La Germania è per Petzold una “pallida madre”
Ci perdoni Helma Sanders-Brahms, se per introdurre la poetica del connazionale Christian Petzold abbiamo voluto parafrasare questa sua vecchia pellicola, Germania pallida madre (Deutschland, bleiche Mutter, 1980), considerata una pietra miliare del cinema della defunta DDR. Nella Germania unificata si è invece progressivamente affermato, specie a partire dai primi anni 2000, l’astro di Petzold, ma qui ci è venuto spontaneo considerare il suo paese d’origine una “pallida madre” , considerando come egli ne abbia saputo cogliere più che altro le zone d’ombra, le contraddizioni, i punti di rottura, le radici stesse di una profonda inquietudine.
Detto questo, gli esiti più alti della sua filmografia restano probabilmente Wolfsburg (2003), Gespenster (2005), Jerichow (2008) La scelta di Barbara (2012) e il più recente Undine – Un amore per sempre (2020). Ma anche pescando tra le sue primissime opere, riportando cioè le lancette dell’orologio agli anni ’90 del secolo scorso, si possono rintracciare spunti degni di nota, sebbene incastonati talvolta in drammaturgie non ancora oliate alla perfezione.

Ladri d’amore
Nel caso in questione, ovvero The Sex Thief (Die Beischlafdiebin, 1998), l’autore mette in scena un gioco delle parti anarchico, decadente, autodistruttivo, in cui l’eros stesso si piega a una ricerca del successo economico e del piacere spinta alle estreme conseguenze, tanto da spingere sia la protagonista che le persone a lei maggiormente vicine verso una spirale sempre più assurda, potenzialmente senza ritorno: la protagonista Petra (una Constanze Engelbrecht enigmatica, scaltra, seducente per quanto in ultima analisi fredda e scostante) si barcamena infatti all’estero come può, traendo i profitti necessari a finanziare gli studi della sorella minore rimasta in Germania, Franziska (una Nele Mueller-Stöfen altrettanto convincente nel ruolo), da truffe e piccoli furti. Insomma, si guadagna da vivere seducendo gli uomini per poi derubarli.
Madre e figlia non sono però le sole a nuotare nella vasca degli squali. Quando nella partita entrano altri due giocatori, un ladro ancor più smaliziato della protagonista e un poliziotto in incognito, Petra si vedrà costretta a lasciare il Nordafrica e fare ritorno a Colonia. L’esito non sarà quello sperato. Anche l’apparentemente onesta e innocente sorella sta conducendo infatti una doppia vita. E il tentativo di aiutarla attuato da Petra non farà altro che avvicinare le due a un epilogo particolarmente amaro, insensato, beffardo…

Una morale sottilmente “amorale”
La pellicola di Christian Petzold non fa che mostrare il peso schiacciante del capitalismo ed indicare un’esistenza votata al crimine quale unico modo per sfuggirvi. I temi sono già in parte quelli dei film della maturità. Il registro drammaturgico, in compenso, oscilla tra qualche felice intuizione registica (supportata da interpreti assolutamente in parte) e ironie della sorte introdotte nel racconto in modo un po’ troppo schematico, approssimativo. Al netto quindi delle piccole crepe o ingenuità di un’opera che accarezza generi differenti, senza possederne fino in fondo nessuno, The Sex Thief rivela comunque in forma aurorale l’approccio non scontato dell’autore all’etica e la sua capacità di calare simili intendimenti in forme narrative non convenzionali.
