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‘Womeness’, il docu-film di Yvonne Sciò

Il racconto di cinque donne che hanno segnato la contemporaneità nell'arte come nella politica. La dimostrazione che il femminismo non è un'etichetta, ma l’accesso a una moltitudine di possibilità oltre gli ingombranti stereotipi di genere

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In occasione della Giornata internazionale dei diritti delle donne, Sky arte ha trasmesso in prima visone Womeness di Yvonne Sciò, il ritratto di cinque donne diverse, per origine e cultura, e della loro affermazione nel mondo. Per chi se lo fosse perso, il docu-film è disponibile anche on demand e sulla piattaforma streaming NOW.

La regista Yvonne Sciò torna con un terzo lavoro in perfetta continuità con Roxanne Lowit Magic Moments (2015) e Seven Women (2017). Womeness è un cammino attraverso personalità e femminismi difformi accompagnati da materiali di archivio offerti da Luce Cinecittà, che co-produce il film insieme a Magic Moments. A Framed ha dichiarato:

“Volevo un contrasto tra il femminismo degli anni Settanta in Italia, un Paese che stava cambiando, l’Iran che – da Paese libero – veniva in quel periodo represso completamente e, infine, un contrasto con un’esperienza totalmente diversa, una mentalità diversa come quella giapponese.”

L’arte delle donne

Yvonne Sciò, modella, attrice e regista, ottiene una certa notorietà in Italia nel 1989 grazie a uno spot pubblicitario di una nota azienda telefonica che la vede protagonista nei panni di un’adolescente. Alla fine degli anni ’80 le sue poche battute diventano un tormentone e uno statement per una generazione intera.

«Mi ami? Ma quanto mi ami?
E mi pensi? Ma quanto mi pensi?»

Negli anni ’90 inizia la sua carriera da attrice tra progetti nazionali e internazionali in cinema, serie tv e anche videoclip musicali; l’esordio con Carlo Verdone passando per Neri Parenti, Pupi Avati e i fratelli Taviani, ma anche apparizioni in sitcom iconiche come La Tata con Fran Drescher e nel programma di Gianni Boncompagni Non è la Rai.

Nel 2015 l’esordio alla regia con il documentario Roxanne Lowit Magic Moments dedicato alla fotografa newyorkese di fama internazionale che ha definito un’epoca e inventato un nuovo approccio all’arte fotografica. E poi Seven Women con protagoniste Rosita Missoni fondatrice, con Ottavio, dell’azienda Missoni; Rula Jebreal, giornalista di origini palestinesi; Patricia Field costumista di Sex and the City e di Il Diavolo veste Prada; Bethann Hardison, prima top model al mondo di colore e attivista per i diritti degli afroamericani; Susanne Bartsch e Alba Clemente, artiste newyorkesi; Fran Dresher della serie La Tata.

Sciò conosce bene la materia che maneggia e sembra sempre più interessata a indagare le sfumature del mondo femminile che hanno segnato la storia contemporanea, nelle arti come nella politica.

Di lotte e resistenza

“Il femminismo è la volontà di una parità”

dice Emma Bonino nelle prime scene di Womeness. L’opera, in una sorta di secondo episodio del progetto precedente, mette al centro cinque donne: Emma Bonino, Dacia Maraini, Sussan Deyhim, Tomaso Binga e Setsuko Klossowska de Rola. Anche questa volta le protagoniste scelte appartengono a contesti culturali, sociali ed economici diversi ma rappresentano tutte la caparbietà, la forza, la creatività, donne che lavorano con la bellezza dell’arte e la potenza della conoscenza.

Womeness

In questa commistione di esperienze, si possono individuare tre filoni narrativi. Il primo è quello della scrittrice Dacia Maraini, della politica e attivista per i diritti civili Emma Bonino e dell’artista performativa e visiva Tomaso Binga (nome d’arte di Bianca Pucciarelli Menna). La loro è la generazione che ha attraversato la storica stagione del femminismo italiano, le manifestazioni tra gli anni ’60 e ’70 che hanno rivoluzionato la nostra cultura e anche l’ordinamento giuridico.

“In quegli anni tutte eravamo femministe, ci radunavamo dappertutto, dibattevamo, cercando di portare avanti i nostri diritti.”

ricorda Tomaso Binga.

Bonino in prima linea nelle piazze di contestazione, con il suo impegno civico e poi politico al fianco di Marco Pannella; Dacia Maraini che con i suoi scritti e testi teatrali mette in scena la condizione di rivolta della donna moderna; Bianca Pucciarelli Menna rappresenta le contraddizioni tra maschile e femminile nell’arte, nella poesia e nella performance, moglie di un critico d’arte, sceglie come pseudonimo un nome maschile come atto ironico e politico.

Il secondo filone narrativo perfettamente intrecciato è quello della cantante e musicista Sussan Deyhim, considerata una delle più potenti voci iraniane. Costretta ad abbandonare l’Iran durante la rivoluzione, si rifugia negli Stati Uniti prima di trasferirsi definitivamente in Marocco. La sua presenza e i suoi racconti portano all’attenzione il difficile tema della condizione delle donne iraniane e il loro coraggio, supportati da filmati recenti delle proteste nate a Teheran dopo l’uccisione della ventiduenne Mahsa Amini.

Setsuko Klossowska de Rola e Balthus

Infine c’è la pittrice giapponese Setsuko Klossowska de Rola, moglie e musa di Balthus, i due si sono conosciuti a Tokyo quando lei era giovanissima e sposati dopo due anni. Setsuko è stata la sua compagna della seconda vita (avendo 35 anni di differenza) fino alla morte, lo ha seguito totalmente, spiritualmente e fisicamente, trasferendosi a Roma con lui dove hanno vissuto per 16 anni.

“Imbevuta di letteratura francese, russa e inglese sognavo da giovane una storia d’amore drammatica come le eroine di quei romanzi. Anch’io avrei voluto incontrare un uomo a cui dedicarmi completamente”. [fonte la Repubblica]

La sua sembrerebbe essere la voce fuori dal coro, la possibilità di abbracciare una visione lontana dal nostro femminismo occidentale, d’altronde la stessa regista ha spiegato di averla scelta perché “Setsuko detesta tutto ciò che ha a che fare con il femminismo”. La sua testimonianza, che bilancia emotività e compostezza, a primo acchito ci restituisce le forme della donna che per tutta la vita è stata oscurata dalla fama del suo compagno, ma è anche un altro punto di vista che amplia oltremisura il ragionamento sul femminile e il femminismo.

“Tutti mi chiedono cosa si provi a vivere nell’ombra, ma l’ombra comporta la luce e vivere con lui ha significato stare sempre accanto alla luce”

Il viaggio di Womeness

Womeness di Yvonne Sciò mette in contatto femminismi del passato con quelli del presente, passando anche per il discorso sul movimento MeToo, fotografa uno spettro vivace di femminismi culturalmente e storicamente diversi. Si cerca sempre di etichettare il mondo, e in questo mondo, anche essere femministe è un’etichetta. La realtà però è che il femminismo ti insegna l’esatto opposto, ti mostra che puoi essere tutto. Essere donne, in particolare, è l’accesso a una moltitudine di possibilità anche se da bambine ci viene ancora indicata la femminilità attraverso stereotipi di genere ingombranti e limitanti.

Si può essere politiche battagliere per i diritti civili, artiste visive con il proprio corpo scardinando l’oppressione patriarcale che vuole controllarlo, cantanti in rivolta alla ricerca di democrazia e mogli e madri amorevoli. Si può essere una sola di queste cose o tutte insieme, o tante altre ancora, ci si può definire femministe o meno, ma il punto è che fin quando ci saranno donne libere di scegliere cosa essere e come, ci sarà femminismo.

Womeness

  • Anno: 2025
  • Durata: 59 minuti
  • Distribuzione: Luce Cinecittà, Magic Moments
  • Genere: Documentario
  • Nazionalita: Italia
  • Regia: Yvonne Sciò
  • Data di uscita: 08-March-2025