante neomelodico Lollo Love mi ha ricordato un po’ le atmosfere di Reality di Garrone, laddove il protagonista, Luciano, inseguiva il sogno, altrettanto cafone, di partecipare a un reality show per acquisire notorietà e ricchezza. E’ chiaro che nel film dei Manetti non c’è nessun tipo d’indagine, viene mostrata una realtà ormai radicata, tra l’altro con grandissima ironia, eppure anche se imbastardita la napoletanità fa sempre la differenza, e l’umorismo che si viene a creare è il sintomo di una specificità che nessuna colonizzazione può definitivamente estirpare.
Luca Biscontini