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Interviews

Paola Mammini: intervista con la sceneggiatrice di ‘Perfetti Sconosciuti’

In occasione della seconda edizione di Sentiero Script Lab 2025, a Prato è arrivata una tutor d'eccezione: la sceneggiatrice Paola Mammini

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paola mammini

Con Paola Mammini si è ufficialmente conclusa la seconda edizione di Sentiero Script Lab 2025, il laboratorio formativo di sviluppo avanzato per autori e autrici di sceneggiature, pensato per dare forma a progetti cinematografici vendibili e pronti a inserirsi nel panorama del cortometraggio, che quest’anno si è svolto all’interno del Teatro Nuti presso le Manifatture Digitali Cinema di Prato.

Organizzato con la collaborazione dei docenti ideatori della community di sceneggiatori Writing Monkeys, il laboratorio ha visto la partecipazione di tutor d’eccezione, tra cui i giovani esperti della community e la rinomata sceneggiatrice Paola Mammini, creando così
un team eterogeneo in grado di fornire un’esperienza formativa completa e stimolante.

Tutto ciò è stato possibile grazie a Stefania Ippoliti e alla Toscana Film Commission, che hanno creduto nel valore di questo progetto e hanno permesso di ospitare il laboratorio presso le Manifatture Digitali Cinema.

L’approccio didattico, basato su un mix di lezioni frontali, tutoraggio individuale e focus group mirati, ha permesso ai partecipanti di sviluppare al meglio la propria idea di cortometraggio, affinando le proprie competenze narrative e di pitching.

In questo contesto abbiamo fatto alcune domande alla tutor d’eccezione Paola Mammini sul suo mestiere, su alcuni titoli celebri, tra cui soprattutto Perfetti sconosciuti e sull’importanza di un momento del genere.

Prima delle domande a Paola Mammini riportiamo l’elenco dei progetti selezionati che hanno partecipato alla seconda Edizione del Sentiero Script Lab 2025 e i relativi autori e autrici:

  • La fortuna degli altri di Nicolò Metti
  • An Intimate Place di Sara Sgriccia
  • La casa sul sentiero di Giulio Camicia
  • La morte può aspettare di Chiara Fuochi
  • Iron Eye di Daniel De Stefano
  • L’Appel du Vide di Alessandro Bionaz
  • Di Mercoledì di Noemi Della Porta

Il lavoro di Sentiero Film Lab prosegue con nuovi programmi di sviluppo, tra cui il Film Lab e il Critici Lab, di cui a breve verranno aperte le call per l’edizione 2025.

La carriera di Paola Mammini

Nella tua carriera hai lavorato a tantissimi titoli per cinema e televisione (La squadra, I Cesaroni, Love Bugs, Immaturi – la serie, la seconda stagione di Vincenzo Malinconico, Tutta colpa di Freud, Perfetti sconosciuti). Come nasce una sceneggiatura? C’è una differenza tra sceneggiatura per cinema e televisione?

Come nasce una sceneggiatura è una domanda per la quale non basterebbero 27 ore per rispondere. Questo perché può dipendere da una cosa che è successa, da un articolo di giornale, da un fatto di cui si è stati testimoni, o semplicemente da un’idea che viene svegliandosi la mattina, o anche, perché no, da un incubo. Insomma è veramente troppo ampia.

La differenza sostanziale tra scrivere per un film e scrivere per una serie è che quando scrivi per una serie, oltre a fare quello che già fai per un film, devi approfondire tantissimo i personaggi, perché sono i personaggi che poi porteranno avanti la storia per tanti episodi. Se non scrivi e non costruisci dei personaggi sufficientemente importanti, con delle psicologie precise, con delle biografie riconoscibili, poi perdi lo spettatore, perché comunque devi portarlo a identificarsi e proiettarsi in quello che vede. In un film è molto importante questo aspetto e lo si fa, però è molto importante la storia; in una serie, soprattutto tra un episodio e l’altro, il famoso cliff che deve far sì che poi tu abbia voglia di vedere l’episodio successivo, di solito è su qualcosa che succede ai personaggi più che su un fatto. Questo vuol dire lavorare ancora di più di brainstorming sulle costruzioni dei personaggi, e poi ovviamente c’è il fatto che la storia deve avere le gambe per poter durare più di un’ora e mezza come un film. In fin dei conti è faticoso, però è una bella sfida, anche divertente.

L’esperienza di Perfetti Sconosciuti

A proposito di personaggi e soprattutto di tanti personaggi, non posso non chiederti di quella che è forse la sceneggiatura più celebre alla quale hai preso parte, quella di Perfetti sconosciuti. Lì ci sono effettivamente tanti personaggi e se non sbaglio, poi, anche il team di sceneggiatori era più numeroso rispetto al solito.

Sì, eravamo cinque. C’era in primis il regista Paolo Genovese, poi Paolo Costella, Filippo Bologna e Rolando Ravello. Però posso dire che ero l’unica sceneggiatrice donna.

E in questo caso come si costruiscono i personaggi? Considerando che eri l’unica sceneggiatrice ti sei occupata dei personaggi femminili?

In realtà abbiamo lavorato tutti insieme su tutti i personaggi. Sicuramente rispetto a quelli femminili io ho proprio insistito e lavorato tantissimo soprattutto per diversificarli, perché spesso, in buona fede, gli sceneggiatori maschi, ci leggono in una maniera un po’ scontata (per esempio veniamo tratteggiate tutte come sofferenti per amore). Nel mio piccolo cerco di combattere questa visione e di modificarla laddove posso.

paola mammini

Sicuramente in Perfetti sconosciuti ho lavorato in questo senso. Le tre protagoniste sono tutte e tre diverse tra loro, i loro problemi non sono simili, non sono gli stessi l’una per l’altra, però il lavoro di approfondimento sui personaggi è stato tanto importante, a tal punto che comincerò il laboratorio con gli studenti proprio dalle schede dei personaggi di Perfetti sconosciuti per far vedere loro il lavoro che c’è dietro. Inoltre vorrei mostrare che spesso quello che scrivi nelle biografie e nelle schede dei personaggi non si vede nel film, però è importante per chi scrive per far muovere quel personaggio all’interno del film nella maniera più giusta, più reale, più credibile. In Perfetti sconosciuti, col fatto che non ci sono appigli di altro genere, ma ci sono solo amici a tavola, questa era la cosa fondamentale, cioè far parlare un personaggio in un certo modo e non tutti nello stesso modo. Purtroppo questa è una cosa che in molti film e in molte commedie italiane viene un po’ lasciata indietro perché molti personaggi parlano nello stesso modo.

Personaggi e citazioni

E in effetti siete riusciti a delinearli al meglio. Ogni personaggio ha delle caratteristiche ben definite che gli permettono di essere un personaggio credibile e reale e ognuno si può identificare con chi vuole, ma al tempo stesso con nessuno.

Sì, perché comunque affrontiamo dei temi universali. Poi quello che dico sempre di Perfetti sconosciuti è che secondo me una delle cose vincenti è che noi comunque mostriamo delle realtà umane che appartengono un po’ a tutti: noi possiamo essere delle bellissime persone, ma anche orribili perché dentro di noi c’è questo e quest’altro, c’è il lato bello e il lato brutto. In questo film noi non facciamo la morale come spesso succede, ma mostriamo delle persone con i loro difetti, i loro pregi ed è come se dicessimo Attenzione perché tutti noi siamo capaci di fare del male quindi stiamo un po’ attenti. Non c’è morale, non c’è giudizio, c’è compassione nel senso più bello del termine.

Sono tante le battute e i momenti iconici di questo film. Dal Se vuoi bene a una persona la proteggi, da tutto al Saper disinnescare, ma sicuramente quella che riassume tutto e che è un po’ la morale, se proprio vogliamo trovarla, della storia è che Siamo frangibili tutti, chi più chi meno. Credo riassuma bene tutto quello che ci circonda, tutto quello che hai detto e nello specifico del film riassume non solo le dinamiche, ma anche i personaggi stessi che non sono perfetti.

Sì, esattamente. Quella è la morale. Io poi nel mio lavoro di sceneggiatrice non sono mai per etichettare o identificare i maschi come i cattivi e noi donne come le vittime. La cosa certa, però, è che siamo tutti molto fragili e siamo tutte persone che in situazioni particolari possiamo dare il meglio o il peggio di noi, e la scelta tra il meglio e il peggio sta poi a ognuno di noi.

In questo caso la bravura di Paolo Genovese è stata quella di dare risalto al cellulare, come se avesse aiutato in negativo questa cosa.

Elementi vincenti

In effetti è stata un’intuizione geniale. E oltre a questa si devono aggiungere due elementi. Il primo è la fine, con questa realtà alternativa, che corrisponde a cosa sarebbe successo se ci fosse stato il gioco, mentre il secondo è il fatto di svolgersi in un unico ambiente. Avevate già queste informazioni dall’inizio? Mi riferisco soprattutto all’unico ambiente.

Sì, il film è nato così. Sapevamo che doveva svolgersi in un unico ambiente e, a differenza delle sceneggiature classiche, che sono in tre atti, questo è come se fosse un atto unico. La differenza di lavorazione è stata nello stabilire dove far arrivare il messaggio, dove far arrivare una certa telefonata, in modo da tenere sempre alta l’attenzione del pubblico. Quindi, se lo si guarda graficamente, è diversissima la sceneggiatura rispetto a film più classici, perché è praticamente un’unica scena, fatta eccezione per le scene di preparazione a casa dei personaggi e poi l’ultima. È come se fosse una specie di spartito musicale.

Indubbiamente Perfetti Sconosciuti è un film di successo (ci sono stati tantissimi remake, ha ricevuto numerosi premi…). E nonostante il film abbia quasi 10 anni non è invecchiato per niente, anzi continua a trattare tematiche e argomenti all’ordine del giorno. Come si scrive una sceneggiatura destinata a durare? Magari ci sono degli elementi che, inseriti in un certo modo, contribuiscono a renderlo tale? Ci sono tanti bei film che però dopo poco invecchiano…

In effetti il film sembra uscito ieri. E poi la cosa bella è che lo hanno visto tutti, anche più volte.

Il segreto è che siamo riusciti a trattare dei temi che sono universali, cioè non sono legati al tempo. E li abbiamo trattati in un modo tale che non sono legati a degli aspetti di cronaca reali. In questo devo dire che siamo stati anche un po’ furbetti. Perché se ci fossimo legati a qualcosa di accaduto veramente in quegli anni avremmo avuto anche una sorta di scadenza. Invece, oggettivamente, questo film, anche dopo dieci anni, è attualissimo perché non ci sono riferimenti alla quotidianità.

Paola Mammini e la voce femminile

A proposito del tempo ho notato che la maggior parte dei titoli ai quali hai preso parte è ambientata nella contemporaneità, a prescindere dall’inserimento di elementi che richiamano un fatto piuttosto che un altro. L’unico a fare eccezione è uno dei tuoi lavori più recenti, Zamora, ambientato nel passato.

Sì, hai ragione. Quello è tratto da un romanzo del giornalista sportivo Roberto Perrone che è stato contentissimo di cedere i diritti perché entusiasta del team di lavoro, a partire dal regista Neri Marcorè. Purtroppo la cosa triste è che Perrone, persona meravigliosa, purtroppo se n’è andato prima che il film uscisse e quindi non l’ha potuto vedere.

Anche per Zamora ho lavorato benissimo con il team di sceneggiatori, composto da Maurizio Careddu, Alessandro Rossi e Neri Marcorè. Come vedi, sono sempre l’unica donna in mezzo a un team di maschi. Ma devo dire che comunque mi trovo bene.

Una voce femminile ci vuole sempre.

Sì, la voce femminile ci vuole, ma fortunatamente sono sempre stata in mezzo a dei maschi intelligenti, quindi è (stato) piacevole. Abbiamo lavorato benissimo anche con Neri, che conoscevo da una vita, ma con il quale non avevo mai lavorato.

paola mammini

Credo che Zamora sia un film che fa stare bene, nel senso che le persone che lo vedono poi ci ringraziano, perché è delicato, ma anche divertente. Soprattutto grazie ai tanti camei fatti dagli amici di Neri che hanno partecipato volentieri e con entusiasmo.

E poi, anche qui, i personaggi femminili sono modernissimi.

I consigli di Paola Mammini

Visto che siamo nel contesto di un laboratorio e di giornate di formazione, cosa consiglieresti a un futuro sceneggiatore o a una futura sceneggiatrice? E quanto è importante un momento formativo come questo organizzato da Sentiero Lab?

È importantissimo perché permette di far sapere che quello dello sceneggiatore è un mestiere bellissimo, ma difficilissimo e che ti vota, soprattutto in Italia, all’invisibilità. Qui, purtroppo si osanna soprattutto il regista, come giusto che sia, ma non si riconosce spesso il merito anche a tutti gli altri. Anche perché alla fine il regista, senza lo spartito musicale, coì come un direttore d’orchestra, non saprebbe cosa fare.

Li ringrazio per aver organizzato un laboratorio come questo che spero possa essere uno spunto per i ragazzi che hanno partecipato, ma anche per chi non vi ha preso parte, ma magari si è incuriosito.

Poi un consiglio che mi sento di dare ai giovani o comunque a coloro che vorranno intraprendere questa carriera è quello di vedere tanto cinema e di leggere tanto.

Sono Veronica e qui puoi trovare altri miei articoli

Per l’intervista e le foto si ringrazia Matteo Laguni e tutta l’organizzazione di Sentiero Script Lab