Mangia! (2025) è l’esordio alla regia cinematografica di Anna Piscopo, che si ispira all’omonima pièce autoprodotta dalla stessa regista. È presentato al Bari International Film&TV Festival come parte della rassegna A Sud.
Maria (Anna Piscopo) vive a Catania con i genitori, una madre anaffettiva e ipocrita e un padre assente e ludopatico che trascorre il tempo tra il divano di casa e le slot machine. Insegue il sogno naif di fare la cantante, ma il suo stile demodé e la sua musica, più vicina al canto popolare che alle sonorità contemporanee, sono tutt’altro che apprezzati. A prescindere dal tipo di pubblico cui Maria sottopone le sue canzoni, l’esito oscilla sempre tra il disprezzo e l’indifferenza. L’unico ambiente in cui la protagonista si sente accettata è un bar destinato al fallimento, luogo di ritrovo di emarginati come lei, in cui può consumare una birra dopo l’altra e talvolta portare in scena i suoi monologhi. L’antagonista di Maria è Sarah (Martina Torrisi), con la quale si contende il palco e le attenzioni di Paolo, conosciuto durante un sit-in vegano.

Il cibo come metafora dell’abuso affettivo e lavorativo
“Ho sviluppato lo spettacolo a partire dalla frase “Mang’ ca da jess mangiat!”, un modo di dire tipico barese che può avere due traduzioni: o “Mangia, altrimenti vieni mangiato”, oppure “Mangia, che tanto verrai mangiato”
In Mangia! il tema della bulimia è raccontato non solo nell’ambito dei disturbi alimentari, in quanto il personaggio di Maria ha a tutti gli effetti un rapporto bulimico con il cibo. La bulimia è presente anche come metafora, in riferimento alle conseguenze cui porta l’incapacità o l’impossibilità di collocarsi con giudizio nel mondo. L’assenza di una direzione e di obiettivi concreti conduce a una spasmodica ricerca di senso al di fuori di sé e al conseguente abbuffarsi di etichette, ideologie private di significato e alla sterile ricerca incondizionata di approvazione. L’adattarsi e il conformarsi a microcosmi prestabiliti e regolati segue la stessa logica del consumo, che si tratti di cibo, della scelta di uno stile di abbigliamento, o di una causa da difendere.
L’imprescindibile bisogno di approvazione e amore
Maria applica al suo rapporto con il cibo le stesse dinamiche disfunzionali che regolano le interazioni con sua madre. Nei momenti di conflittualità tra le due, infatti, il cibo è una presenza costante, consumato dalla protagonista con avidità e disprezzo non celati. Consumare gli alimenti surgelati preparati da sua madre, senza neanche sedersi a tavola e partecipare al momento di convivialità, rappresenta un privato gesto di ribellione e al contempo auto sabotante.
D’altra parte, Sarah, che aderisce ai principi del veganesimo, restituisce attorno a sé e a chi si scontra con le sue idee la stessa violenza verso cui si professa contraria. Quando Maria si presenta provocatoriamente al sit-in vegano con in mano un panino farcito di carne, Sarah e gli altri partecipanti rispondono con commenti che poco hanno a che fare con la scelta della protagonista di consumare prodotti di origine animale, come la frase: “Che schifo, ‘sta cessa!”.
Se per Sarah il segreto del successo sta nel non “riempire le vostre budella di grassi saturi e antibiotici” e in “un corpo ben alcalinizzato”, per Maria si nasconde tra “cozze fritte e baccalà” e “una braciola con olive”. È evidente che entrambe reggono le proprie convinzioni alimentari su basi non proprio razionali. Sarah si appoggia senza criterio all’ideologia vegana, con l’unico scopo di raggiungere il successo e ottenere l’approvazione di un pubblico più vasto possibile. Maria sostiene e porta avanti il racconto cinico di chi, volendosi godere la vita e i suoi piaceri fino in fondo, si discosta anche solo dall’idea di includere un’insalata nella propria dieta.

Il luogo comune da cui evadere
Il rapporto bulimico di Maria con il cibo si arricchisce di altre sfaccettature quando, dal desiderio di “guadagnarsi il pane”, decide di cercare un lavoro. Dopo numerosi tentativi e altrettanti rifiuti viene assunta come cameriera sottopagata in un ristorante cinese. La sua datrice di lavoro, dai modi tirannici e schiavisti, la caccerà di lì a poco per averla sorpresa intenta a consumare avanzi dal frigorifero del ristorante.
“Ma io lavoro, me lo sono guadagnato il pane. Mangiate tutto, che il cibo rende liberi. E chi non lavora? Non mangia”.
Mangia! è una produzione low-budget di Galliano Juso e Leonardo Giuliano, con il contributo del MiC. Le riprese a mano, l’uso di soli tre obiettivi e la prevalenza di attori non professionisti, hanno permesso un accostamento del film al movimento Dogma 95. Probabilmente Mangia! non sottostà all’intero regolamento del manifesto, tuttavia trova senza difficoltà il suo spazio all’interno del microcosmo delle produzioni indipendenti. Ad eccezione di alcuni momenti in cui il troppo indugiare sui luoghi comuni trasforma alcune scene in una parodia involontaria, il film si conferma un interessante esordio alla regia cinematografica per Anna Piscopo.