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Bergamo Film Meeting

Ari Folman: “Valzer con Bashir” un film che oggi non si potrebbe più fare

Al Bergamo Film Meeting abbiamo incontrato il regista israeliano Ari Folman, che ha ripresentato “Valzer con Bashir”, un film che torna sugli orrori dei massacri di palestinesi a Sabra e Shatila

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Valzer con Bashir

Ascoltando il regista israeliano Ari Folman, dopo aver guardato la danza macabra della storia che si ripete sul martoriato popolo palestinese, si spalanca l’abisso della tragicità di due popoli che fanno i conti con lo spettro del genocidio. Uno scavandolo nelle pieghe della memoria, l’altro rischiandolo nel presente. I genitori di Ari Folman sono sopravvissuti al campo di concentramento di Aushwitz, ma gli incubi della storia continuano a generare mostri.

Partendo da Valzer con Bashir (2008), da dove nasce l’idea di fare un film documentario con la tecnica dell’animazione? Una scelta allora fuori dal comune, soprattutto per un tema così forte.

La scelta dell’animazione è stata fatta per dare forma a degli elementi della memoria che non potevano, secondo me, essere rappresentati con una messa in scena affidata ad attori. Prima di Valzer con Bashir, avevo fatto due lungometraggi e una serie televisiva in otto puntate sul tema dell’amore, in cui intervistavo una serie di persone. Nel 2001 era uscito Waking Life di Richard Linklater, un film che non amo particolarmente, ma che trovai estremamente interessante a livello cinematografico nel suo mescolare live action e animazione. Mi innamorai dell’animazione, rendendomi conto che era il mezzo migliore per raccontare determinate cose. Da qui è cominciata la mia folgorazione per questo messo espressivo.

Valzer con Bashir

Valzer con Bashir

Com’è nato Valzer con Bashir?

In Israele si fa il servizio militare per tre anni, dopodiché si diventa, in automatico, riservisti, che devono fare addestramento per 30 giorni in un anno, fino a una certa età. Ho seguito lo stesso iter, riuscendo a ottenere di fare lo sceneggiatore per l’esercito. In questa maniera, anche da riservista, sono riuscito a non indossare mai un’uniforme. In pratica, dovevo scrivere brevissimi copioni per dei video educativi, per esempio come reagire a un attacco, come montare un’arma ecc. Il problema era che dovevo essere costantemente a disposizione dell’Esercito, quindi mi chiamavano sempre nel momento sbagliato: mentre mia moglie stava partorendo, mentre stavo facendo un film, cose così. A un certo punto, mi sono detto fosse l’ora di cercare di chiudere con questa cosa e sono andato dallo psichiatra dell’Esercito per provare a farmi riformare. A lui ho detto che non volevo raccontare nessuna storia finta, ma, semplicemente, chiudere con l’Esercito. Lo psichiatra mi disse che avevano un nuovo programma sperimentale, in cui si veniva assegnati a un terapeuta a cui raccontare tutto quello che riguardava l’esperienza nell’Esercito. Questo accadeva vent’anni dopo la mia missione militare in Libano, della quale non avevo mai parlato con nessuno. Mi sembrò una proposta interessante. Feci circa quindici incontri, rendendomi conto che la mia memoria aveva dei buchi neri. Alla fine, la commissione medica decise che potevo abbandonare l’Esercito. La diagnosi fu che avevo dei disturbi, però con una vita normale, una famiglia, un’attività ecc. Il consiglio finale fu, però, di non indagare oltre nel mio passato militare.

Immagino sia stata proprio quella la scintilla che ha portato a Valzer con Bashir.

Esatto, non avrebbero potuto invogliarmi di più. Fu proprio allora che decisi di fare un documentario di testimonianze sulla guerra in Libano. La risposta fu incredibile: nei primi tre mesi mi chiamarono più di 400 persone, ex soldati che non vedevano l’ora di raccontare le loro storie. La cosa andò avanti per un anno. Ascoltavo vicende incredibili in cui rischiavo veramente di affogare. Mi ci è voluto un po’ per capire che, per non perdermi completamente in mezzo a quei racconti, dovevo cercare di rifocalizzarmi su di me e sulle persone che erano state attorno a me quando ero là. A lungo non riuscii a scrivere nulla, ero come bloccato di fronte a quel mare d’orrore. Poi mi sono chiuso in una casetta solitaria in Galilea per quattro giorni e ho scritto una sceneggiatura di 96 pagine che è, effettivamente, quello che si vede sullo schermo.

Valzer con Bashir

Valzer con Bashir

Tecnicamente com’è stato girato il film?

Tutti i miei tre film d’animazione sono fatti principalmente in studio. Faccio delle riprese che diventano uno storyboard, trasformato poi in un animatic, uno storyboard animato a cui aggiungo il suono e la musica. C’è con me una squadra che lavora sui disegni e la grafica del film. Valzer con Bashir costò pochissimo, avevamo un budget di un milione di euro, sei animatori e un disegnatore con due assistenti, praticamente ho fatto tutto il film con nove persone. Pensa che quando Valzer con Bashir è stato selezionato a Cannes, il produttore mi chiese di mentire e dire che era costato due milioni e mezzo di euro perché, altrimenti, non avremmo potuto venderlo a dei prezzi alti. Aggiungo anche che, quando ho fatto Valzer con Bashir con un milione di euro, ero una persona felice, mentre, quando sono arrivato ad avere un budget di 20 milioni, per Anna Frank e il diario segreto, ero costantemente preoccupato.

Altro punto di forza di Valzer con Bashir è la colonna sonora di Max Richter.

Oggi Max Richter è un musicista molto conosciuto per le sue colonne sonore. Al tempo in cui mi sono chiuso a scrivere la sceneggiatura di Valzer con Bashir, mi ero portato dietro, per puro caso, solo due album di musica, Memoryhouse e The Blue Notebooks di Max Richter, due dischi bellissimi, ma dalle sonorità deprimenti. Mi erano talmente entrati in testa mentre lavoravo, che ho scritto una email a un indirizzo di Max Richter trovato su internet. Gli parlai della sceneggiatura a cui aveva, in qualche modo, inconsapevolmente contribuito, proponendogli di comporre la colonna sonora. Inaspettatamente mi rispose che era interessato e di raggiungerlo dove viveva, a Edinburgo. Siamo stati insieme lì per cinque giorni. Gli feci vedere, con un animatic, l’idea del film, spiegandogli le emozioni che c’erano dietro. Una settimana dopo mi mandò la colonna sonora completa in digitale, che poi sarebbe stata suonata con gli strumenti reali. Cinque anni dopo, quando ho fatto The Congress, per avere un appuntamento ho dovuto parlare due mesi prima con il suo manager e andare a Londra in uno studio grande come Buckingham Palace. Io credo che Valzer con Bashir sia stato un film nato con un certo karma, con tutta una serie di persone incontrate nel momento giusto e che hanno raggiunto il picco della loro carriera in quel film.

Quanto tempo ci è voluto per completarlo?

Quattro anni.

Valzer con Bashir

Valzer con Bashir

Com’è stato accolto Valzer con Bashir in Israele e qual è oggi la percezione dell’opinione pubblica su quello che è successo a Sabra e Shatila?

Oggi viviamo in un mondo completamente diverso rispetto a quando è uscito il film. Allora fu accolto molto bene, anche se il Ministro degli Esteri chiese che il passaporto mi fosse ritirato. Di sicuro, è un film che oggi non si potrebbe neanche minimamente pensare di fare. Con mia grande sorpresa, scoprii pure che lo stesso Ministero portava Valzer con Bashir in giro per il mondo senza che io lo sapessi e, per di più, ne parlava al posto mio, nel senso che veniva mandato qualcuno a presentarlo con le parole che il governo voleva. Questo perché era un film che, da un lato, mostrava come Israele fosse un Paese pluralista, dove gli artisti avevano la possibilità di esprimersi liberamente, d’altra parte c’era il fatto che molti pensavano che il massacro di Sabra e Shatila fosse stato portato a termine proprio dagli israeliani, mentre era stato fatto con la compiacenza e l’aiuto degli israeliani, ma messo in atto dai falangisti libanesi. Quindi il Ministero degli Esteri si era reso conto che non poteva fare nessuna propaganda meglio di quanto effettivamente realizzasse il racconto di Valzer con Bashir.

Quindi nessuna conseguenza personale per il film.

Io sono stato lasciato in pace, non sono stato considerato un traditore da Israele perché sono stato all’interno del sistema per un certo periodo e ho servito nell’esercito. Quindi di me si poteva sempre dire che, a un certo punto, ero impazzito, che avevo subito un evento post-traumatico, per cui ho dato di matto facendo i miei film (il mio trattamento psichiatrico presso l’Esercito stava lì a dimostrarlo). Però, ripeto, oggi un film come Valzer con Bashir non sarebbe pensabile. Un esempio chiaro, recentissimo, è No Other Land. Ha appena vinto l’Oscar come miglior documentario ed è un progetto di due registi israeliani e di due palestinesi. In Israele è bandito. È assolutamente vietato mostrarlo nei cinema. Fortunatamente, i produttori hanno deciso di renderlo libero via streaming. Però questa è la dimostrazione di come quindici anni dopo la situazione sia completamente cambiata.

Ari Folman

Ari Folman

L’animazione come elemento per indagare i diversi piani della memoria c’è anche nei suoi due film successivi, anche se molto diversi.

In The Congress (2013) c’è la questione delle pieghe della memoria e di come essa sia stimolata da sollecitazioni anche lisergiche. In Anna Frank e il diario segreto (2021) la declinazione della memoria è nell’indagare cosa sopravvive di Anna Frank nella nostra contemporaneità.

Film successivo a Valzer con Bashir è The Congress, infatti, tratto da un romanzo di Stanislaw Lem.

Era un romanzo che avevo letto più volte da ragazzo e mi sono sempre detto che avrei voluto farci qualcosa, anche se non sapevo cosa. Dopo Valzer con Bashir, avrei potuto realizzare qualsiasi progetto e ho pensato che potesse essere l’occasione giusta per trarre un film da quel libro. Il romanzo parla di un congresso di futurologi ed è una sorta di allegoria del periodo comunista in Polonia. Stanislaw Lem era noto per aver sempre disapprovato i film che erano stati tratti dai suoi libri. Per esempio, era famoso per aver preso a male parole Andrej Tarkovskij dopo avere visto Solaris, per non parlare della versione di Steven Soderbergh. Per cui io ero tranquillissimo, perché sapevo di essere in buona compagnia e, in più, Stanislaw Lem era morto. La cosa interessante è stata che, quando la mia agente ha mostrato, con una certa preoccupazione, il film, che si allontanava molto dalla storia del libro, ai figli di Lem, loro hanno concordato che fosse il miglior adattamento da un romanzo del padre, perché non cercava di imitarlo. The Congress rimane il mio preferito tra i film fatti finora.

Perché?

È un film di cui inizialmente credo di averci capito qualcosa solo io. È una storia in cui si racconta un mondo guidato da persone sotto allucinogeni, che possono cambiare sembianza ed essere chi vogliono in qualsiasi momento… cosa ci può essere di più bello? Ti puoi inventare qualsiasi cosa! Per lo stile dell’animazione ci siamo ispirati al genere dei Fleischer Studios, quindi Braccio di ferro, Betty Boop e simili esagerazioni degli anni ’30. In questo mondo fantastico ci siamo divertiti come matti, prendendoci totale libertà. The Congress ha due parti nettamente distinte: quella in live action, in rigorosissimo stile da film di fantascienza, e quella in animazione, dove c’è tutto quello che ci passava per la testa. È un film completamente libero. Mi ero reso conto che, probabilmente, sarebbe stata l’unica occasione che avrei avuto di poter fare quello che mi pareva e mi davano pure 10 milioni di euro per realizzarlo.

Detto questo, tutti i miei film li sento come figli. Valzer con Bashir è quello perfetto, che va bene a scuola, che viaggia, che vince i premi e le medaglie. The Congress, invece, è quello per cui ti chiama il preside per dirti che salta la scuola, ma lo guardi e pensi che è proprio figlio tuo. The Congress è un film che ha dei difetti, ma è quello che sento più vicino a me, che mi rappresenta più di ogni altra cosa in questo mondo.

The Congress

The Congress