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Bolzano Film Festival

‘Wind, Talk to Me’: un’intima risilienza universale

Un profondo quanto asciutto dramma sull'elaborazione di un lutto e il riallacciare rapporti con i familiari. Un racconto in prima persona, però fatto con la distanza documentaristica

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Tra le pellicole in concorso alla 38ª edizione del Bolzano Film Festival, che anche quest’anno si concentra su un cinema attento alle diverse realtà del mondo, c’è Wind, Talk To Me di Stefan Djordjevic, un’opera ibrida che sulla base documentaristica aggiunge elementi narrativi di fiction.

Il regista serbo, apprezzato direttore della fotografia e con già alle spalle diverse opere (corti e videoclip) da regista, con questo documentario, incentrato sulla sua famiglia ma soprattutto su se stesso, esordisce nel lungometraggio. Un debutto che gli consente sia di misurarsi per la prima volta con una durata più lunga, e sia di potersi mettere alla prova tecnicamente: narrativamente e visivamente.

Ritratto di un interno familiare, tra dolore e silenzio

Scegliendo come argomento d’esordio il suo ritorno nel nucleo familiare, dopo la violenta e improvvisa morte della madre, il regista Djordjevic pare aver voluto scegliere una strada semplice e conosciuta, mentre invece ha scelto di raccontare qualcosa di difficile. Soprattutto perché è uno dei temi più abusati. Conflitti tra parenti, sentimenti amorevoli, un passato ormai lontano, un presente che conferma come tutto – o quasi – sia cambiato.

Djordjevic decide però di affrontare questo intimo racconto in maniera distaccata. È come se il regista Djordjevic non conoscesse Stefan, il protagonista della vicenda, e quindi cerca di seguirlo e studiarlo in questo ritorno alle proprie radici. Per mostrare la sua resilienza e il suo rapporto con i restanti familiari.

E su questo costrutto personale che il regista serbo, mantenendo sempre un approccio registico prossimo al documentario, che “costruisce” le svolte fiction. Ovvero crea una drammaturgia che possa contenere tutti i differenti elementi legati alle vicende personali in una durata cinematografica.

La bellezza e la forza di Wind, Talk to Me è quella di non eccedere in quelle scene che facilmente potrebbero divenire semplicistiche “scene madri”. Una messa in scena limpida e ieratica debitrice del cinema di Tarkovskij e Bresson.

E anche il materiale d’archivio utilizzato (i vecchi video in cui lui e la madre sono insieme), sono ben integrati con il nuovo girato. Materiale memorialistico per il protagonista, ma anche confronto tra un passato elegiaco e un presente incerto e grigio. L’uso di quei video mostra anche come Djordjevic si confidi maggiormente con il pubblico. Far comprendere cosa è stata la madre, e attraverso quel found footage renderla presenza tangibile nel film.

Sono metafore che non eccedono, utili alla narrazione e fruibili, di facile interpretazione. Tramite una fotografia che evidenzia gli stati d’animo del personaggio, o tramite scene atte a descrivere con nitidi indizi i personaggi. All’inizio Stefan travolge un cane con l’auto, quindi cerca di curarlo. Ma il cane scappa. Stefan è gentile, ma la realtà odierna è molto più problematica, inafferrabile.

Ugualmente il rapporto con la nonna, fatto di silenzi contrastati, a significare un allontanamento non perdonato.

 

Wind, Talk to Me

  • Anno: 2024
  • Genere: Drammatico
  • Nazionalita: Serbia