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Largo agli Outsiders: Un elogio a metà di ‘Non qui, non ora, non io’

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Il cortometraggio di Lillo Venezia Non qui, non ora, non io offre un ritratto crudo e fragile di due individui spinti ai margini. Il film, prodotto da Babau Studio, è stato presentato al Festival Internazionale del Cortometraggio “I Corti sul Lettino – Cinema e Psicoanalisi”, una categoria appropriata al corto.

Giorgio e Marta non sono personaggi facili da amare: Giorgio (Giulio Cervi Germano) è irritante, spesso volgare e sessualmente esplicito, mentre Marta (Flavia Comi), convivendo con la sindrome di Tourette, si muove in un mondo che raramente le concede dignità o comprensione.

Eppure, in qualche modo, tra il rumore e l’incomprensione del mondo esterno, questi due pezzi spezzati si incastrano. Quando si incontrano per la prima volta, scocca una scintilla, non di romanticismo in senso convenzionale, ma di riconoscimento. È imbarazzante, divertente e inaspettatamente genuino. Questo momento è uno dei punti salienti del film, catturando una breve chiarezza in una storia altrimenti frammentata.

Effetti visivi potenti, narrazione fragile

Visivamente, il film è sorprendente. La fotografia di Gianpiero Puricella conferisce una bellezza inaspettata anche agli spazi più banali. La palette di colori, l’illuminazione e l’inquadratura spesso raccontano più della sceneggiatura stessa. Le scene si soffermano con una voluta immobilità, lasciando che il silenzio e l’imbarazzo tra i personaggi parlino da soli.

C’è un ritmo poetico nel modo in cui la macchina da presa cattura i tic di Marta o l’energia irrequieta di Giorgio, sottolineando il loro caos interiore senza trasformarlo in spettacolo. È un’esperienza visivamente ricca, che fa percepire allo spettatore più di quanto gli venga detto.

Personaggi che non si realizzano

Nonostante una forte narrazione visiva e due personaggi centrali complessi e umani, il film inciampa quando si tratta di sviluppare appieno il suo nucleo emotivo. Giorgio e Marta sono disegnati con abbastanza cura, ma gli altri nella loro orbita sembrano ombre: figure introdotte e scartate senza il tempo sufficiente per svilupparsi o stabilizzarsi nella narrazione, nonostante siano interpretati da attori conosciuti al grande pubblico come Lino Guanciale ed Eleonora Giovanardi.

Non è chiaro se servano a funzioni simboliche o a spunti narrativi, e questa mancanza di profondità crea una disconnessione. Il risultato è un film in cui il pubblico è coinvolto nel momento, ma fatica a rimanere emotivamente ancorato.

Un finale frustrante

Mentre Non qui, non ora, non io brilla nella sua autenticità iniziale, vacilla nella conclusione. Il finale si abbandona all’ambiguità, ma non in un modo che sembri meritato. Invece di invitare all’interpretazione, rischia di risultare vago in nome del mistero.

Dopo aver investito nella lotta di Giorgio e Marta per trovare una parvenza di connessione in un mondo ostile, la mancanza di una conclusione sembra più un’evasione che una scelta artistica deliberata. È una nota frustrante con cui concludere, soprattutto dopo momenti di così radicata sincerità.

Bello ma incompleto

Il cortometraggio di Venezia è ricco di potenziale ed è chiaramente realizzato con empatia e maestria. Giorgio e Marta sono avvincenti, confusi e reali: un ritratto raro di persone con problemi di salute mentale, non come metafore o ispirazione, ma come individui imperfetti che cercano di dare un senso al loro posto nel mondo.

La forza estetica del film sostiene gran parte del suo peso emotivo, ma la sceneggiatura non sempre è coerente. Con un ritmo migliore e una maggiore attenzione ai personaggi, questa avrebbe potuto essere un’opera pienamente risonante. Allo stato attuale, Non qui, non ora, non io è un ritratto bellissimo ma incompleto, che vale la pena guardare, anche se lascia con la voglia di altro.

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