Inizialmente la retrospettiva dedicata al Maestro georgiano era stata programmata a Bergamo per il 2024. Avrebbe dovuto esserci, cioè, non molte settimane dopo la scomparsa dell’autore, avvenuta a Tbilisi il 17 dicembre 2023. Ma l’evento poi era stato cancellato. Per fortuna non in via definitiva, considerato che la 43esima edizione di Bergamo Film Meeting sta ora rendendo omaggio proprio a Otar Iosseliani…
Gli spettatori del festival possono così scoprire per la prima volta o in altri casi riprendere confidenza con le opere più o meno note del cineasta, la cui senz’altro longeva carriera inaugurata dai primi corti girati alla fine degli anni ’50 per approdare infine a quello che vale come film-testamento ossia Chant d’Hiver, datato 2014, ha saputo lasciare una traccia profonda nell’immaginario contemporaneo; profonda, per quanto venata di humour sottile e tenui malinconie.
Tra cinema di finzione e documentario
Per quanto si parli anche qui di un pubblico di nicchia e non del cosiddetto “grande pubblico”, il nome di Otar Iosseliani si lega nella memoria di molti cinefili principalmente alle opere di finzione, siano esse di volta in volta la commedia musicalePastorale realizzata negli anni ’70 o il più “esotico” Un incendio visto da lontano (Et la lumière fut, 1989), il nostalgico Caccia alle farfalle (La chasse aux papillons, 1992) o il più ferino Briganti (Brigands, chapitre VII, 2006). E da questo punto di vista la rassegna è partita decisamente bene, considerando che proprio a inizio festival e cioè sabato 8 marzo si può annoverare, tra i primissimi film a esser stati proiettati in sala, la sua pellicola parigina più ispirata e poetica ovveroI favoriti della luna (Les favoris de la lune, 1984).
Ma a latere di quel piglio immaginifico Iosseliani è stato anche un attento, tutt’altro che banale osservatore della realtà. E il suo cinema documentario lo dimostra ampiamente. Già nel corso di una corposa retrospettiva organizzata al Palazzo delle Esposizioni di Roma negli anni ’90 avevamo preso contatto con quest’altro versante, restando particolarmente colpiti dal monumentale lavoro dedicato alla sua terra, la Georgia, intitolato per l’appunto Seule, Georgie (1994). Qui a Bergamo abbiamo ampliato ulteriormente la prospettiva, recuperando un oggetto filmico affascinante come Euzkadi été 1982.
Viaggiando nei Paesi Baschi
Tale documentario, terminato nel 1982 montando le riprese effettuate in estate presso questa orgogliosa, antichissima cultura iberica, si focalizza sui alcuni importanti momenti di aggregazione e di convivialità che caratterizzano la vita di due villaggi baschi: la grande festa del Corpus Domini a Hélette e la rappresentazione della pastorale Pete Basaburu da parte degli abitanti di Pagolle.
Facile immaginare come l’autore si sia fatto subito stregare da quei tratti, alquanto specifici, che paiono collegare in qualche modo questo fiero popolo con le parimenti antiche etnie del Caucaso: la particolarità di certe danze, il canto a cappella (non troppo dissimile in Georgia e nei Paesi Baschi da quel “canto a tenore” così presente nel folklore sardo), l’amore per il vino, le consuetudini legate alla pastorizia. Un po’ come se fossero riflessi di ancestrali culture del Vecchio Continente a parlare.
Questo primario grado di fascinazione si lega poi, nell’ottica del documentario, al tono elegiaco che attraversa tutta l’opera creando un’impalpabile armonia tra riprese di greggi al pascolo e scene di festa, tra il bianco e nero e il colore, tra le tonache severe dei preti e i pittoreschi costumi legati alla tradizione popolare. Con una piccola chicca, da segnalare a chi è anche appassionato di sport, rappresentata dalle vibranti inquadrature di coloro che ancora oggi praticano la pelota basca, disciplina sportiva caratteristica di quelle zone che venne addirittura inserita nel programma olimpico di Parigi, nel 1900, per poi riaffacciarsi alle Olimpiadi ma solo in forma “dimostrativa” nel 1924, nel 1968 e nel 1992, quando cioè i giochi si tennero proprio in Spagna e per la precisione a Barcellona.