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Rendez-Vous Festival del Nuovo cinema francese

Intervista a Laura Piani: Jane Austen e i cuori infranti

'Penso che il film alla fine è un viaggio psicoanalitico. É impossibile scrivere o vivere se non fai un viaggio personale costellato di fallimenti'

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Jane Austen a gaché ma vie, presentato in anteprima al festival di cinema francese Rendez-vous, è il film di esordio della regista e sceneggiatrice francese Laura Piani. La protagonista, Agathe (Camille Rutherford), è una romantica, goffa e acuta libraria e aspirante scrittrice parigina. Ha la sindrome dell’impostore e non riesce ad aprirsi emotivamente. Jane Austen è il suo faro; in una residenza di scrittori in Inghilterra cercherà il suo posto nel mondo e forse troverà l’amore. Un punto di riferimento per la regista sono stati i film di James Ivory per la loro elegante malinconia e le commedie romantiche inglesi degli anni ’90.

Abbiamo avuto il piacere di intervistare Laura Piani.

Agathe

Agathe, la protagonista del tuo film, nella sequenza di apertura balla libera tra gli scaffali della libreria Shakespeare and Company, sulle note di Cry to me di Bert Russel. Quanto pensi che le nostre passioni ci rendano persone libere?

La prima scena è importantissima perché sottolinea il legame tra Agathe e la letteratura e ci dice che la nostra protagonista è capace di ballare liberamente soltanto quando è sola in mezzo ai suoi libri; ci fa capire subito che la libreria è il suo rifugio. La canzone è una citazione di Dirty Dancing e sottolinea il riferimento al genere della commedia romantica. Mi piace anche che il personaggio sia malinconico perché, nonostante si senta completamente libera, non sa bene cosa farsene di questa libertà.

Come per Agathe con Jane Austen, c’è un autore che in qualche modo ti ha “rovinato la vita”?

Il titolo del film con la sua ironia suggerisce che non c’è nessuno che veramente può rovinarci la vita; ci riusciamo benissimo anche da soli. È un titolo che fa riflettere anche sul ruolo di Jane Austen, una scrittrice che è vissuta duecentocinquanta anni fa e che ha plasmato ideali romantici che sono ancora attuali. Ci fa chiedere quale sia il ruolo del romanticismo nella nostra società. Un autore che mi ha ossessionata per molto tempo è Ingmar Bergman, in particolare il suo Scene da un matrimonio. La sua è stata una presenza perturbante e destabilizzante per tutta la mia vita.

Jane Austen a gache a vie

Il punto di incontro tra Jane Austen e Agathe è una residenza di scrittura in Inghilterra. In che modo l’hai ideata?

Quello che ho cercato di fare realizzando questo film è stata più che una commedia romantica una commedia malinconica, ispirata ai film inglesi di James Ivory. Volevo parlare del tempo che passa, del lutto e sono andata a Chawton, dove Jane Austen ha vissuto nella parte finale della sua vita insieme a sua sorella. Ho trovato questo luogo che è stato trasformato in una residenza per scrittori e quella che vediamo nel film è una mescolanza dei luoghi che ho visitato. Si tratta di un luogo che si presta alla commedia, un posto in cui ci sono tutte le condizioni ideali per scrivere, ma nessuno scrittore riesce a scrivere nulla.

A un certo punto, nel finale del film, compare il regista Frederick Wiseman, che in Ex libris, rende omaggio anche lui al mondo della lettura. Qui declama una poesia che invita alla scrittura. Qual è la storia dietro il vostro incontro?

La poesia che viene declamata da Frederick Wiseman è molto importante nel film, un regalo che ho voluto fare agli spettatori.  Si tratta di una poesia che ho scoperto lavorando nella libreria Shakespeare and Company, Pathos di Jack Hirschman. Parla dei cuori infranti e dell’arte della scrittura.

Non è necessario riparare un cuore infranto, anzi forse bisogna romperlo ancora di più

Avrei voluto che fosse lo stesso poeta a declamare la sua poesia, ma è venuto a mancare poco prima delle riprese. Frederick Wiseman è un mio amico, siamo diventati anche vicini di casa e si è sempre interessato al mio lavoro. Così, mentre cercavo una soluzione, mi ha chiesto: Perché non io?

 

A un certo punto la protagonista afferma: “I found my ruins”, accettando l’idea di poter fallire per poi ricominciare.

Penso che il film alla fine è un viaggio psicoanalitico. É impossibile scrivere o vivere se non fai un viaggio personale costellato di fallimenti.