La gazza ladra (La pie voleuse) di Robert Guédiguian esce in sala a un anno di distanza dal film E la festa continua, che era già stata, davvero, una carezza al cuore, ancor più delle sue narrazioni precedenti. Guédiguian questa volta torna inaspettatamente presto; insieme a lui, come sempre, Ariane Ascaride, Jean-Pierre Darroussin e Gérard Meylan. A rinnovare le emozioni e restituirci ciò che tempo fa avevamo già definito l’incanto del quotidiano.
La gazza ladra: Ariane Ascaride in una nuova storia
Tanti i ruoli femminili di Ariane Ascaride, tutti allo stesso modo convincenti. Ora è Maria, badante marsigliese che sa regalare ai suoi assistiti tempo, attenzioni, sorrisi. Faceva l’operaia prima, ma la fabbrica ha chiuso e non può affidarsi alla misera pensione del marito (Gérard Meylan), che lui consuma nel vizio del gioco. Così, con nonchalance, tra un’espressione furbetta e una innocente, fa la cresta sulla spesa degli anziani, falsifica le firme, sottrae quotidianamente alcune banconote. Per qualche sfizio personale, ma soprattutto per mantenere il noleggio del pianoforte e le lezioni private al nipote, al quale (cuore di nonna) riconosce un talento fuori dal comune.
Dopo la desolazione di Gloria Mundis e l’intensa promessa del futuro nel penultimo film, ci ritroviamo felicemente immersi nell’atmosfera marsigliese del quartiere tanto caro al regista, l’Estaque, con i colori, le luci, i cortili, i terrazzi, le discese strette che portano al mare.
Jean-Pierre Darroussin è un personaggio che ama perdersi nella lettura o nella vista del mare, come in E la festa continua mentre Ariane Ascaride, piena di aspettative, lo osserva compiaciuta. É invece a dir poco sconfortato lo sguardo dei tre personaggi ne La casa sul mare (La villa del 2017). Ma il mare, quasi assente in Gloria Mundi, unica narrazione cupa nella filmografia di Guédiguian, è sempre uno sfondo che consola o, in qualche piccolo scorcio, si fa spiraglio di possibili aperture.
La dimensione collettiva e quella privata
Guédiguian torna ancora a parlarci del proletariato marsigliese, che questa volta, nel caso di Maria, non si accontenta di pagare il mutuo della casa con un bel terrazzo e una piccola, modestissima, piscina. Vorrebbe, perché no, vivere anche qualche piacere quotidiano. Bella la scena in cui Ariane Ascaride mette a tavola le ostriche solo per sé; la voluttà con cui spreme il limone e le gusta a una a una, guardando un video di musica classica al cellulare. Ama la musica, Maria, e cosa c’è di male se vuole pagare il pianoforte e le lezioni al nipote! Ruba? Non è un esproprio proletario rabbioso, il suo, ma un gesto senza malizia, in cambio delle premure sincere per le persone derubate, che non possono fare a meno di lei. Né lei di loro.
Nella resa dell’affetto tra le persone, però, ora Guédiguian sceglie momenti meno collettivi, meno conviviali. La famiglia di Maria è ridotta a cinque persone. Non più i gruppi numerosi a tavola o in riva al mare. Si è detto che Le nevi del Kilimanjaro è stato il film con più barbecue della storia del cinema. Ora, i rapporti sono decisamente più privati. La festa, che era presente anche nel titolo del suo penultimo film, ora non c’è più e se ne sente la mancanza.
Gli anziani e i giovani
Una volta Guédiguian ha detto che i personaggi invecchiano insieme a lui e in effetti è riservata a loro tutta la benevolenza che commuove. I giovani, invece, ritratti in Gloria Mundi come gelosi, invidiosi e rivendicativi, e ne La festa continua, in un’armonia finalmente raggiunta con i genitori, ne La gazza ladra sembrano ancora una volta più spaesati e sprovveduti, mentre per i coetanei del regista, anche un gesto come il furto è visto senza colpa e il perdono ha il sapore dell’autenticità.
La povera gente
Non è un caso che possiamo ascoltare il racconto di Victor Hugo, La povera gente, proprio dalla voce di Jean-Pierre Darroussin, protagonista con Ariane Ascaride de Le nevi del Kilimangiaro, il film che ripete la storia ottocentesca in chiave moderna. Guédiguian cita Victor Hugo e cita se stesso, riproponendo quella lezione morale di cui gli anziani sono capaci con estrema naturalezza, insieme alle intese profonde e ai sentimenti buoni. Ci dispiace che il valore della solidarietà, dopo la parentesi de E la festa continua, torni privilegio della vecchia generazione, mentre la nuova rimane paralizzata tra bisogni materiali o passioni che disorientano.
Tuttavia, ancora un film luminoso, che ci fa uscire dalla sala con il sorriso. Speriamo però che nel prossimo lavoro Guédiguian dia più spazio ai giovani, rendendoli protagonisti, e che la realtà gli dia spunti validi per storie edificanti anche su di loro, azzerando i residui di sconforto che tanto ci hanno fatto soffrire in Gloria Mundi.