Connect with us

Approfondimenti

‘Black Mirror 7’: quando il presente supera la distopia

Torna la serie cult made in UK, espressione visionaria di un creativio apocalittico (Charlie Brooker), forse troppo ottimista

Pubblicato

il

Questa settima stagione di Black Mirror non solo prosegue il suo viaggio nell’angoscia tecnologica, ma lo fa scavando dentro il passato della serie stessa, attingendo a piene mani anche a riferimenti cinematografici più “alti”.

Una stagione cinefile

Sequel, prequel, rimandi cinefile neanche troppo nascosti: da La Rosa Purpurea del Cairo (Woody Allen, 1985) a Matrix (Lana e Lilly Wachowski, 1999), passando per “USS Callister“, l’episodio di apertura della quarta stagione (del 2017) della stessa serie, Charlie Brooker è ancora capace di riprendere in mano il suo stesso universo, ma — è indubbio — ha perso parte del suo smalto. O forse è il mondo attorno che ha superato l’orrore possibile? Dobbiamo ammettere con rammarico che le avanguardie tecnologiche in atto nel 2025 ci portano a vivere (e documentare) derive ancora più drammatiche del tecnologico mostro mutante protagonista di Black Mirror. Del resto, è proprio questo il destino del genere distopico: essere prima o dopo doppiato dalla realtà.

Black Mirror perde il primato della predizione

In un mondo dove è la tecnologia della guerra a elaborare dispositivi sovrumani capaci di produrre -e mostrare- l’orrore come mai prima, la realtà di Black Mirror appare oggi opaca, priva di stupore. Resta l’abilità narrativa, la fantasia, il talento di troupe e attori, che possono ancora dare il meglio di sé in almeno tre episodi. In questi casi gli episodi autoconclusivi di una serie antologica ormai cult riescono a conservare quel necessario margine evocativo capace di andare oltre il semplice esercizio narrativo. E non a caso sono i tre episodi più filosofici, quelli capaci di mettere in campo temi che riguardano la tecnologia non solo nella sua dimensione spettacolare, ma in quella che struttura e destruttura il nostro modo di percepire il reale.

Black Mirror ancora una riflessione etica

In un’epoca in cui l’immagine non è più solo rappresentazione ma materia viva, Black Mirror affonda il suo sguardo proprio là dove la filosofia aveva già acceso segnali d’allarme. Walter Benjamin, ne L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, mostrava come la riproduzione meccanica, sottraendo l’opera d’arte alla sua unicità rituale, producesse una frattura irreversibile: l’opera perdeva la sua aura e si faceva accessibile, manipolabile, replicabile all’infinito.

In Black Mirror ciò che perde la sua aura è la vista stessa: non solo vediamo il mondo, ma lo ricreiamo in laboratorio, in ogni angolo delle nostre vite. La settima stagione sembra nascere proprio da questo incrocio: immagini che non custodiscono più la memoria, ma la ricreano; tecnologie che non riproducono il reale, ma lo reinventano, lo spezzano, lo moltiplicano in scenari di perdita, illusione e sopraffazione.

Gli assi tematici: la rielaborazione del lutto e la duplicazione ludica della realtà

Gilles Deleuze, decenni dopo, spostava il discorso dal terreno della perdita a quello della metamorfosi: nel cinema moderno, l’immagine si emancipa dall’azione e dal tempo lineare, diventando tempo puro, tensione, sguardo che si piega su se stesso.

In questa particolare e sofisticata forma di serialità televisiva, il racconto fluisce in egual misura, se volgiamo, anelando all’unicità dell’opera cinematografica; ma in questa stagione tocca alti livelli solo in rare occasioni, e ne parleremo tra poco.

Accanto a questo nucleo filosofico, emergono due grandi assi tematici: l’elaborazione del lutto e la duplicazione ludica della realtà, una duplicazione che rischia di fagocitare la matrice originaria, trasformandosi da semplice intrattenimento ad epilogo drammatico, con conseguenze possibili nella vita stessa. Ma attenzione, nella scatola cinese di Black Mirror il patto narrativo è che siamo comunque dentro la finzione, anche quando ci illudiamo di vedere la realtà.. Fil rouge di quasi tutti gli episodi è il finale aperto, e questa scelta si dimostra confortante e coerente con i migliori episodi della serie: lasciare aperto il piano narrativo permette allo spettatore di elaborare possibili scenari, e agli sceneggiatori di lasciare spiragli per futuri sviluppi.

I tre migliori episodi della settima stagione

Prima di elencare i dati tecnici e tematici dei singoli episodi, abbozziamo come promesso una piccola classifica.

Ecco i tre episodi da mettere sul podio per idea, talento attoriale e messa in scena:

  • Al primo posto, Eulogy.

L’episodio incarna a pieno uno dei più diffusi desideri della generazione Z (la stessa del protagonista): riuscire a entrare all’interno di una foto analogica e tornare indietro nel tempo, a quell’istante perduto ma incorniciato per sempre.

Qui l’espediente narrativo è funzionale alla riappropriazione della realtà che però, paradossalmente, è passata. Philip, uomo solitario, utilizza una tecnologia che permette di entrare fisicamente nelle fotografie del passato, rivivendo una relazione perduta e affrontando emozioni sepolte ma che appare necessario rielaborare. Ma non lo fa di sua iniziativa (come viene riportato erroneamente da molta critica): è spinto da un nuovissimo servizio di onoranze funebri futuriste, che offrono percorsi di lutto collettivo da rielaborare attraverso un piccolissimo dispositivo da applicare alla fronte.

Peccato che l’episodio si fermi poco prima che le diverse memorie si uniscano nella ricostruzione del passato della defunta: ottimo spunto per un possibile sequel.

Durata: 46 minuti; Sceneggiatura: Charlie Brooker & Ella Road; Regia: Chris Barrett & Luke Taylor; Cast principale: Paul Giamatti, Patsy Ferran.

  • Al secondo posto, Plaything.

L’episodio esplora la fusione tra coscienza umana e intelligenza artificiale.

Cameron, ossessionato dal videogioco anni ’90 “Thronglets”, si fonde con le creature digitali allevate per anni, scatenando un segnale che rende l’umanità incosciente.

Riuscirà a controllare anche gli esseri umani, come faceva con i piccoli “trogloditi” digitali?

E soprattutto: che fine farà la violenza che lo aveva portato, trent’anni prima, a distruggere chi aveva minacciato i suoi personaggi? L’episodio rivela la cecità del sistema di sicurezza, incapace di trovare i colpevoli al momento giusto e incapace di decifrare i messaggi inquietanti di possibili colpevoli. Un’altalena etica tra giusto e sbagliato, legale e illegale che apre scenari di riflessione profondi, sempre nelle crepe dell’algoritmo.

Durata: 45 minuti; Sceneggiatura: Charlie Brooker; Regia: David Slade; Cast principale: Peter Capaldi, Lewis Gribben, Will Poulter.

  • Al terzo posto, Common People.

Questo episodio, che richiama in chiave distopica le atmosfere di Ken Loach, racconta il destino della “gente comune” destinata a usufruire solo del profilo base dell’offerta digitale. Di una “qualunque offerta”, anche quella potenzialmente salvavita.

Amanda, insegnante colpita da un tumore cerebrale, viene salvata grazie a un impianto cerebrale supportato da un abbonamento a pagamento. Il marito Mike, che la ama di un amore puro, gratuito, totale (di come se ne racconta ormai raramente) si sottopone a umiliazioni online per finanziare il servizio, ma la situazione degenera quando Amanda inizia a comportarsi in modo meccanico a causa delle limitazioni del piano base.

black mirror

Il prezzo? Perdere completamente la dignità o farsi tramite di messaggi pubblicitari.

Ai due estremi due estreme derive dell’umano.

E questo, citando un bell’articolo di Juan Carlo Saloz, è uno degli episodi più inquietanti in cui il pericolo

non è nella tecnologia in sé, ma nel sistema che la circonda. Common People si propone come una meravigliosa critica al modello di consumo di massa, al capitalismo degli abbonamenti e al modo in cui la vita – e la morte – possono essere monetizzate con sorprendente facilità nella nostra vita quotidiana

Durata: 56 minuti; Sceneggiatura: Charlie Brooker, Charlie Brooker & Bisha K. Ali (storia); Regia: Ally Pankiw; Cast principale: Chris O’Dowd, Rashida Jones, Tracee Ellis Ross.

Seguono, in ordine sparso:

  • Bête Noire

Maria, dirigente in un’azienda dolciaria, vede la sua realtà alterarsi quando una ex compagna di scuola, Verity, si unisce al team. Solo Maria sembra notare comportamenti inquietanti, portandola a dubitare della propria sanità mentale. E’ un episodio di quelli in cui la tecnologia devastante non è al servizio del sistema, ma di una mente perversa, “sociopatica”. L’episodio si regge su una dinamica inquietante ed emotiva: quella del risentimento, dell’odio che possono portare al desiderio di vendetta. Se la tecnologia fosse messa al servizio dei sentimenti più bassi, come si evolverebbe il mondo? Il presupposto necessario dunque, come in Playtime, è che il protagonista abbia una particolare destrezza nell’uso (abuso) del digitale. L’episodio esplora temi come l’ossessione tecnologica, la fusione tra umano e digitale, le implicazioni etiche dell’intelligenza artificiale e, questa volta, le conseguenze psicologiche di un trauma.

Durata: 49 minuti; Sceneggiatura: Charlie Brooker; Regia: Toby Haynes; Cast principale: Siena Kelly, Rosy McEwen.

  • Hotel Reverie

Brandy Friday, attrice hollywoodiana, viene inserita in un remake immersivo di un film vintage.

All’interno della simulazione, sviluppa una relazione con Clara, un personaggio digitale, mettendo in discussione la natura dell’intimità e della realtà.

Durata: 1 ora e 16 minuti; Sceneggiatura: Charlie Brooker; Regia: Haolu Wang; Cast principale: Issa Rae, Emma Corrin, Awkwafina.

  • USS Callister: Into Infinity

Dopo la morte di Robert Daly, l’equipaggio della USS Callister, guidato da Nanette Cole, si trova intrappolato in un universo virtuale infinito, combattendo per la sopravvivenza contro milioni di giocatori.

Durata: 1 ora e 28 minuti; Sceneggiatura: Charlie Brooker, Bisha K. Ali, William Bridges, Bekka Bowling; Regia: Toby Haynes; Cast principale: Cristin Milioti, Jimmi Simpson, Billy Magnussen.

Conclusioni

Black Mirror 7° stagione  è uno specchio che non deforma più il futuro: lo riflette, incrinato. Al tono disturbante che segnava gli episodi migliori delle stagioni precedenti si aggiunge ora una malinconia inattesa, quella di un futuro che è già attuale. Resta uno spazio fragile e prezioso: quello della visione. Un luogo dove l’incubo non è ancora del tutto compiuto, ma vibra, si frantuma, ci racconta e ci suggerisce di non abbassare la guardia sulla deriva di questo nostro presente. Un presente che, spesso, è persino più spaventoso di quello che la serie aveva osato immaginare.

Curiosità

Sì, nei due episodi della settima stagione di Black Mirror, “Eulogy” e “Hotel Reverie”, vengono utilizzati dispositivi tecnologici distinti per accedere a realtà virtuali, sebbene entrambi si colleghino alla tempia dell’utente.​ In “Eulogy”, il protagonista Phillip utilizza un dispositivo fornito dalla compagnia tecnologica Eulogy, che si applica alla tempia e consente di entrare fisicamente nelle fotografie del passato. Questo apparecchio permette di rivivere momenti significativi della sua relazione con Carol, la defunta. Il dispositivo è parte di un kit inviato a Phillip per contribuire a creare un memoriale immersivo costituito dalla memoria collettiva.

L'immagine mostra l'effetto del sistema digitale capace di dialogare con la coscienza umana black  mirror

Un dettaglio del sito TCKR

In “Hotel Reverie”, l’attrice Brandy Friday partecipa a un progetto cinematografico innovativo gestito dalla compagnia Redream. Qui, viene utilizzata una tecnologia chiamata “Nubbin”, un dispositivo che si collega alla tempia e trasferisce la coscienza dell’attore direttamente all’interno di un film classico, permettendole di interagire con personaggi e ambientazioni in un ambiente virtuale immersivo. Sebbene siano immaginate come tecnologie distinte sviluppate da compagnie diverse all’interno dell’universo di Black Mirror entrambi i dispositivi hanno lo stesso aspetto, si collegano alla tempia nello stesso modo e provocano la stessa “sospensione di coscienza” nei personaggi. Un segno stilistico raffinato che permette di legare produttivamente e visivamente i due racconti, rivelando la coscienza di un progetto narrativo unico e sodale che rimanda, tra l’altro ad altri episodi, come il bellissimo “Striking Vipers” (primo episodio della quinta stagione, 2019)

Se ti interessa approfondire come questo elemento visivo sia divenuto gadget, clicca qui.

Black Mirror

  • Anno: 2025
  • Distribuzione: Netflix
  • Genere: fantascienza distopica
  • Nazionalita: Regno Unito
  • Regia: varie
  • Data di uscita: 10-April-2025