Regista, produttore cinematografico e sceneggiatore iraniano, da più di dieci anni Mohammad Rasoulof è stato condannato molteplici volte dalla corte rivoluzionaria iraniana. Limitando la sua libertà di espressione artistica, le autorità hanno impedito la distribuzione dei suoi film in Iran.
In occasione della retrospettiva dedicatagli presso il Cinema Massimo torinese, dove verranno presentati, accompagnati da un’introduzione di Rasoulof, tutti i suoi film, abbiamo avuto il piacere di dialogare con lui.
La retrospettiva
Otto sono i film che potranno essere visti al Cinema Massimo: Gagooman (The Twilight), Il seme del fico sacro, L’isola di ferro, The White Meadows, There is No Evil, Manuscripts Don’t Burn, A Man of Integrity e Goodbye.
«Da sempre incontrare il pubblico è qualcosa di bellissimo» afferma il regista. «È un’ambiente straordinario perché io impari tanto e quando sento gli spettatori farmi domande o dirmi ciò che pensano delle mie opere, mi ispira tantissimo e mi insegna molto».
Non solo questa sarà un’occasione unica per il pubblico di Torino per poter scoprire i lavori diretti da questo meraviglioso regista della New Wave iraniana, ma anche per lo stesso Rasoulof ciò costituirà una preziosa opportunità. Infatti:
«Moltissimi dei film che proietteranno sono anni che non li vedo su grande schermo. Ad esempio, Il male non esiste l’ho potuto vedere su grande schermo solo l’anno scorso, dopo cinque anni. Avevo la pelle d’oca a vedere un mio film tutto montato e su grande schermo. È un’esperienza molto particolare. Questa occasione, quindi, costituisce un momento che mi permette di vedere da dove sono partito e dove sono poi arrivato. In sintesi, è la mia attività cinematografica di 25 anni».
Il regista ci ha così raccontato alcuni aneddoti riguardo ai suoi film, alla loro realizzazione e illustrandoci libertà di espressione in Iran, soffermandosi poi in particolar modo sul suo ultimo lungometraggio: Il seme del fico sacro.
Mohammad Rasoulof: contro ogni censura
Rasoulof esordisce come regista nel 2002 con Gāgomān, dimostrando di essere attivo politicamente denunciando la situazione delle carceri iraniane. Il successivo L’isola di ferro viene presentato in anteprima al Festival di Cannes nel 2005, raggiungendo così un pubblico più ampio e diventando uno dei registi più apprezzati della New Wave iraniana. Nel 2010, però, viene arrestato assieme al collega Jafar Panahi con l’accusa di propaganda antigovernativa a seguito della realizzazione di un documentario incentrato sulla rielezione di Maḥmūd Aḥmadinežād. Condannato inizialmente a sei anni di carcere e al divieto di realizzare film per vent’anni, Rasoulof riesce comunque a far circolare il suo film Be omid-e didār, che vince il premio per la miglior regia nella sezione Un Certain Regard al Festival di Cannes 2011.
Tuttavia, le difficoltà incontrate non si limitano a queste. Per esempio, il suo film Dastneveštehā nemi-sōzand, anch’esso girato clandestinamente, è stato sì riconosciuto a Cannes con il Premio della critica internazionale, ma, per impedirgli di partecipare ai vari festival in cui il film era stato invitato, il passaporto di Rasoulof è stato confiscato da parte delle autorità iraniane.
Sul set di Il seme del fico sacro
A seguito del recente Il seme del fico sacro, girato anch’esso in clandestinità, Rasoulof è stato interrogato dalle autorità iraniane, che hanno nuovamente revocato il suo passaporto. Inoltre, è stato condannato a otto anni di carcere e a essere sottoposto alla fustigazione, al pagamento di una multa e alla confisca dei suoi beni, con l’accusa di compromissione della sicurezza del Paese. Ciò ha portato Rasoulof a lasciare clandestinamente l’Iran, attraversando a piedi le montagne per superare il confine e trasferendosi Germania, dove aveva già vissuto in precedenza.
Girato di nascosto e con il rischio di essere arrestati, l’ultimo film di Rasoulof è stato quindi diretto in maniera atipica. Spiega il regista:
«Io ho diretto il film praticamente online. Avevo due assistenti, uno tecnico e uno artistico, con cui ero costantemente in contatto online e davo le direttive per fare le riprese, dirigere gli attori e dire ai tecnici cosa fare».
Il film ha ovviamente ricevuto alcune accuse da parte delle autorità iraniane: in particolare quelle di aver istigato alla prostituzione, aver fatto propaganda contro il regime e il conseguente divieto di espatriare. «Aspettiamo la sentenza» ha dichiarato Rasoulof.

Immagine tratta da Il seme del fico sacro
Il cinema di Rasoulof in Iran e la censura del regime
Fare un cinema di resistenza, opponendosi al regime, significa innanzitutto subire una forte censura. Il regista racconta che è possibile reperire i suoi film, così come altre opere con temi analoghi, all’interno di un “black market”. Rasoulof ricorda che «in Iran, a parte i film governativi, nei cinema non viene proiettato nessun altro tipo di film».
Andare contro il regime, però, significa anche essere costretti all’emigrazione forzata per sfuggire all’incarcerazione. Il regista iraniano spiega:
«Mi sono posto la domanda quando dovevo prendere questa decisione, quindi se rimanere in Iran e andare in prigione, dimostrando la mia resistenza, oppure trovare un’altra soluzione per dimostrare la mia opposizione. Ho fatto di tutto per rimanere in Iran. L’ultima volta mi hanno ritirato per sette anni il passaporto e non potevo lasciare il Paese. Quando ho capito che mi avrebbero arrestato e mi avrebbero fatto passare parecchi anni in prigione, mi sono reso conto che sarei diventato un cineasta in prigione e che non avrei potuto fare nient’altro che scontare la pena imposta. Quindi, ho pensato che la soluzione migliore sarebbe stata quella di trovare un’alternativa per poter continuare a svolgere il mio lavoro. Lasciare l’Iran innanzitutto significa per me resistere e oppormi alla censura. In quest’ultimo anno in Iran sono successe tantissime cose e io spero che al più presto la situazione cambi per il popolo iraniano».
Sempre riguardo al discorso sulla censura, Mohammad Rasoulof afferma:
«Ogni volta che dovevo affrontare il discorso della censura o dell’autocensura mi sentivo male. La trovavo una condizione disabilitante. Quando si girano dei film underground, di nascosto, non significa che la censura non vi sta toccando. La censura, in realtà, vi sta toccando eccome. Quando si girano film di nascosto si incontrano molte più limitazioni rispetto a quando si gira un film liberamente. Continua a esistere e a resistere, però, la sensazione di essere fedeli a sé stessi».
Il seme del fico sacro: un’opera nata in carcere
È proprio grazie ad un incontro nella prigione di Evin che Mohammad Rasoulof ha ascoltato la storia che l’avrebbe ispirato a realizzare il suo ultimo film. Infatti:
«Quando ero in prigione ho incontrato uno dei funzionari che mi ha fatto alcuni discorsi che mi hanno toccato profondamente. Mi ha detto che odiava sé stesso, che era in continuo conflitto con quello che faceva e che pensava addirittura al suicidio. A casa era in continua lotta con i figli, in quanto gli chiedevano continuamente perché lavorasse per un regime dittatoriale. La prima scintilla che avrebbe portato alla realizzazione del film è scattata lì».
Anticipazioni sul prossimo progetto
Nessuna opera cinematografica nell’immediato, anche se ha in mente alcuni progetti cinematografici. Mohammad Rasoulof afferma invece di star lavorando assieme alle ragazze del cast di Il seme del fico sacro ad uno spettacolo teatrale. Le prove inizieranno a fine mese e debutterà a giugno in Germania, precisamente a Berlino. Il regista conclude affermando:
«ciò che desidero che si realizzi al più presto, però, è la caduta del regime».