Approda, tra i cortometraggi selezionati per il concorso internazionale del Ca’ Foscari Short Film Festival, L’attaque (2024) diretto dall’italiana Aureliana Bontempo. La regista, attualmente studentessa di regia presso il Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, ha presentato il suo primo cortometraggio The Last Lover al festival DesignAgorà di Porto e Maestri di sci, uno dei suoi ultimi lavori, nella sezione cortometraggi del David di Donatello.
Il film entra perfettamente in un’edizione del festival in cui spiccano racconti di famiglie disfunzionali e delle conseguenze che violenze e abusi hanno su giovani e bambini.
Il corto verrà proiettato gratuitamente venerdì 21 marzo presso l’Auditorium Santa Margherita – Emanuele Severino.
L’attaque: uno sguardo alla storia
La storia di L’attaquegira intorno ad Aurora, una bambina che, giocando un giorno nel bosco, trova quello che sembra essere un uovo di drago. Emozionata, allora, corre dalla sorella maggiore Emma per raccontarle della sua scoperta. Lei però non le crede, sostenendo che i draghi non esistono. Anni dopo, Aurora è più grande e va a scuola, mentre Emma si sta per trasferire in una nuova casa con il ragazzo, Davide, lasciando sua sorella sola con la madre. Il forte legame che le unisce rischia di incrinarsi quando Aurora rivela alla sorella di aver subito una violenza da Davide. Emma, incredula e ferita, dapprima nega l’accaduto, per poi scoprire di aver sempre avuto torto.
Uova di drago e fiori del male
Il titolo peculiare L’attaquefa riferimento alla poesia di Charles Baudelaire pubblicata nella raccolta I fiori del male (1853). Il passo descrive l’io narrante che si presta ad ‘attaccare’ la sua amata: “Mi porto all’attacco, m’arrampico all’assalto / come fa una fila di vermi presso un cadavere”. Di contro, il rifiuto e la freddezza con cui viene ricambiato, accendono con più vigore il desiderio del protagonista.
Il commento di Aurora alla poesia anticipa chiaramente quello che sarà uno dei nodi principali del corto: “A volte in amore le cose belle e le cose brutte si confondono. Solo che se sei innamorato non ci fai caso”. Frase che ben esprime il sentimento di disillusione, e successiva negazione, che proverà Emma nei confronti di sua sorella.
Cosa hanno in comune draghi e molestie?
Bontempo e le sceneggiatrici Aversa, Ciani e Miniero sembrano dirci che entrambi, finché non se ne parla, è come se non esistessero. È, invece, attraverso un atto di condivisione che si dà voce alla verità. Proprio attraverso l’accoglienza di questa verità, che sembra apparentemente impossibile e assurda, che si possono intessere e ricucire legami profondi come quello di sorellanza. L’espediente del realismo magico posto alla fine dimostra come quello che confessa Aurora sia reale e credibile, costringendo Emma a mettere in discussione le sue convinzioni.
È alquanto difficile individuare il male in coloro che riescono a nasconderlo con astuzia, in quanto si mostrano cordiali e gentili in apparenza, ma spesso nascondendo qualcosa di oscuro e maligno.
Davide, infatti, si avvicina ad Aurora in maniera a prima vista innocente, traendola così in inganno. Questa situazione di raggiro, oscurità e poca trasparenza, viene restituita sullo schermo grazie a un interessante gioco di ombre. Infatti, se inizialmente “l’attacco” subdolo di Davide avviene fuoricampo, dietro la macchina da presa, la regista sceglie poi di mettere lo spettatore di fronte alla realtà scomoda e violenta dell’atto di molestia obbligandolo a non distogliere lo sguardo. Mettendolo volutamente a disagio davanti a un’evidenza inconfutabile.
La solida sceneggiatura viene resa sapientemente da intensi primi piani sul viso di Aurora, che rivelano tutto il suo sconforto e disagio. Bontempo ci insegna così a distinguere i mostri reali e pericolosi, da quelli innocui e immaginari.