Moara Passoni, sceneggiatrice e regista brasiliana della Columbia University, mette in scena Minha Mãe é Uma Vaca – My Mother is a Cow, un racconto di formazione d’ispirazione autobiografica ambientato nel Pantal brasiliano.
Già in concorso per la categoria Orizzonti all’81sima Mostra del Cinema di Venezia, il corto è stato presentato al Ca’ Foscari Short Film Festival 2025, primo festival di cinema in Europa gestito da studenti universitari.
My Mother is a Cow: tra famiglia e natura
Brasile. La dodicenne Mia (Luísa Bastos) è costretta, per varie vicissitudini, ad abbandonare la madre. Per questo viene affidata alle cure di una zia, che tuttavia non sembra volerla a casa sua: un ranch ai margini del Pantal. Le sue giornate procedono aiutando la famiglia con le faccende domestiche, esplorando da sola la natura che la circonda e attendendo notizie dalla madre, in una sorta di trance turbata da sogni inquietanti e dalle notizie provenienti dal mondo esterno.

La ritualità del dolore
Guardando My Mother is a Cow colpisce la ciclicità di alcuni elementi. Fin dalle prime scene, infatti, Mia si estrania da ciò e da chi la circonda. La dodicenne mormora tra sé un conto alla rovescia, per dare un ordine e una durata al dolore – fisico ed emotivo – che prova nella distanza dalla madre.
Dopo l’arrivo al ranch, la dodicenne si isola spesso nella natura per ripetere a sé stessa frasi scaramantiche sulle sorti della madre. Tutto questo sembra quasi convincerla che l’allineamento meticoloso di bastoncini o i riti con l’acqua di fiume rendano più vicino o possibile il ricongiungimento, anche se forse sono espedienti utili solo ad ingannare l’attesa.
Il tema della ripetizione è ancor più esacerbato dal fatto che ogni giornata al ranch sembra essere uguale a quella precedente. Le mucche vengono marchiate e portate al pascolo, la sera si gioca a carte e Mia, per una ragione o per un’altra, non riesce mai a contattare la madre. Tuttavia, la calma apparente viene costantemente turbata da ciò che origlia riguardo il mondo esterno al ranch. Il Paese è sconvolto da lotte politiche in cui è coinvolta la stessa madre di Mia, il ranch è minacciato da incendi e da un misterioso giaguaro che non si vede, ma il cui ruggito interrompe spesso i rituali scaramantici della protagonista. Questa contrapposizione tra calma e pericolo rende la visione piacevolmente inquieta, carica di tensione per uno sconvolgente imprevisto che sembra però non arrivare mai.

La natura come rifugio
Altra dicotomia presente in My Mother is a Cow è quella tra uomo e natura. Mentre gli allevatori si scontrano con gli eventi atmosferici e con le minacce dei predatori, Mia scopre nel mondo naturale e animale un rifugio. L’amore e il supporto che non riceve dai membri della sua stessa famiglia sono infatti ritrovati nella mandria del ranch. In particolare si avvicina ad una mucca-madre di cui la ragazzina si fa poi paladina. Per esplicitare maggiormente questa relazione, Passoni sceglie di sovrapporre spesso intensi primi piani. Dal viso di Mia o di sua madre passa allo sguardo rassicurante e profondo dell’animale, in dialoghi muti da cui trabocca un’intensa empatia.
My Mother is a Cow è un corto che fa riflettere sulla ricerca di una dimensione di sicurezza e sul modo in cui gli individui reagiscono davanti ai cambiamenti e ai pericoli. Cosa faremmo noi se ci trovassimo davanti al giaguaro?
Emma Sits