Coproduzione irlandese-olandese-britannica, il film-verità A want in her (2024) è stato selezionato al Pordenone Docs Fest 2025. In esso la giovane Myrid Carten racconta come l’alcolismo di sua madre influisca sulla vita propria e sull’esistenza dell’intera famiglia.
Esorcizzare l’assenza
Il lungometraggio comincia con una breve inquadratura fissa emblematica: il primo piano di una panchina dove non è seduto nessuno. Si vede un viavai continuo di gente che cammina indifferentemente davanti e dietro la panchina, mentre la voce off della regista comunica (forse parlando a telefono con un parente) di aver avvistato sua madre seduta nel centro di Belfast con la testa coperta e una bottiglia di vino in mano.
Gli occhi di chi guarda il film sono spinti a cercare questa donna, eppure non la trovano. Arriva così l’immedesimazione con la situazione disperatamente resistente di una figlia che non vuole rinunciare a cercare la propria genitrice, pur sapendola persa nell’altrove della dipendenza.
Solo più tardi nel film, dopo gli sforzi di mamma e figlia per esorcizzare la reciproca assenza e riannodare le esistenze, arriveranno anche le immagini di quella donna seduta sulla panchina, proprio come era stata descritta. E la regista troverà il coraggio di dire alla madre che quel giorno l’aveva riconosciuta dagli stivaletti coi tacchi ma, invece di avvicinarsi a lei, si era limitata a riprenderla con la telecamera.
In quel momento una storia intima aveva cominciato a diventare film. Davanti e dietro all’obiettivo, Carten ha messo dolorosamente a fuoco sé stessa insieme al suo affetto più caro, quasi la telecamera fosse l’unico mezzo a disposizione per cercare di rientrare in connessione con la madre.
Il rispetto innanzitutto
A want in her è un film difficile da vedere. Volutamente, la macchina a spalla della regista effettua delle riprese instabili e intermittenti per descrivere la fragilità e l’assenza di una mente alle prese con la dipendenza.
Ma una delle prime cose che Myrid Carten tiene a sottolineare è il rispetto per le persone che vengono riprese. Ogni volta che qualcuno le chiede di spegnere la telecamera o si mostra riluttante ad essere filmato, il film discretamente si interrompe. Le persone sono più importanti del film, anzi il film ha senso solo se è al servizio delle persone.
Sua madre ha il viso illuminato dagli occhi azzurri ed è vestita sempre con cura, nonostante i fumi dell’alcol e delle sigarette. Le fa piacere che la figlia realizzi un film su di lei e forse lo scopo di Carten è proprio questo, far star bene sua madre.
Paesaggi irlandesi
La dimora familiare è circondata dalla campagna, ma il cielo è blu solo quando si vede la regista bambina con tutta la vita davanti. Nel resto del film i paesaggi della “verde Irlanda” sono sovrastati da un cielo plumbeo e i colori dominanti sono grigio e marrone.
La dipendenza e l’instabilità mentale minacciano di distruggere le relazioni familiari fino alla scena culminante in cui le ruspe demoliscono una parte della casa. Ma a fare da contraltare ci sono le inquadrature con Carten alla postazione di montaggio del film.
Demolizione e costruzione, non sveliamo qui chi nel film avrà la meglio.