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Festival Cinema Africano, Asia e America Latina

‘La cocina’: intervista a Alonso Ruizpalacios

Abbiamo avuto il piacere di intervistare il regista del film di apertura della 34ª edizione del Festival del Cinema Africano d’Asia e America Latina - Alonso Ruizpalacios che ci ha raccontato il retroscena del lavoro sul set di 'La cocina'.

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In anteprima italiana al Festival del Cinema Africano d’Asia e America Latina quest’anno abbiamo come protagonista il film di Alonso RuizpalaciosLa cocina. Il film distribuito da Teodora Film vede nel suo cast due volte candidata all’Oscar – Rooney Mara e Raúl Briones, alla sua terza collaborazione con il regista messicano.

Ambientato tra i fornelli di un caotico ristorante newyorkese, dove lingue e culture si mescolano senza sosta, La cocina è una commedia ricca di divertimento, intuizioni folgoranti e risvolti politici. Al centro del racconto c’è la storia d’amore, insieme tenera e burrascosa, tra un cuoco di origine messicana e una cameriera americana.

Nato nel 1978 a Città del Messico, Alonso Ruizpalacios ha studiato cinema alla Royal Academy of Dramatic Arts di Londra. Vincitore di diversi premi e riconoscimenti, incluso il premio come miglior opera prima al Festival di Berlino a Güeros (2014), il regista è conosciuto anche per Museo – Folle rapina a Città del Messico (2018) e Una película de policías (2021).

Alonso Ruizpalacios: l’intervista

Partiamo dalle origini di La Cocina, come è nato questo film? C’è qualcosa della sua vita e delle sue esperienze personali che hanno ispirato la sceneggiatura?

Il film è tratto da una pièce teatrale del 1957 – The Kitchen, di uno scrittore inglese, Arnold Wesker, che ho scoperto mentre studiavo recitazione a Londra. Dopo le lezioni io lavoravo in un ristorante per pagarmi gli studi e mi sono innamorato del suo ritmo, dei drammi interni al lavoro e dell’esperienza internazionale. È lì che ho letto quest’opera ed è rimasta impressa nella mia mente. Quindi quando poi ho cominciato a lavorare all’adattamento, sono tornato indietro nei miei ricordi del lavoro in quel luogo, nella sua cucina e ho riscritto molte situazioni basandomi sulla mia esperienza personale.

Questa sceneggiatura è quindi un mix delle mie esperienze personali e delle persone che ho conosciuto, unito a quello che ha scritto Arnold Wesker. Durante il processo della scrittura sono anche andato a New York per fare delle ricerche e ho intervistato alcuni migranti che lavoravano nelle cucine. Penso che questo film sia una conversazione tra me e il materiale originale dello scrittore, che trovo essere un’opera brillante. Adattata in questo caso a un’altra realtà, quella degli immigrati messicani negli Stati Uniti, ancora di più.

Il film ha al centro la cucina, che sembra quasi un personaggio vero è proprio. É un luogo in cui i protagonisti passano la loro vita tra amicizie e amori, momenti felici e delusioni. É una stanza che in un certo senso li divora. Ci sono tante inquadrature dei personaggi in cui vediamo solo i loro occhi, oppure i loro volti quasi schiacciati dalle mura della cucina stessa. Partendo da questa premessa, come si è approcciato alla regia del film? Quale è stato il motivo dietro a queste scelte?

Per questo film ho permesso a me stesso di far dettare a ogni scena il modo in cui vorrebbe essere girata, invece di imporre una regola precisa per tutto. Una cosa che sicuramente invece volevo è far si che le mura della cucina, il suo soffitto, i suoi spazi fossero molto presenti. Per questo quando siamo nella cucina il formato è 4/3, perché volevo proprio che il pubblico percepisse le stesse sensazioni di chi si trova dentro a quella stanza. Abbiamo creato questa cucina riferendoci alla struttura di un sottomarino che, nella fretta durante le ore di punta, finisce per affondare. Le mura per la maggiore, ma tutto quanto nel senso metaforico, ricordano proprio quello. Decidevamo cosa potesse veicolare al meglio le emozioni dei personaggi. Quando poi i protagonisti vanno finalmente in pausa, nel vicolo fuori dal ristorante, la camera guarda su al cielo e l’inquadratura si ingrandisce, e con un’inquadratura più larga e statica il ritmo cambia.

Volevo proprio che la macchina da presa abbracciasse le emozioni e i vari ritmi della storia.

L’immagine è stata gentilmente concessa dall’ufficio stampa del Festival del cinema Africano, Asia e America Latina.

Nel film ci sono diversi piani-sequenza alcuni anche abbastanza lunghi, come per esempio la scena di un turno lavorativo in cui la rottura della macchinetta delle bevande inonda la cucina di Cherry Coke facendo praticamente annegare tutti i lavoratori e tutto sfocia nel caos più totale. Vuole parlarci del lavoro dietro a una scena così complessa e virtuosistica, sia per quanto riguarda la regia che la recitazione?

Per questo film era essenziale avere 4 settimane di prove insieme agli attori prima di girare. É raro per un film avere la possibilità di coprire un periodo così lungo. Normalmente si ha una settimana per provare, se si è fortunati, o il più delle volte anche solo 2-3 giorni. Qua era importante avere 4 settimane in cui siamo riusciti a portare tutti quanti gli attori provenienti dai diversi paesi in Messico, dove infatti abbiamo fatto le prove.

Quello che facevano tutti gli attori era di andare la mattina alle lezioni di cucina. Abbiamo deciso il menu e sapevamo che piatto ognuno di loro avrebbe poi dovuto cucinare, per cui hanno imparato a preparare quello. Quindi la mattina facevano quello, mentre il pomeriggio loro avevano le prove per ore e ore, facendo tanta improvvisazione. Quando poi finalmente dovevamo girare era facile, perché ognuno sapeva esattamente che cosa il proprio personaggio doveva fare. Erano diventati dei veri cuochi e riuscivano a gestire il loro spazio lavorativo molto bene, e rimaneva solo imparare la coreografia.

Girare un piano sequenza mi ricorda molto i musical. Non ho mai diretto dei musical, ma immagino che sia molto simile a quello che ho fatto. Loro sono stati i nostri ballerini a cui abbiamo solo insegnato la coreografia della scena.

Parlando invece della fotografia del film, la prima cosa che si nota è l’utilizzo del bianco e nero, tranne per due scene: quella tra Pedro e Julia in cui la stanza si colora di blu e la scena finale in cui la luce della macchinetta degli ordini colora di verde il protagonista. Come mai ha deciso di non utilizzare i colori?

Innanzitutto vorrei dire è che è stata una scelta quasi completamente istintiva. Non avevo una vera ragione, ma fu più una decisione divina. La prima cosa che mi è venuta spontanea, mentre scrivevo la sceneggiatura, è di mettere l’immagine in bianco e nero, non so bene perché, ma ho deciso di seguire quella via. Solo poi ho pensato che avesse a che fare con il fatto che ero stanco dei film che mostrano il cibo con delle lunghe riprese in slow motion del burro che si scioglie con tutti questi bei colori. Questo è un film anti food porn. Quindi ho pensato che rimuovendo il colore si poteva fare più attenzione alle persone che al cibo.

C’è un solo momento in cui c’è effettivamente del food porn, ma è una scelta consapevole, perché si tratta di un piatto fatto con amore: quando Pedro fa un panino a Julia. É un momento molto importante, mentre per il resto il cibo è solo business. La seconda cosa è che il bianco e nero fa diventare l’immagine senza tempo, ti fa pensare se quello che vedi è qualcosa che sta succedendo adesso oppure magari 30 anni fa, 40 anni fa? Io volevo questo, perché i problemi toccati dall’opera teatrale adesso sono datati. L’opera è del 1957 e il film incomincia con la frase di Thoreau, un filosofo e scrittore americano del 1850 e ci sta già avvertendo della piaga del capitalismo, quasi 200 anni fa. Questi problemi sono senza tempo, non hanno un limite, per cui la scelta di utilizzare il bianco e nero aiuta a raggiungere questo effetto. Aiuta a far diventare il film una favola.

Come ultima domanda, vorrei chiederle del lavoro dietro alla scelta del cast. Ci sono alcuni attori e attrici già premiate, come per esempio Rooney Mara, ma anche attori meno conosciuti dal pubblico internazionale come per esempio l’attrice che interpreta la giovane Estela. Cosa ha portato alla scelta degli attori? Come è stato lavorare con loro e quale è stata l’atmosfera durante le riprese?

Il cast è stato una grande challenge in questo film, perché si tratta di un film corale, un film d’ensemble dall’inizio alla fine. Tutti i ruoli sono importanti, non c’è un vero ruolo secondario. Tutti hanno un impatto molto significativo e sono in scena davanti alla macchina da presa quasi tutto il tempo, dunque avevamo bisogno di un cast molto bravo. La prima decisione è stata che avevamo bisogno di attori veri, per cui avevamo 3 casting directors. Uno in Messico, uno a New York e uno a Londra per mettere insieme un cast internazionale. Ho cercato innanzitutto persone che avessero un atteggiamento avventuroso e che potessero venire in Messico, perché abbiamo girato la maggior parte del film lì. Aspiravo a volti interessanti, delle belle persone che fossero bravi attori. Quello che ho fatto è stato proprio parlare con loro piuttosto che vederli recitare, è così che ho capito le loro vibes e li ho selezionati.

Con alcuni degli attori messicani avevo già lavorato in precedenza, come per esempio con Raúl Briones che interpreta il personaggio principale, Pedro. Raúl è un attore con cui ho lavorato per anni e abbiamo anche una compagnia teatrale in comune. Sapevo che sarebbe stato perfetto per questo ruolo, perché è un attore molto coraggioso, lo si può vedere anche in altri miei film. É una delle persone più disciplinate e uno degli attori più responsabili che conosco. Per quanto riguarda Rooney Mara, è un’attrice che io avevo in mente già mentre stavo scrivendo la sceneggiatura e pensavo ad un cast immaginario. Quando è arrivato il momento del casting effettivo le ho scritto una lettera. É stata una lettera molto onesta in cui le ho descritto proprio cosa mi piacesse del suo lavoro, delle sue scelte e del perché pensavo potesse essere perfetta per questo film. Lei ha risposto molto velocemente: le era piaciuta la mia onestà, ha visto i miei film e in un paio di settimane ha accettato il ruolo.

La cocina

  • Anno: 2024
  • Durata: 139 minuti
  • Distribuzione: Teodora FIlm
  • Genere: Commedia, drammatico
  • Nazionalita: Messico, USA
  • Regia: Alonso Ruizpalacios