Uno dei film che ha segnato la fine del XX secolo e l’inizio del XXI secolo compie 25 anni. Ghost Dog – Il codice del samurai, diretto da Jim Jarmusch, uno degli autori più importanti del cinema indipendente statunitense, e presentato in anteprima al Festival di Cannes del 1999, ancora oggi ha molto da dire ed è ispirazione di opere ben più mainstream.
Ghost Dog – Il codice del samurai: la trama
Considerato tra i film più importanti della sua epoca, Ghost Dog – Il codice del samurai è un neo-noir che vuole omaggiare il cinema del passato e allo stesso tempo decostruire alcuni elementi tipici di esso. È una coproduzione statunitense, francese, tedesca e nipponica e arriva nei cinema americani a Marzo del 2000. Segue le vicende di Ghost Dog (interpretato da un favoloso Forest Whitaker), un sicario che lavora per Louie (John Tormey), vecchio mafioso italoamericano che gli salvò la vita 8 anni prima.
Ghost Dog vive da solo in una terrazza del New Jersey insieme al suo allevamento di piccioni, come il più grande pugile della storia Mike Tyson, e segue in modo religioso le regole del bushidō, il codice dei samurai, scritte sull’Hagakure, che è una delle opere letterarie più importanti della storia del Giappone e in cui sono presenti degli aforismi da cui traspare la saggezza del samurai e che, principalmente, servono a guidare i rōnin, samurai che per varie vicissitudini si sono ritrovati senza un signore da servire.
Le citazioni e la decostruzione dei miti del passato
Ed è proprio di questo che parla, di un samurai tradito dalla sua stessa famiglia, dal suo stesso padrone che si ritrova da solo in cerca di vendetta. Nonostante quello di Forest Whitaker possa sembrare un casting insolito, lui riesce ad incarnare alla perfezione il ruolo del sicario solitario che intraprende questa Odissea verso un destino inevitabile. Oltre ai suoi piccioni, Ghost Dog ha solo due veri amici: Raymond, un venditore di gelati francese che non parla e non capisce l’inglese, ma che riesce a comunicare col suo migliore amico solo tramite gli sguardi; e Pearline, una bambina a cui Ghost Dog regala i libri che gli sono più cari e che hanno segnato il suo percorso di vita, Rashōmon e l’Hagakure.
La figura del sicario malinconico e taciturno si ispira molto ai protagonisti della Nouvelle Vague ed è in cerca di una vendetta come poi 14 anni dopo sarà il John Wick di Keanu Reeves, che deve molto a Ghost Dog. La mafia che Jim Jarmusch ci rappresenta è la stessa che vediamo nei film di Martin Scorsese, Francis Ford Coppola e Brian De Palma, ma senza lustrini, senza nessun momento di gloria e felicità; sono solo la brutta copia di ciò che erano nel passato, l’apice della mafia italoamericana è ormai solo un ricordo. Il percorso che il protagonista deve affrontare è invaso da morte e negatività, aspetto che caratterizza molto il cinema di inizio anni 2000 e soprattutto quello successivo all’11 Settembre. La grande positività che caratterizzava gli anni ‘90 è ormai sepolta sotto i passi dello stesso Ghost Dog.
L’ironico confronto con i cartoni animati
Nonostante questo in Ghost Dog – Il codice del samurai non manca l’ironia caratterizzata da un utilizzo insolito dei cartoni animati: ad esempio il modo in cui Betty Boop fa rientrare dei piccioni in gabbia è lo stesso che vediamo fare al protagonista; oppure il momento in cui Ray Vargo (Henry Silva) e sua figlia Louise Vargo (Tricia Vessey) stanno guardando un episodio di Picchiarello in cui il picchio e un fantasma si sfidano guardandosi negli occhi, proprio come fanno padre e figlia e ciò simboleggia il conflitto tra i due; o anche il momento in cui sempre il boss Ray Vargo guarda un episodio di Felix il gatto in cui il Professore non riesce a catturare il gatto proprio come la mafia non riesce a catturare Ghost Dog e molti altri momenti ancora.
Ghost Dog come Frank Costello
Tra le altre cose, Jim Jarmusch ha sempre dichiarato di essersi ispirato principalmente ad uno dei film capostipite del genere noir, Frank Costello faccia d’angelo, in originale Le samouraï da cui viene il sottotitolo del film “il codice del samurai”, con protagonista Alain Delon, diretto da Jean-Pierre Melville. Infatti tra le varie similitudini tra i film troviamo il fatto che entrambi siano dei sicari che collaborano con la mafia e che come unica compagnia hanno degli uccelli, Costello un canarino, Ghost Dog i piccioni; uccelli che quando qualcuno è in arrivo li avvisano. Entrambi indossano dei guanti bianchi quando lavorano ed entrambi vengono traditi dal proprio datore di lavoro. Infine sia Costello che Ghost Dog vanno incontro alla stessa tragica fine.
La musica come elemento di riscatto
Infine uno degli elementi più importanti di Ghost Dog – Il codice del samurai e, in generale, nella filmografia di Jim Jarmusch è la musica. Dall’inizio alla fine la narrazione del film è accompagnata dalla voce di RZA, frontman di uno dei gruppi più importanti della storia dell’hip-hop, i Wu-Tang Clan. Cosa che rappresenta la black community dell’epoca, con i loro usi e costumi, con la loro musica che è per loro simbolo di un grande riscatto. Non è un caso proprio l’incontro tra RZA e Ghost Dog nel film.
Epilogo
La vera forza del film, che lo rende ancora oggi senza tempo, è il suo ritmo serrato che riesce a tenerti sulle spine per tutto il tempo, la sua armonia tra gli elementi trascendentali e gli elementi terreni. Tutto porta in un solo punto: il riscatto delle periferie, dei ghetti che ancora oggi è ancora una mero sogno irraggiungibile, ma comunque rimane acceso un piccolo barlume di speranza. Ghost Dog – Il codice del samurai è un cult, che non ha fatto rumore come alcuni suoi coetanei come Pulp Fiction, Fight Club o The Matrix, ma rimane un gioiello da recuperare o rivedere e non c’è occasione migliore di questa per farlo.